Second Life ora non è più di moda

Dopo l’esaltazione ora per il mondo virtuale arriva il momento delle critiche

Gira il vento per Second Life. Se prima era il Web del futuro oggi, senza che sia successo nulla di particolare, emergono i dubbi che partono dalla stampa americana per rimbalzare fino in Italia. Nel viaggio la caduta di immagine si carica e improvvisamente emergono solo gli apeti negativi del mondo creato da Philip Rosedale.

Ha iniziato il Los Angeles Times raccontando che Aloft, un brand di Starwoods Hotels ha deciso di chiedere baracca e regalare la sua isola a un’organizzazione no profit. “Non c’era ragione per continuare a essere presenti” ha spiegato Brian McGuinness, vicepresidente della società.

La decisione della catena alberghiera ha messo a nudo i difetti del mondo virtuale prima forse un po’ignorati dalla stampa anche americana.
A partire da quei sette milioni di iscritti sbandierati in molti articoli che vogliono dire sette milioni di avatar. Però in molti di avatar se ne sono fatti almeno un paio così Wired stima che in realtà gli iscrittiv eri siano quattro milioni. Poi l’85% di questi avatar viene abbandonato e i frequentatori veri delle isole sono qualch decina di migliaia di persone con picchi di trenta-quarantamila presenze. D’altronde il sistema che regge il mondo virtuale non può sopportare più di tanti visitatori. Sempre secondo Wired ogni processore dei server di Sl può gestire al massimo settanta avatar contemporaneamente una capacità non esattamente ampia che risulta però sufficiente visto che sia la rivista cult della new economy sia il Los Angeles Times hanno parlano di isole deserte e luoghi abbandonati.

Wired cita l’esempio di Michael Donnelly, responsabile de marketing interattivo di Coca-Cola. Affascinato da Sl Donnelly ha fatto un giro per scoprire che di avatar fra un’isola e la’tra ce n’erano davvero pochi. Deluso ha deciso comunque di portare la Coca su Sl. “Il mio lavoro consiste nell’investire in cose che non sono mai state fatte fino a oggi” ripete a se stesso e prova con il virtuale. Ma è difficile sostenere che la bevanda di Atlanta abbia tratto un grande giovamento dalla presenza nel mondo degli avatar. Davide Ster, storico commissione della Nba, qualche dubbio ce l’aveva, ma ha risolto la questione pensando che, non essendo lui parte del target di Sl ovviamente non poteva capirla a fondo. Così ha provato Youtube e la tridimensionalità dell’idea di Philip Rosedale. Da una parte ci sono stati 14 mila iscritti all’Nba channel che hanno postato oltre sessantamila video visti 23 milioni di volte. Dall’altra l’isola dell’Nba ha ricevuto 1.200 visite.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome