Il Cobol c’è e ci sarà, sempre per dare valore

Da linguaggio protagonista delle transanzioni batch a strumento per app, big data e cloud. Anatomia di un crossover visuale. Ne parliamo con il country manager di Microfocus Italia, Pierdomenico Iannarelli.

222 milioni di linee di codice attive. 15mila linee sviluppate al dì. Transazioni quotidiane che valgono 200 volte quelle delle ricerche su Google. Usato inconsapevolmente 13 volte al giorno da ognuno di noi. La base per il 60% delle applicazioni enterprise. Sono i numeri del Cobol, linguaggio di programmazione che quest’anno compie i suoi primi 50 anni e di cui Micro Focus è alfiere nel mondo.

Forse pochi sono a conoscenza di quanto appena snocciolato e per Pierdomenico Iannarelli la colpa è anche un po’ della stessa Micro Focus, che non ha saputo negli anni enfatizzare come i nuovi stilemi di comunicazione richiedono il peso specifico del Cobol.

Ma a tutto c’è rimedio e la società punta (in realtà ha già iniziato da qualche anno a farlo) a fare le dovute sottolineature, a investire, non solo in marketing, ma, diremmo soprattutto, in ricerca e sviluppo, per mettere al passo coi tempi gli strumenti deputati a utilizzare il linguaggio, a tenere in vita le applicazioni e a crearne di nuove.

Il che significa compatibilità con altre lingue e metodiche, visualità, flessibilità d’uso. E allora si parla di incontro con Java e .Net, con Eclipse e Visual Studio.
Il tutto sfatando, anche, il luogo comune che vuole l’esperto Cobol vestito di camice bianco.
Cobol, per Micro Focus, è un tema da manager.

Iannarelli, cosa consiglia ai manager, di pensare più al legacy o di fare una nuova scelta?

Il gap fra legacy e open si è assottigliato. Meglio parlare di diversità fra le applicazioni semplici e quelle enterprise. Noi abbiamo fatto un percorso e ci siamo spostati verso l’open per proteggere quegli investimenti in Erp che non riescono a differenziarsi. L’obiettivo è ridare valore al differenziale delle aziende.

Quasi un’attività di difesa della protezione intellettuale…


Sì, per le aziende si tratta di fare una scelta strategica, qualitativa. La concorrenzialità basata solamente sul prezzo non può durare in eterno. Ci sono altri valori sul campo che consentono di differenziarsi. Noi tuteliamo quelli.

Come si smonta la tesi che accosta al Cobol la mancanza di skill?

Oggettivamente le aziende hanno difficoltà a reperire personale Cobol e le Univesità non lo insegnano più, se non in rari casi. Lo si fa creando i nuovi skill. Fu errore nostro pensare che si potesse vendere Cobol solamente basandosi sull’effetto volano. Ma abbiamo cambiato forti di una consapevolezza, che trasmettiamo ai partner e alle aziende.

Come risponde a chi dice che il Cobol di Micro Focus costa?

Con due argomenti. Il costo non è solo la licenza, ma anche il percorso che si fa per arrivare a un prodotto finito. Quanti lo sanno gestire bene con altre soluzioni, magari open?

Poi un paragone: Linux non sarebbe ciò che è se non ci fosse stato chi, come Red Hat, lo ha supportato presso le aziende.
Insomma, è anacronistico pensare che con il modello gratuito si possa creare progetti certi. Non ci sono garanzie nemmeno sui costi.

Cobol e cloud convivono?

Chi ci ha scelto e decide di portare su cloud le applicazioni standard lo può fare un modo semplice e trasparente.

E con lo sviluppo di applicazioni mobili?

Convive perfettamente. Il nostro lavoro di modernizzazione ha puntato su codice e hardware proprio per questo.

Come vivete la concorrenza degli altri Cobol, come quelli open?

Il più grosso concorrente che abbiamo siamo noi stessi, che dobbiamo essere capaci di trasmettere la solidità che incarniamo. Il resto vien da sé.

Ma chi trovate più spesso sul ring?

Java. E più in Italia che altrove. Questione di mode, ma ha anche una sua ragione. Noi siamo una valida alternativa al mondo Java, ma ci manca la community, che difatti è il tema caldo per il prossimo anno.

Cobol e big data, c’è un rapporto?

Abbiamo tanti esempi in ambito bancario che parlano per noi. L’aggregazione di tecnologie mobili e statiche non rappresenta un problema.

E riguardo la complessità It, cosa deve fare un Cio?

Una governance che nasca dall’assessment delle applicazioni esistenti. Oggi le aziende non conoscono ciò che hanno in casa. In alcuni casi si può risparmiare, quasi immediatamente, sino al 15% dei costi di gestione.

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