Il mainframe non si consumerizzerà, ma vivrà più semplicemente

Modello ibrido, legacy, competenze, semplicità d’uso, green screen e cloud. Tutte cose che hanno a che fare con il mainframe. Ne parliamo con Mark Combs di Ca Technologies.

Il programma Mainframe 2.0 di Ca Technologies giunge in questi giorni alla terza fase, dopo quella di lancio del 2008 e il rinnovo dello scorso anno.
Quale sia il senso, soprattutto pratico, di questo adeguamento lo abbiamo chiesto a Mark Combs Distinguished Svp, Mainframe Csu di Ca Technologies, che abbiamo raggiunto nella sede milanese della società.

L’esperto di mainframe non ha esitazioni:
«Bisogna pensare al fatto che le applicazioni sul mainframe non solo vanno confiugurate, ma anche modificate. E storicamente è sempre stato difficile farlo, sin dalla fase di installazione. Ora, con una nuova generazione di persone in azienda, native Web, serve una modernizzazone delle applicazioni».

Si tratta di percorrere la solita strada verso la semplificazione?

Non è un tema nuovo, certo. Ma oggi è un tema critico, di più che in passato. A dircelo sono gli utenti, per cui le priorità in ambito mainframe sono, nell’ordine, la riduzione dei costi, il sostenimento degli skill critici, l’agilità operativa. Per questo noi disponiamo programmi di formazione delle persone, in forma complementare a quelli, software, di gestione.

Dette così le esigenze espresse dagli utenti mainframe sembrano identiche a quelle che li spingono verso il cloud

Vero, i punti chiave sono gli stessi. Vediamola così: il cloud è l’ultimo stack che si aggiunge a un ecosistema informatico già formato e definito.

A voi risulta che gli utenti stiano facendo investimenti in area mainframe?

Scindiamo. I grandi utenti investono in piattaforme z9. Nella fascia low-end, sotto una certa soglia di Mips, possono esistere alcuni abbandoni. Ma il saldo finale è positivo. Il mercato si sta ampliando in dimensione. E lo vediamo in particolare nei mercati emergenti. Cina, India, Brasile investono in mainframe.


Il mainframe ibrido, che Ibm da un anno sta proponendo può far crescere gli utenti?

Lo stabilisce il mercato se è la soluzione giusta. La tecnologia è interessante e funzionale. Teniamo presente che la nostra iniziativa 2.0 nasce proprio per andare in questa direzione, creando uno stack il più possibile integrato, sfruttando al meglio il motore zIip, utilissando interfacce standard, esaltando le capacità di Db2, consentendo di fare project e application performance management.

Il mainframe ha a che fare con l’It consumerization?

Andiamoci piano. Il mainframe non sarà mai consumerizzato. Ma interiorizzerà stilemi di facilità, come già avviene con il nostro sistema di gestione Chorus, che assimila lo strumento di controllo più a un’interfaccia del terzo millennio che non al vecchio schermo verde, ossia quella cosa a cui sono affezionatissimi i vecchi It pros. Ma teniamo presente che anche loro quando se ne vanno a casa usano Google o magari un Mac. Quindi prima o poi arrivano a gradire l’evoluzione delle interfacce di gestione.

Consiglierebbe l’uso di un mainframe per il cloud pubblico?

Dipende da che tipo di cloud si intende fare. Se il servizio che si intende fornire è critico, opterei per creare un cloud privato.

Le applicazioni legacy sono un nodo da sciogliere?

Gli utenti ritirano le applicazioni solo se hanno dei cambiamenti di business rilevanti. Ergo, è il business che detta i tempi di cosa è legacy e cosa no.

Quante persone avete sui mainframe?

Mi sento di dire che probabilmente abbiamo lo stesso numero di persone di dieci anni fa. Ma sono specializzate in modo differente, perché abbiamo arricchito le nostre competenze, investendo in personale giovane.

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