Un uomo «nuovo» per l’azienda

Il tempo è maturo per una figura che gestisca l’innovazione nell’impresa italiana? Lo abbiamo chiesto in giro e non tutti la pensano allo stesso modo

La domanda, essenziale, che abbiamo voluto porre a venti società It e a due analisti (Idc e Sirmi), è stata: «A quando un Chief innovation officer nell’azienda italiana?». Ovvero, quali sono le strategie e i passi che un’azienda dovrebbe seguire per potersi dire innovativa, sotto tutti i profili? E stabilito ciò, quanto è necessario individuare una figura aziendale che segua le pratiche del processo? L’eletto per il ruolo è il Chief innovation officer, oppure tale funzione può essere demandabile a un’altra figura esistente in azienda?


Abbiamo, quindi, individuato già un potenziale candidato alla carica di “Responsabile dell’innovazione”, non certo per nostra invenzione, ma perché da tempo ormai, nella pubblicistica e sul campo si indica il Cio (Chief information officer) come la figura maggiormente affine alla tematica innovativa. Nonostante il nostro “tentativo di indirizzare il consenso”, le risposte dei manager delle società It italiane sono state indipendenti e variegate. C’è sì chi indica il Cio come “l’uomo dell’innovazione”: chi lo dà già per assodato e chi pensa che la sua trasformazione in Chief innovation officer sia ineluttabile. Ma c’è anche chi lo esclude, preferendo “spalmare” le responsabilità dell’innovazione su tutta l’azienda. E c’è chi vede il responsabile dell’innovazione più come un tecnologo, o chi lo considera al pari di un meta-manager, detentore di varie abilità e conoscenze.


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Quelle riportate nelle pagine seguenti sono solo le sintesi, da noi operate, ai pensieri espressi, che, vista la portata del tema, sono ovviamente stati molto più articolati.

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