Pmi sotto la lente: il ritardo delle imprese

L’analisi impietosa di Franco Morganti, presidente Anfov. non è certo il costo che frena l’hi tech

15 giugno 2004 Franco Morganti ne è certo. Il presidente dell’Anfov, l’associazione per la convergenza, è convinto che esiste un collegamento fra la scolarità degli uomini di azienda e il rapporto con l’Ict. L’analisi scaturisce dalla lettura dei dati di “Emilia Romagna digitale: benchmarking della società dell’informazione”, un’indagine secondo la quale tra i laureati italiani solo uno su cinque utilizza Internet. “E’ questa è l’elite”, chiosa. Il dato peggiora visibilmente quando si passa agli utenti con licenza elementare che utilizzano la banda larga. In questo caso la percentuale scende allo 0,5%. “La scolarità dei capi azienda delle piccole imprese riflette questo scenario“, spiega Morganti in
un’intervista ad “Affari e finanza”. “Nonostante la densità del
tessuto economico
– prosegue il presidente Anfov – le piccole e medie
imprese lungo la via Emilia esportano laureati specializzati nei settori
dell’Ict perché da loro non trovano posto. Le piccole e medie imprese
non valorizzano la ricerca
. Specie le piccole vanno avanti con i loro
modellini. Sono artigiani che sono diventati imprenditori. Hanno imparato a fare
bene un prodotto e continuano a farlo, senza porsi il problema che fra un po’ i
cinesi lo faranno meglio”
.

La tesi è interessante anche se bisogna andarci cauti.
Recentemente in un convegno Andrea Farinet, docente della Scuola di direzione
aziendale della Bocconi, faceva notare come nel Bellunese, sede del distretto
dell’occhiale, ci sia il più alto tasso di abbandono scolastico della Penisola,
la maggiore presenza di vasche per l’idromassaggio e il maggior numero di
suicide. Un’area di gente che preferisce il lavoro appena possibile alle aule
scolastiche, dove i redditi sono medio alti e l’infelicità dilaga. Eppure il
distretto dell’occhiale

è uno degli esempio migliori esistenti in Italia per quanto riguarda la realizzazione di progetti informatici.

D’altro canto, Le aziende che
fanno parte di “Pmi sotto la lente” rappresentano validi esempi di ciò
che sostiene Morganti. Baritermo è stata fondata da Lorenzo Pilone, studi di
ingegneria alle spalle e un’ovvia predisposizione verso la
tecnologia
. Marco Rubini prosegue con qualche socio l’attività del
padre nello studio professionale di Verona dove ha utilizzato la sua passione
per l’hi tech, mentre i ragazzi di H20 hanno messo subito a frutto la laurea in
economia e commercio, Coopervision risente della cultura da multinazionale e
Vetefar si avvale di un manager come Alessandro Onesino attento all’innovazione
tecnologica. Tutti sono attenti ai conti dell’azienda ma credono nella
strategicità dell’Ict al punto che Pilone quando si tratta di spendere nell’Ict
“non ci pensa due volte” e Rubini è disposto a
spendere fino al 10% in più a patto che le

“macchine siano allo stato dell’arte, il fornitore sia in zona e che sia dotato di un certa struttura che significa persone che rispondono al telefono e non il solito numero verde”.

Affermazioni che confortano
l’altra tesi di Morganti “Non è il costo che frena l’hi tech”. “Se
le aziende cercassero veramente di risparmiare andrebbero alla ricerca di ogni
possibile opportunità”.
E invece secondo l’ultimo rapporto Anfov ci sono
solo 28.000 aziende in Italia che fanno ricorso al Voip (Voice over
Ip)
le telefonate via Internet che permettono di tagliare il costo
della bolletta. “Le imprese sono indietro di dieci anni – afferma
Gaudenzio Garavini, direttore generale alla telematica per la Regione Emilia
Romagna -. Sono oggi dove la Pubblica amministrazione era dieci anni
fa”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome