Lombardia avanguardia del cloud computing

Lo dicono i dati Assolombarda-Bocconi, che evidenziano un potenziale di spesa pari a 287 milioni di euro in servizi erogati da datacenter costruiti in prossimità di infrastrutture di Tlc a banda larga e di una rete elettrica efficiente.

Descritto e misurato, il possibile spazio per servizi di cloud computing in terra lombarda non manca. La forchetta del mercato potenziale viaggerebbe tra i 71 e i 287 milioni di euro in base a ipotesi di propensione all’acquisto di questo genere di servizi in un ordine che compreso tra il 10 e il 40%.
A dirlo sono i dati dello studio dell’Osservatorio Assolombarda-Bocconi presentati da Ferdinando Pennarola e Francesco Sacco del Centro EntEr dell’ateneo milanese che, in un esercizio “cautelativo”, «che non chiede assetti previsionali alla domanda ma è basato su dati di bilancio 2010 disponibili» ha evidenziato le “importanti potenzialità” dei servizi di cloud computing, a oggi privi di politiche pubbliche per lo sviluppo.

Basate sullo studio di 7 settori selezionati su codici
Ateco
aggiornati all’ultima versione Istat, le stime prodotte fanno riferimento a realtà «che fanno ragionevolmente un utilizzo delle risorse Ict registrandone altrettanto diversi ragionevoli impatti sul proprio business».
Un’ulteriore
scrematura l’hanno, poi, offerta le diverse classi di fatturato analizzate
«ipotizzando una vicinanza più ritardata in termini di adozione dei
nuovi servizi di cloud computing da parte delle realtà micro, sotto i 10
addetti
», mentre è stata tenuta in considerazione anche l’ipotesi della quantità di nuove
imprese che si costituiscono in Lombardia «e che, dovendosi dotare di
infrastrutture Ict senza costi di cambiamento, possono serenamente optare
per servizi total-cloud erogati in outsourcing
».

I punti a favore del territorio
Fortemente voluto dall’Associazione delle imprese industriali e del terziario dell’area milanese, lo studio condotto ha evidenziato, nero su bianco, le potenzialità di una Regione che, dotata di infrastrutture di telecomunicazione ed elettriche, non risulta solo «una delle zone più pregiate del nostro Paese per la costruzione di datacenter dedicati ai servizi cloud, ma è già per sua attitudine l’area territoriale in cui si concentra il capitale umano più skillato nel campo delle competenze Ict».

Ciò detto l’argomento è di quelli “caldi” per una molteplicità di fattori.
Non fosse altro perché la fabbrica digitale rappresentata dal cloud computing non porta con sé un miglioramento dei soli servizi per le imprese ma anche, e soprattutto, per la Pubblica amministrazione e i cittadini.
«Specie in un tessuto economico come quello italiano caratterizzato – come ricorda Carlo Bonomi (nella foto), consigliere incaricato per Ricerca, Innovazione e Agenda Digitale Assolombarda e padrone di casa dell’evento – da imprese di piccola dimensione e da un sistema di reti di impresa che si sta rafforzando come evoluzione del distretto tradizionalmente inteso e in cerca di un’economia di servizi in rete».

Quelli passati in rassegna dai referenti del Centro di ricerca Imprenditorialità e Imprenditori dell’Università Luigi Bocconi occupatisi dell’impatto di questa nuova modalità di fruizione delle tecnologie all’interno del territorio regionale facendo particolare riferimento al sistema dell’offerta, ossia al mondo che eroga servizi di cloud computing.

Da qui l’analisi dei fattori di competitività in merito ad alcune dimensioni esterne all’azienda che, in questo caso, si dotano di un’infrastruttura di datacenter per offrire servizi di nuova generazione a realtà business e consumer.

Le altre dimensioni di vantaggio competitivo palesate sono state, invece, articolate su tre capitoli inerenti risorse naturali e aspetti di competizione declinati anche sul territorio locale.
Non senza una chiave di lettura internazionale che Sacco ha offerto, dati Cebr 2010 alla mano, quantificando i benefici dell’adozione del cloud in diversi contesti economici comparati in un arco di tempo che va dal 2010 al 2015.

