Le amministrazioni finiscono in rete con l’Spc

Il Sistema Pubblico di Connettività rappresenta il futuro della Rupa, con un occhio di riguardo alla qualità dei servizi offerti

L’idea di favorire l’interconnessione tra gli enti locali presenti sul territorio è perseguita, in Italia, da una decina d’anni. La Rupa (Rete Unitaria per la Pubblica Amministrazione), infatti, dal 1998 rappresenta un insieme di domini, ciascuno costituito dalle risorse hardware, software e di comunicazione che cadono sotto le competenze di una determinata amministrazione. I singoli domini si interconnettono (attraverso la porta di rete) alla Rete Unitaria, che assicura l’interoperabilità tra i network delle diverse amministrazioni. Così facendo, è garantita la possibilità di offrire nuove sinergie tra amministrazione, cittadini e imprese a livello locale. Questa concezione di network favorisce, inoltre, la cooperazione applicativa tra Pa locale e centrale, contribuendo all’innovazione dei servizi pubblici. La Rupa ha rappresentato, negli anni, una delle più concrete realizzazioni operative del decentramento amministrativo, previsto dalla legge 59/1997. I principi che ne sono alla base sono tuttora validi, ma le tecnologie, nel frattempo, sono evolute. Ecco perché anche la Rupa, entro la fine del 2007, dovrà “crescere” e sarà assorbita nell’ambito di un progetto più ampio, che prevede la creazione di un Sistema Pubblico di Connettività (Spc). L’Spc può essere definito come l’insieme di strutture organizzative, infrastrutture tecnologiche e regole per lo sviluppo, la condivisione, l’integrazione e la circolarità del patrimonio informativo della Pa. Si tratta di un modello nato per assicurare la cooperazione applicativa dei sistemi informatici e dei flussi di dati degli enti, garantendone al contempo sicurezza e riservatezza. All’Spc partecipano tutte le amministrazioni, centrali e locali. La Rete Internazionale delle Pubbliche Amministrazioni (Ripa), interconnessa all’Spc, costituisce l’infrastruttura che collegherà la Pa con gli uffici italiani all’estero (circa 500, dislocati in 130 paesi in tutto il mondo), in modo da stimolare lo sviluppo di applicazioni rivolte alle nostre comunità e alle multinazionali. Tutta la realizzazione è guidata da tre principi cardine: il rispetto della natura federata policentrica (non gerarchica) del sistema; l’economicità nell’utilizzo dei servizi in rete (unita al supporto alla cooperazione applicativa) e, infine, lo sviluppo del mercato e della concorrenza nel settore Ict. L’Spc è stato indicato tra gli asset strategici anche dal ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pa, Luigi Nicolais, che ne ha enfatizzato il carattere di cooperatività che tutte le amministrazioni, locali e centrali, dovrebbero fare proprio. Questo modello prevede la condivisione di regole tecniche, operative e organizzative definite e può idealmente essere scomposto in quattro elementi fondanti. Anzitutto, l’infrastruttura di trasporto, ovvero i servizi di connettività e interoperabilità di base, che dovranno fondarsi su standard sufficientemente maturi. Ancora, il Sistema di Interoperabilità e Cooperazione Applicativa (Sica), che permette a un’amministrazione di accedere, con la garanzia del pieno valore giuridico, ai servizi di un’altro ente. Non meno importante, il modello organizzativo di coordinamento e gestione delle procedure, basato su regole decise di comune accordo. Il tutto, ovviamente, senza trascurare l’infrastruttura di sicurezza.
In futuro, quindi, gli enti pubblici di qualsiasi dimensione potranno essere interconnessi tra loro, e con gli altri soggetti collegati a Internet, con l’intento di migliorare la fruibilità dei servizi erogati. Fondamento di questa cooperazione è, ovviamente, l’interoperabilità dei sistemi informativi, che presuppone la dotazione di “vocabolari comuni” per la definizione dei servizi erogati, la condivisione di basi dati e applicazioni.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome