Cio che incontri, processo che trovi

Sensibili alla sicurezza, attenti alla governance ma non particolarmente al cloud. Riflessioni a voce alta di Cio, It manager, responsabili dei sistemi informativi e dell’Electronic data processing italiani chiamati a raccolta da Richmond Italia.

Una chiamata in campo della direzione It a difesa del patrimonio aziendale.

Si è aperto con un intervento a cura di Paolo Lezzi, Ceo di Maglan Group,
in merito allo spionaggio industriale computerizzato, il primo ItDirectorForum 2011 organizzato da Richmond Italia a Gubbio.

Una due giorni umbra trascorsa tra workshop, laboratori e una tavola rotonda sull’evoluzione del ruolo del Cio, sempre più chiamato a dismettere i panni del tecnico per indossare quelli strategici del demand manager attento a portare nella propria organizzazione un’innovazione il cui valore sia realmente misurabile.

Barriere al cambiamento
E se l’integrità del patrimonio informativo si conferma un punto fermo nel lavoro quotidiano della cinquantina fra Cio, It manager, responsabili dei sistemi informativi e dell’Electronic data processing che hanno preso parte all’evento organizzato dalla realtà di cui Claudio Honegger è amministratore unico, a far da comun denominatore è anche la constatazione espressa da Roberta Fiorini, It manager di Clivet, secondo la quale «qualsiasi innovazione inserita in azienda viene percepita come un cambiamento e, quindi, vissuta con difficoltà».

Entrata come responsabile di laboratorio nella realtà che da Feltre, nel cuore delle Dolomiti, si occupa di impianti di climatizzazione e condizionamento, la laurea in ingegneria chimica conseguita da Fiorini non le è stata d’ostacolo per perseguire la propria passione e diventare, dal 2005, referente di un team It in cui operano 11 persone che si occupano sia della parte hardware che di quella gestionale caratterizzata dalla Business Suite di Oracle implementata in un Gruppo che, anche grazie a una serie di filiali commerciali fuori Italia, conta su 700 persone e fattura 100 milioni di euro.

Come lei la pensa anche Angelo Pesenti, responsabile It di Bozzetto Group, multinazionale chimica all’interno della quale il manager (interpellato, come gli altri, ai margini della manifestazione – ndr), è entrato nel 1999 come sistemista scegliendo, nel 2003, in concomitanza del passaggio di gestionale da As/400 a Navision, di spostarsi sulla parte processi, vero core della realtà che impiega circa 407 dipendenti in 9 diverse nazioni, per un fatturato 2010 prossimo ai 110 milioni di euro.

Anche per Pesenti, geometra di formazione, informatico per passione, il referente dei sistemi informativi è sempre più un consulente d’azienda. «Lato dirigenziale – è il suo commento -, i responsabili It fungono da collettore tra le necessità della direzione in funzione del business, mentre lato utente ci troviamo spesso nella condizione di dover attuare un’opera di marketing sul nostro operato».

Come se non bastasse, in merito alla proposta di progetti It strutturati, torna a farsi vivo lo spettro della mancanza di comprensione dei relativi vantaggi da parte di chi «non ha le medesime competenze di settore».

In questo, come in molti altri casi, la sponsorship del top management risulta fondamentale.

Se l’It e la produzione hanno lo stesso peso
Lo sa bene, tra gli altri, Nicola Querciagrossa, Cio di Grissin Bon, nome blasonato dell’industria alimentare di casa nostra all’interno del quale, su 200 persone, solo 17 dipendenti non sono impiegati nella produzione.

Entrato nel 2001 in qualità di consulente esterno nell’azienda padronale, che produce e distribuisce prodotti da forno quali grissini e fette biscottate, per Querciagrossa il ruolo di direttore It è arrivato nel 2009 toccando con mano tutti i pro del caso, «in primis avere carta bianca», ma anche i contro, «visto che in una realtà come questa, chi fa il mio mestiere è costantemente coinvolto anche nella parte di Plc industriali nonché nell’integrazione con le 16 linee di produzione distribuite in tre stabilimenti localizzati in Emilia Romagna, Lombardia e Triveneto e oggi completamente automatizzate, come pure il magazzino per lo stoccaggio dei bancali».

Così, nonostante quella in cui l’It manager di Kedrion, Alessandra Moscaggiura, lavora da anni sia un’azienda biofarmaceutica forte dei brevetti sulla lavorazione del plasma, la percezione da parte del resto del management rispetto alla divisione It composta, in Italia, da 12 persone, «spesso continua a essere quella di semplici fornitori di servizi e non di reali portatori di innovazione in azienda», nonostante proprio la tecnologia consente a tutti gli effetti a Kedrion di mantenere gli alti livelli di standard previsti dal mercato in cui opera.

Forte dell’acquisizione avvenuta quattro anni fa di uno spin off ungherese della società farmaceutica Teva, l’azienda in opera Moscaggiura (e che è partecipata al 40% da un fondo di investimento), guarda ora con interesse anche al mercato degli Stati Uniti, in vista di un business in trasformazione.

