Red Hat: lo stack business critical ha quattro pilastri

Ce li descrive il country sales manager italiano, Gianni Anguilletti: Linux, middleware, virtualizzazione e cloud.

Red Hat ora ha anche a Milano una nuova sede, dopo aver inaugurato a primavera quella di Roma. Sintomo di una società che cresce e che negli ultimi cinque esercizi ha triplicato il volume di fatturato.
In Italia fa perno sul lavoro di una cinquantina di persone, 35 fisicamente sul territorio, le altre in sedi estere (come quella londinese) da cui seguono i servizi.

L’ambito di operazioni della società guidata in Italia da Gianni Anguilletti è quello business critical, e trova la forza in quattro pilastri.
Si tratta di uno stack infrastrutturale che vede al primo livello l’elemento con cui Red Hat si è fatta conoscere, quell’Enteprise Linux che ora abilita la gestione real time.

Il secondo pilastro è JBoss. «Con i Cio – rivela Anguilletti – parlo spesso di suite, non più solamente di application server. Perché si tratta di farle davvero le Soa, e bisogna far metabolizzare loro la valenza dell’opensource. Non va dato per scontato che un Cio possa conoscere tutti i dettagli tecnici. Oggi ci sono obiettivi di grande concretezza (come per esempio quello raggiunto da Intesa Sanpaolo), che vanno favoriti agendo dal basso».

Quindi, si parla ancora di Soa? «Si fa. Quando una tecnologia è matura, si smette di parlarne. Ma con la suite di middleware JBoss, come la chiamiamo noi, le architetture si fanno».

Il terzo pillar è la virtualizzazione: «La nostra tecnologia non è un ulteriore layer, ma è vista da Linux come un device aggiuntivo, nelle fattezze dell’hypervisor Kvm. E segue un percorso di evoluzione già segnato, come quello di Linux e JBoss. Aggiungiamoci poi che al suo contorno è nata la Open Virtualization Alliance, che continua a sommare membri, e il quadro si completa».

Il quarto pilastro è il cloud. E la strada che percorre Red Hat «è la solita: fare in mdo che tecnologie opensource possano essere fruite facilmente a dispetto della complessità delle architetture». Anguilletti cita due “declinazioni” del modello. Quella della soluzione CloudForms (ora in beta e sul mercato per fine anno) per la definizione e gestione di cloud ibridi, e quella, in ambito PaaS, di OpenShift: una piattaforma erogata dai datacenter Redhat, che consente agli sviluppatori di creare e testare le applicazioni su cloud. Un sistema già attivo che porta sul campo il concetto di apertura caro a Red Hat.

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