Questione di latenza
«Ne viene fuori che l’Italia ne avrebbe un beneficio cumulato pari a 150 miliardi di euro risultanti dalla somma di fattori quali sviluppo del business, creazione di nuove imprese, risparmi netti e creazione di occupazione».
Gli effetti economici che ne derivano devono, però, tener conto «della trasformazione strutturale dei sottostanti di Internet, che non è la stessa di dieci anni fa».
Dal 2008 la Rete non è più utilizzata in ottica Peer to peer per scaricare film «in quanto le correnti di traffico si stanno modificando in modo strutturale, tanto che il Cloud Index Report di Cisco evidenzia effetti estremamente importanti per aree territoriali che misurano la distanza dalla condizione economica ideale».

La buona notizia è che quella cui fa riferimento Sacco parla di un’Europa “messa bene” con una latenza media delle reti fisse e mobili rispetto al resto del mondo «che, nel mondo del cloud, corrisponde a una velocità di rispondenza dei sistemi a quelli che sono gli input dati dall’utenza».

Ancora una volta, le performance devono essere assolutamente garantite, «pena la generazione di inaccettabili disservizi agli utenti». Per farlo va considerata la distanza, «primo fattore di cui risente la latenza» che, su Internet è addirittura superiore in termini di tempo, in quanto la risposta del sistema risente non solo della distanza ma anche e soprattutto delle caratteristiche della rete e dei suoi apparati di gestione del traffico.
L’esempio citato da Sacco a tal proposito è di Amazon, per il quale ogni 100 millesecondi di latenza equivalgono a una perdita pari all’1% del fatturato prodotto.

Vien allora da gioire considerando che, allo stato attuale, «la latenza riportata dall’area geografica (Europa Settentrionale) alla quale appartiene la Lombardia è una delle migliori – gli fa eco Pennarola – in termini di sviluppo del cloud computing al mondo».

Costi dell’energia che remano contro
Molto più delicato, invece, il tema della competitività del territorio all’interno del quale l’elemento di peso si conferma il costo dell’energia particolarmente sentito in ottica datacenter.
«Qui – è l’ulteriore precisazione – gli elementi da tener in conto riguardano le fonti di energia elettrica che devono necessariamente diverse e ridondanti, in quanto un datacenter non può spegnersi».
Ma anche se l’elemento di costo dell’energia pesa per un terzo insieme a lavoro, infrastruttura e facilities, in Italia, nonostante la disponibilità degli impianti nella Regione di riferimento, il costo dell’energia espresso in kWh «si conferma il più caro dei Paesi dell’Europa dei 27».

I driver decisionali per i provider di datacenter
Va da sé che chi decide di realizzare un datacenter sul territorio regionale può scegliere se utilizzare una costruzione esistente o dedicarne una ex novo a questo genere di servizi con biforcazioni decisionali che prevedono, ragionevolmente, «tempi di autorizzazioni e realizzazione più rapidi nel primo caso che, però, richiederebbero di adattare i nuovi impianti in ottica di efficienza con investimenti che vanno valutati attentamente» è il suggerimento.
Ma se la parte di building inerente un’infrastruttura di datacenter è il primo capitolo del business plan per erogare servizi di cloud computing, il secondo da scrivere in ordine di tempo riguarda la gestione dello stesso e prevede l’allacciamento alla fornitura elettrica, la gestione immobiliare e quella fisica dei datacenter da realizzarsi con personale dedicato.

Ciò detto, il mercato del cloud computing cresce in “maniera esponenziale” nella parte infrastrutturale con una parte servizi “estremamente dinamica” e quella platform «che si conferma la più strategica ma anche la più difficile da realizzare».

Ancora una volta le grandi imprese si confermano attori “looking foward”, «con maggiori capacità di individuare i trend e di verificare quali possono essere le convenienze», mentre anche la parte consumer del mercato risulta estremamente interessata ai servizi di cloud computing, in quanto tutte le applicazioni vengono ormai sviluppate con questa logica.

In mezzo, ancora una volta, manca un pezzo che concerne medie imprese e Stato.

Resta allora da capire l’impegno del legislatore a pensare “come si legifera per far funzionare una Pubblica amministrazione nel XXI secolo“.
Anche con best practise come quella rappresentata da Regione Lombardia è l’accorato suggerimento.

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