Ciò detto, nonostante le dimensioni parlino di un gruppo di circa 1.300 persone, che nel 2010 ha fatturato 248 milioni di euro, per la nostra interlocutrice «il ruolo dell’It manager ha sempre più affinità con il mestiere dello psicologo che si sforza di entrare nei diversi dipartimenti dell’azienda cercando di comprendere quali siano le reali necessità del business al di là di inutili acronimi e tecnicismi».

Perché la “system integration” di cui si fa portavoce l’It manager di Kedrion «deve riguardare, in primis, le persone e solo in un secondo tempo la tecnologia tout cour».

Una massima che, all’interno di Cadey, una giovanissima Barbara Negri (classe 1979) è riuscita a ottenere grazie a 11 anni di gavetta «spesa come factotum» nella realtà piacentina attiva nella cura della persona che, in cerca di un responsabile It, 5 anni fa le ha affidato un ruolo rimasto tale anche dopo la scelta, compiuta a inizio anno, di terziarizzare in toto la produzione dopo l’avvento dei fondi finanziari che hanno assunto la proprietà di Cadey.

La stessa che, in poco meno di quattro mesi, ha portato a casa con successo il trasferimento in una nuova sede dei circa 50 dipendenti e l’implementazione dell’Erp Si Fides proposto da Sinfo One che, unitamente al modulo Bi, «rendendo reale un flusso di dati univoco», hanno favorito «e non poco» anche la successiva apertura di Cadey al mercato degli Stati Uniti con il lancio di una linea di prodotti ad hoc.

Occhi puntati su logistica, produzione e molto altro
Così, se il sentiment colto a Gubbio è senz’altro di utenti soddisfatti, a tornare a casa con «una serie di progetti in testa» è Alessandro Rao, Edp manager di Dolfin, volato da Catania per confrontarsi con altri interlocutori con i quali condivide il medesimo mestiere.

Lo stesso che Rao svolge con passione all’interno della storica azienda dolciaria fondata nel 1914 da Santo Finocchiaro come fabbrica di confetti e caramelle al centro di Giarre, ai piedi dell’Etna. E che, ancora ben salda nelle mani degli eredi del fondatore, si è trasformata in una Spa che fattura circa 30 milioni di euro e impiega 120 dipendenti nel nuovo stabilimento di Riposto, che arrivano a 200 nel periodo di alta stagionalità prevista tra novembre e luglio «in concomitanza della produzione delle uova di Pasqua e dei Polaretti per i quali Dolfin è conosciuta non solo a livello nazionale».

Qui, come altrove, nonostante il mondo ovattato sia quello dei supereroi di Polarettilandia «trasformati dall’ufficio marketing in licenza», con l’It non si scherza.

A partire dal gestionale Diapason di Gruppo Formula implementato nel 2005 insieme alla Bi di Sap BusinessObjects «dopo una software selection durata due anni» e collegato esternamente con una rete vendita di circa 50 agenti plurimandatari, anche la procedura per la gestione dei resi sta per essere trasferita su Internet come già avviene, da due anni a questa parte, per gli ordini.

Ma con un magazzino di circa 3.500 posti pallet di prodotti finiti, unitamente ad altre location destinate alle materie prime, la possibilità di avere tutto sotto controllo e in piena sicurezza diventa fondamentale. Anche in termini di backup, ripristino e controllo «che in Dolfin realizziamo attraverso una serie di sistemi misti non solo su Nas».

Così, dopo aver realizzato l’Edi a livello di fatturazione e messo a punto un sistema di gestione della tracciabilità dei propri prodotti «a partire dalle materie prime utilizzate fino alla linea di produzione impiegata e al turno coinvolto», a cambiare è anche il modo di comunicare l’innovazione in azienda.

«Se misurabile con dati concreti dalla proprietà, come dal management, porta a risultati tangibili, mentre aver messo in mano alla proprietà una serie di dispositivi mobili per gestire il business anche fuori ufficio, sta già modificando l’approccio alle nuove tecnologie».

Come a dire: “Cio che incontri, processo che trovi“.

In banca è tutta un’altra storia
Ne dà conferma anche Luciano Bartoli, responsabile operation It & process organization di Credem, istituto bancario di Reggio Emilia che, proprio nel 2010, ha compiuto cento anni.

Complici un business di portata nazionale e le 550 filiali presenti sul territorio, in aggiunta a 50 centri imprese, qui come in qualsiasi altro istituto bancario «l’It diventa un asse portante per chi, come noi, ha raggiunto già da anni la totale smaterializzazione dei prodotti».

A capo di una struttura organizzata per processi e composta da 450 persone, di cui 170 specializzati nell’It, quelli messi a punto da Credem «sono ormai servizi strutturati per consentire ai propri utenti di investire, proteggersi attraverso il canale assicurativo, incassare, pagare, custodire e finanziarsi».

Anche in questo senso, l’It manager veste sempre meno i panni dello specialista tecnico per metter mano ai processi aziendali «divenendo il fulcro di tutta la banca in qualità di erogatore non più di servizi ma di soluzioni».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome