La Business analytics è il ritorno al futuro

Fa evolvere verso l’automazione dei processi, fa costruire concatenazioni di eventi e modelli che consentono l’allineamento fra It e business.

Dalla Business intelligence alla Business analytics, il passo non è breve. Quello che sembrava parte (Ba) di un tutto (Bi), diventa oggi l’elemento trainante e determinante. «Una sorta di ritorno al futuro», afferma Antonio Romano, (nella foto) group vp e general manager di Idc Emea per il sud Europa, in apertura del convegno che Idc Italia ha dedicato alla Business intelligence.

Già, perché il futuro c’era già, visto che la Business analytics esisteva da anni, e che alcune società del settore ne indicavano la priorità già in tempi non sospetti.
Cosa ci fosse oltre la Business intelligence se lo son chiesti in tanti, chiosa Romano, e la risposta è sempre stata “tutto è già stato inventato”.

E invece no, a quanto pare.
Per spiegare, Romano parte dalla crisi, volando spesso verso i massimi sistemi.
In Italia, la flessione registrata da mercato Ict nel 2009 continuerà nel 2010, seppur in modo meno traumatico.
Una crisi che presenta non pochi aspetti positivi: riduzione degli sprechi, investimenti selezionati per far funzionare quel che già c’era, abbattimento delle rendite di posizione. In tutto, in un quadro di forti inefficienze dei sistemi informativi.

«Oggi, ritorniamo alla normalità. Peccato, che questo avvenga in presenza di sistemi informativi inadeguati, rigidi, poco intelligenti».
Qui il discorso si fa un po’ retrò, visto che c’è un forte richiamo al “modello Toyota”, al sistema di qualità e a colui che l’ha inventato.

Richiamo giustificato e sempre più d’attualità visto che, a detta di Romano, poco di quanto proclamato nell’ultimo ventennio (ruolo primario del cliente, massima attenzione alla qualità, anzi alla Qualità) è stato fatto nella realtà. Tanta tecnologia, bella e avanzata, ma evoluzione culturale poco o nulla.

Un contesto che dovrebbe rigettare il concetto di velocità a ogni costo, per privilegiare quello della «sana frenata tutte le volte che occorre».

La Business analytics potrebbe essere l’oggetto del salto epocale. I dati parlano chiaro: in pochi anni, nel mondo sono stati spesi per l’It poco più di 280 miliardi, di cui appena l’1% destinato a rendere meno complessi sistemi complessi (cervellotici?), in grado di funzionare fino a quando non insorgono problemi, negativi (frode, downtime) o positivi (opportunità di business).

Ed ecco, allora, la necessità di disporre di sistemi capaci di governare dati non strutturati, il real time, l’ambiente cloud, la velocità di azione-reazione, e così via.

Tutto questo riesce a farlo la Business analytics, che, sono parole di Romano, permette di entrare finalmente nell’era customer-centric: «La Business intelligence evolve verso una più olistica intelligence process automation», come dire che la macchina fa quello che l’uomo non arriva a fare, gestisce in tempo reale eventi complessi, evidenzia in modo netto e immediato opportunità di business e criticità, e sempre in tempo reale fornisce ogni elemento per prendere decisioni ponderate e mirate.

Insomma, per Romano, non ci sono dubbi: la Business analytics chiude il cerchio, per costruire queste concatenazioni di eventi, per costruire dei modelli abilitanti la comunicazione fra business e It.

E se qualcuno avesse dei dubbi, Romano alla fine esibisce un’indagine europea che dimostrerebbe come più della metà delle aziende che hanno speso per la Business analytics ha avuto un ritorno positivo, il 60% ha incrementato il volume delle vendite.

Peggio se la passa chi, e purtroppo l’Italia è in cima a questa classifica negativa, ha tagliato le competenze pensando ridurre i costi e di affrontare meglio la crisi, salvo accorgersi ora quanto sia drammatica la penuria di intelligenza.

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