Il binomio Pal e Ict

I dati di mercato vedono crescere gli investimenti tecnologici soprattutto verso il mercato captive. Ma l’impegno futuro è di incrementare le partnership tra pubblico e privato

La spesa informatica delle Pubbliche amministrazioni locali diminuisce, mentre cresce quella destinata alle società di servizi informatici controllate dagli enti. È quanto emerge dal secondo Rapporto Assinform sull’Ict nella Pal. La spesa informatica negli enti locali è stata, nel 2006, di 783 milioni di euro, che sale a 1.383 se si includono anche sanità e utlity (+2,9% sul 2005, ma con un trend inferiore a quello del 2005 sul 2004, quando l’aumento fu del 3,4%). Languono anche gli investimenti Ict (It più telecomunicazioni) nei soli enti locali, che nel 2006 hanno fatto registrare un +1% (1.368 milioni di euro contro i 1.354 del 2005). Dati che si giustificano con una forte differenziazione tra regioni, province, comuni e comunità montane. A investire di più sono, infatti, le regioni, che nel 2006 hanno speso 421,7 milioni euro in informatica, incrementando gli investimenti del 6,5% rispetto all’anno prima. In calo, invece, quelli di comuni (-3,2%), province (-2,1%) e comunità montane (-2,3%). Solo una parte della spesa è destinata all’acquisto di beni e servizi It, mentre poco meno della metà (il 43%) è indirizzata alle cosiddette “in house”, le aziende fornitrici di servizi informatici controllate dagli enti stessi. Nel 2005, la spesa destinata dalle Pal a questo tipo di aziende era cresciuta del 4,3% rispetto al 2004 e nel 2006 è cresciuta di un ulteriore 4,6%. Per contro, il trend di spesa per l’acquisto di beni e servizi informatici sul mercato privato è in calo, passando da un +2,8% del 2005 sul 2004, a un +1,6% del 2006 sul 2005. Spiega Ennio Lucarelli, presidente Aitech-Assinform: «È stato registrato un grande progresso nella digitalizzazione delle attività di back office, dal bilancio alla contabilità, dall’amministrazione del personale alle paghe, ma siamo ancora fermi sui servizi al cittadino come il 118, la gestione sanitaria o le applicazioni di medicina a distanza».
Il Rapporto evidenzia un forte digital divide tra le varie Pal: tutte dispongono di accesso a Internet, ma poche sono quelle che usano la larga banda, specialmente nei piccoli comuni e nelle comunità montane che, per il 40%, risultano ancora connesse via Isdn (Integrated Services Digital Network) e per il 6,5% via modem. Lenta risulta anche la diffusione dei collegamenti alle Rupar (Reti unitarie della pubblica amministrazione regionale), specialmente di comuni (38%) e comunità montane (57,4%). «Sono, invece, proprio questi gli enti che ne avrebbero più bisogno – spiega Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, che elabora i dati del Rapporto -. Inoltre, chi è già connesso a questi network, li utilizza ancora per applicazioni di base, mentre i servizi più evoluti, come la firma digitale o la posta elettronica certificata sono ancora poco diffusi. Questo è frutto di un gap di competenze e di una forte resistenza culturale. Resistenza che va vinta con il rinnovo del management, la ridefinizione dei piani di sviluppo e degli obiettivi». Da qui la necessità di individuare il core business della Pa e di dare in outsourcing tutte le altre attività, con bandi e gare trasparenti, per stimolare la domanda pubblica di Ict sul libero mercato.
«Accrescere l’efficienza è un interesse del paese, specialmente se porta al miglioramento dei servizi al cittadino – conclude Linda Lanzillotta, ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Locali -. Per aumentare l’occupazione non si devono creare nuove società controllate, ma stimolare la domanda pubblica di Ict e condividere le risorse. La partnership tra pubblico e privato è importante ma va indirizzata, accompagnata verso lo sviluppo di questa domanda».

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