Tanti tavoli apparecchiati per le startup

Si moltiplicano le task force e i think tank sull’innovazione. Ma il rischio è che restino ancora parole.

È il momento dei tavoli di lavoro per le startup.
Anzi, delle task force, per stare ai termini ricorrenti in questi giorni.

Piacciono, evidentemente, al ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera, che solo poche settimane fa ne aveva annunciata una per non perdere di vista il fenomeno dei Makers e che nella giornata di ieri ha presentato, in occasione della giornata di lavoro sull’Agenda Digitale, ha annunciato i nomi dei componenti della task force alla quale viene affidato, si legge testualmente nel comunicato il compito di analizzare e individuare in tempi brevi le misure da attuare per creare in Italia un ambiente favorevole alle start up innovative. L’obiettivo è quello di favorire le condizioni per cui i giovani – e i meno giovani – pieni di talento, energia, e creatività portino avanti i loro progetti imprenditoriali”.

Del gruppo di lavoro fanno parte Alessandro Fusacchia, consigliere del ministro per gli affari europei e i giovani, il merito e l’innovazione, al quale viene affidato un ruolo di coordinamento, oltre a Paolo Barberis, fondatore di Dada, Selene Biffi, fondatore di Youth Action for Change, Giorgio Carcano, presidente di ComoNeXT, Annibale D’Elia, in forze alla Regione puglia e in capo al progetto “Bollenti Spiriti”, Luca De Biase, giornalista de Il Sole 24 Ore, Andrea Di Camillo, legato a Banzai e a Principia, Riccardo Donadon, fondatore di H-Farm, Mario Mariani, di Net Value, Massimiliano Magrini, oggi Annapurna Ventuers, già country manager di Google in Italia, Enrico Pozzi, Ceo di Eikon, Giuseppe Ragusa, economista della Luiss, Donatella Solda-Kutzman, consulente del ministro Profumo.

A questo gruppo di lavoro non sono affidati compiti operativi, bensì obiettivi: fondamentale è arrivare a mettere a punto un pacchetto di misure di sostegno, di incentivazione, di supporto, di semplificazione fiscale e burocratica che siano davvero d’aiuto alla nascita e alla crescita di imprese innovative.

Nel contempo, e parallelamente alla task force ministeriale, prende vita un’altra iniziativa, Italia Startup, della quale fanno parte tra gli altri di nuovo Barberis, Carcano, Donadon (che ne è presidente), Mariani e Pozzi.

Obiettivo di Italia Startup, come si legge sul sito, è essere ”una piattaforma indipendente che nasce dall’aggregazione di soggetti privati già operativi nel campo dell’innovazione, del digitale e dell’imprenditoria”.

Messa in questi termini, Italia Startup sembrerebbe darsi una connotazione operativa, anche se, proseguendo nella lettura degli obiettivi, ancora si parla di Mettere a sistema i fattori positivi ed evolverli. / Creare un un ecosistema per sostenere i modelli di successo, le esperienze vincenti che emergono dal mercato. / Agevolare gli investimenti in equity nelle startup / Facilitare la creazione di posti di lavoro per i giovani / Riconoscere le professionalità e le eccellenze che già operano in questo mercato / Promuovere i punti di riferimento locale che accelerano lo sviluppo di nuova impresa.
Siamo ancora a livello di proposte, dunque, anche se, va detto, quelle di Italia Startup sono concrete.

In primo luogo si propone la detassazione delle operazioni di investimento in Startup, così come delle operazioni di fusione e acquisizione che hanno come target le startup italiane.
La seconda azione concreta è la deroga alla normativa Tuf/Tub (Testo Unico della Finanza e Testo Unico Bancario) e ai regolamenti della Banca d’Italia per mini-Sgr (Società di Gestione del Risparmio) che gestiscono o sono intenzionate a gestire fondi che investono in startup.

Il crowfunding è la terza leva proposta da Italia Startup e in questo caso è la richiesta di una ulteriore deroga al Tuf per raccolte in crowfunding fino a un tetto di 300.000 euro.
La quarta proposta punta alla creazione di un sistema di Safe Harbor, così che per tre anni le startup siano soggette ”unicamente al codice civile, il codice penale e alcune leggi tassativamente indicate (i.e.: leggi per la tutela della salute e della sicurezza, leggi ambientali…)”.
Similmente, e sempre per i primi tre anni dalla loro costituzione, le startup dovrebbero essere esentate dai costi e dagli adempimenti burocratici camerali, che potrebbero essere sostituiti da semplici autocertificazioni (naturalmente soggette a controlli di verifica) da inviare alle Cciaa.

Pragmatico, certo, ma, va detto, siamo ancora alle parole.
È l’attuazione pratica che ancora non si vede. E potrebbe non vedersi fino a quando non si vedranno anche i soldi.
Ma quelli che ci sono al momento sono destinati alle Regioni. E bisognerà capire quanto e come le competenze (in senso territoriale e finanziario) riusciranno a svincolarsi dalle mere logiche di interessi momentanei.

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