Start up: in Italia serve accesso alle persone chiave

Il giudizio degli investitori intervenuti alla tavola rotonda organizzata da ICT4 Young del ClubTI di Milano è univoco: spazio al crowdfunding, all’innovazione tout court e a chi sa rimodulare il proprio business plan al mutare delle condizioni.

Supporti innovativi e altamente specialistici per business plan a misura
di start up che non hanno dimestichezza con strumenti, invece,
opportuni per muoversi ben oltre i confini nazionali.

A cura di enti pubblici, semi pubblici o privati, le iniziative a
sostegno del sistema delle micro, piccole e medie imprese italiane nate
intorno a un’innovazione di prodotto o servizio, a un risultato di
ricerca, a un brevetto o a un’idea originale di business, «terranno sempre più da conto la necessità di favorire forme di aggregazione».

Non è la prima volta che nella sede di Assolombarda, a Milano, si parla di “reti d’impresa” ma nella tavola rotonda organizzata dal gruppo ICT4 Young del ClubTI del capoluogo lombardo, sul tema del “Knowledge Pick, per fare impresa innovativa in Italia”, a tener banco è il confronto fra chi, in Italia ma non solo, si occupa di supportare la creazione di reti d’impresa.

Dopo un primo convegno tenutosi lo scorso autunno a Lerici (Sp) su “Imprese ad alto potenziale fra sopravvivenza e crescita”, la presenza di una realtà pubblica come InnovhubStazioni Sperimentali per l’Industria, ha permesso a Maria Cristina Boeri dell’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano di portare all’attenzione «una serie di opportunità che prevedono l’abbattimento reale dei costi e accesso a servizi di consulenza a elevato valore specialistico».

Il lato social del crowdfunding
Gli stessi che Domenico Navarra di Create-Net traduce in “crowdfunding”, «una
buzz word utilizzata all’interno dell’European Alliance for Innovation
per realizzare una rete di individui che, attivi anche in Italia, creano
associazioni di mutuo soccorso per fornire alle start up e agli spin
off universitari le conoscenze necessarie per muoversi verso un livello
di conoscenza superiore
».

Non più sotto forma di finanziamento a tasso agevolato o a fondo perduto, «bensì attraverso “pagamenti inediti” a riconoscimento del contributo dei manager “on demand” che hanno supportato le start up con la propria conoscenza».

Così, in attesa che si definisca una legislazione specifica sul crowdfunding, «che – ricorda Navarra – identifica
una modalità di finanziamento di un’idea, di un’impresa o di un evento
decisa da una folla di individui che, accedendo a una piattaforma
solitamente Web valuta le idee e le finanzia
», a prevalere è la modalità “virale” di “sostegno” , tipica dei social network che, però,
«non è propriamente il metodo di valutazione adottato dai finanziatori istituzionali tradizionali».

In veste di mentorship l’H-Farm di cui parla Paolo Giovine
seleziona, invece, team di persone con idee innovative e capacità di
esecuzione corrette per sostenerle, in qualità di azionista, «nella fase in cui si fa controllo di gestione e analisi di processi per un business plan che porti nella giusta direzione».

Una proposta a cui sono interessati per lo più giovani talenti («valutiamo
circa un migliaio di idee imprenditoriali l’anno provenienti
prevalentemente da persone con un’età media inferiore ai trent’anni
»
conferma Giovine), ma sempre di più anche da quarantenni che stanno
lasciando l’azienda nella quale lavorano per dedicarsi a una propria
iniziativa.

Così, come per Navarra, almeno in Italia, «non c’è sufficiente conoscenza di cosa sia e a che cosa serva il crowdfunding», per Giovine il vero neo è «nella difficoltà a individuare correttamente i talenti e nella mancanza di università che erogano percorsi formativi per fare impresa».

Imparare a governare il cambiamento
Piaccia o meno, però, per Franco Fattorini di Investor ClubMitotech, da noi è l’accesso al credito il vero gap culturale da colmare con chi rappresenta il sistema finanziario.

«E non è solo un problema di garanzie, di seniority o del contesto
in cui si opera ma di capacità di governare l’incertezza con analisi di
scenari per rimodulare il proprio business plan in tempi stretti e al
mutare delle condizioni
di mercato».

In tal senso, spiega ancora Fattorini: «Ci troviamo in una fase di
maturità degli strumenti a sostegno dello start up e cominciamo, invece,
a difettare di quelli che riguardano la seconda fase di sviluppo di
un’impresa che si avvicina al mercato
».

Innovazione sociale: supporto per aziende in crisi?

E se sulla falsa riga delle iniziative già messe in campo dalla Boeri, Renato Galliano del Settore Direzione e Innovazione Economico Università del Comune di Milano ricorda «come l’obiettivo della social innovation sia quello di rispondere a un bisogno espresso dalla società con servizi innovativi», per Fattorini «al di là dell’età anagrafica quella da considerare è l’innovazione tout court, perché l’impatto sociale di una mancata start up è diverso da quello provocato da un’impresa che collassa».

Dall’idea all’impresa: come ti avvio una start up in Italia
Detto questo, «con
una pressione fiscale che, nel Bel Paese, arriva al 68%, una
complessità burocratico-normativa tra le più impegnative d’Europa,
sistemi di pagamento gravosi anche nel privato e una giustizia che non
aiuta né in tempi né in certezza del risultato
» c’è chi insiste su misure concrete a sostegno di chi vuol fare impresa in Italia.

È il caso di Alvise Biffi, presidente gruppo giovani imprenditori Assolombarda che, con progetti comeDall’idea all’impresa, punta a sgravare i propri associati da una serie di oneri.

Ma non solo.
Perché diversamente da quanto accade nella Silicon Valley californiana, lungo tutto lo Stivale «il
vero problema del nostro sistema industriale è l’accesso alle persone
che contano anche per realtà solide, conosciute e sul mercato da più
tempo di una start up
».

Perché se l’azienda di trasmissioni radio Fluidmesh Networks creata nel 2005 da Umberto Malesci
insieme ad altri tre studenti, è il frutto di un’idea imprenditoriale
finanziata nel 2011 da due fondi di private equity statunitensi, il vero
coraggio oggi «è dei manager senior che incassano il proprio Tfr per versarlo nel capitale sociale di una nuova idea imprenditoriale».

Per Malesci, sarebbe opportuno sostenere loro.
Ma in un Paese in cui
a 40 anni si è considerati ancora dei ragazzi che sperimentano la
cultura del vivere fuori casa solo quando approdano all’università, per
Giovine gli aspetti su cui lavorare restano «l’accesso alle persone e
la creazione di fondi europei pronti a investire anche in aziende in
grado di arrivare a 10-15 milioni di euro come dimensioni massime di
fatturato
».

Farlo in un momento storico come questo e con un ministro referente che, attualmente ha nel suo entourage una serie di nominativi che provengono dal mondo del venture capital potrebbe giocare a favore di tutti.

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