Un volto business per la mobilità

Il mercato dei dispositivi mobili, che ha risentito meno di altri della crisi, sta assumendo sempre più importanza in un contesto aziendale competitivo

Stando alle stime degli analisti, il mercato dei dispositivi mobili è quello che ha risentito meno della crisi. E questo sembra essere lo specchio di un differente modo di lavorare nelle imprese che porta un sempre maggior numero di dipendenti “in prima linea” presso clienti o fabbriche e a svolgere compiti che meglio si sposano con l’eclettismo dei device mobili e delle applicazioni usate a distanza, attraverso la rete.

Non sorprende il fatto che tra i dispositivi di maggior successo degli ultimi mesi ci siano i sistemi ultraleggeri, a metà strada tra un notebook e uno smartphone: i netbook. Un mercato che ha avuto forte spinta nel consumer ma rappresenta un cambiamento importante anche per le imprese. Per alcuni analisti questi dispositivi sono un punto di congiunzione tra l’It e le applicazioni tradizionali e il mondo, finora a sé stante, di smartphone e telefonini. Un avvicinamento che è allo stato iniziale e con riscontri parziali a livello di standard e di supporto applicativo, ma che certamente potrà svilupparsi, forte delle economie di scala e delle applicazioni.

Lo scopo di un pc, di un palmare o di uno smartphone connessi in rete è in fondo lo stesso: dare supporto al lavoro e all’interazione tra persone. E questo è vero alla scrivania, in albergo, in viaggio, presso l’ufficio di un cliente o di un partner commerciale. Se da una parte la tecnologia sforna in continuazione nuove opzioni, dall’altra c’è la necessità di calarle in un contesto business competitivo. Occorre saper adattare i processi aziendali e l’organizzazione, tenendo conto anche dei trend di cambiamento dell’It.

Il fenomeno della consumerizzazione

Con il nome di consumerizzazione si inquadra un fenomeno generale che Gartner descrive come sempre maggiore contiguità tra soluzioni consumer e professionali. Un fenomeno che accompagna l’accessibilità che le tecnologie e i servizi It più standardizzati, prodotti su grande scala, hanno per l’utenza consumer. Al punto che la gran parte delle innovazioni degli ultimi anni è arrivata dall’area consumer e solo successivamente è stata recepita da aziende e uffici.

Nell’autunno scorso, Gartner ha pubblicato un’interessante analisi su una best practice, decisamente radicale, adottata in alcune imprese americane: consentire, quando non addirittura favorire, l’uso aziendale dei dispositivi di proprietà del dipendente. Un’opzione che richiede un differente e più complesso approccio alla protezione dei dati e della security, ma che può ridurre i contenziosi tra It e dipendenti sulla scelta dei dispositivi e colmare il gap tecnologico tra apparati professionali e consumer.

«L’arrivo in azienda di prodotti consumer è un trend in crescita – spiega Monica Basso, research vice president di Gartner -. I prodotti consumer vengono, infatti, percepiti dalle persone come migliori, anche se spesso non lo sono dal punto di vista dei responsabili It». L’esempio principe è stato l’arrivo dell’iPhone di Apple «un prodotto concepito per uso privato ed entrato nelle aziende, in mano a persone d’alto profilo – continua Basso -. Benché pochissime società abbiano adottato iPhone come device di lavoro, i dipendenti lo usano lo stesso e hanno la necessità di avere supporto sulle funzionalità come l’e-mail e via dicendo». Un trend che negli Usa è più sviluppato che in Europa. «Abbiamo avuto una prova dell’effetto iPhone nel summit di febbraio di Chicago con i Cio delle primarie aziende americane – sottolinea l’analista di Gartner -. Infatti tutti erano preoccupati su come rendere sicuro iPhone nell’uso aziendale. Un problema non evitabile, giacché portato da executive e altri utenti con grande influenza in azienda. Un fenomeno che ha spinto la stessa Apple a rimediare a molte lacune con la seconda generazione di iPhone che con ActiveSync dà più controllo con i server Exchange».

Affrontare il cambiamento

Anche se in Italia siamo ancora lontani dall’idea che un prodotto consumer, o addirittura di proprietà del dipendente, possa essere usato in azienda, questo fenomeno appare inevitabile per Gartner: «In Italia prevale un atteggiamento tradizionale da parte dei responsabili It che pretendono di decidere su tutto e tenere tutto sotto controllo. Ma questo sarà sempre più difficile in futuro». Non trovando risposte ai loro bisogni, gli utenti potrebbero prendere iniziative pericolose per la tutela dei dati aziendali. Secondo Basso «quando l’organizzazione It non dà agli utenti la possibilità di collegare apparati non aziendali alla posta elettronica, questi ultimi fanno il forward dei messaggi sulle loro caselle e-mail private mettendo a rischio la sicurezza. Va da sé che è meglio prendere atto del cambiamento per evitare che la situazione sfugga di mano». Ci sono esempi anche nei servizi. La posta elettronica aziendale pone spesso limiti alla dimensione dei messaggi o allo spazio inbox, mentre dal lato client non si va oltre le funzionalità di Microsoft Outlook. «E questo mentre il dipendente usa servizi più avanzati, come Gmail, – precisa Basso – che danno la possibilità di spedire grossi file e fare ricerche sui messaggi. Lo strumento di produttività consumer è diventato più potente dei servizi in azienda».

Per l’analista, l’It deve porsi in un’ottica diversa da quella del passato e considerare che la tecnologia è pervasiva, che gli utenti sono già abituati a usarla nella vita di tutti i giorni. E questo non riguarda solo i dispositivi mobili ma anche l’uso di strumenti come social network, wiki, twitter che in vario modo possono incidere su confidenzialità, reputazione e sicurezza aziendale.

C’è una soluzione? Per Basso, consiste nel cercare di sfruttare al meglio gli strumenti consumer senza vietare o far finta che non esistano. «La strategia migliore è prendere atto del cambiamento: ammettere e tollerare gli strumenti di proprietà del dipendente e attivare sistemi di gestione specifici».

L’approccio è quello che Gartner chiama “manage diversity” e che si basa sulla differenziazione dei vari servizi aziendali.

«A seconda dello strumento usato dal dipendente e del livello di sicurezza si decide che cosa è possibile erogare e che cosa no. In ogni caso si tratta di raggiungere un compromesso tra i desideri dell’utente e le esigenze di tutela». In questo modo si favorisce l’utilizzo degli strumenti che Internet mette a disposizione ed essere più vicini ai clienti, raccogliendo informazioni dalla rete per migliorare le azioni di marketing e altro ancora. «L’It, deve avere un approccio proattivo – precisa Basso -. Serve capire come sfruttare le opportunità che offre la rete per ottenere benefici, minimizzando nel contempo i rischi per la sicurezza. Significativo, a questo proposito, una survey aziendale fatta sui social network come Facebook e MySpace. L’80% degli It manager lo ha vietato in azienda e questo pur riconoscendone (all’80%) l’utilità. Solo il 3% ha una strategia per un corretto utilizzo».

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