Red Hat: il cloud è libertà

Per il ceo Jim Whitehurst si cresce svincolandosi dagli antichi modelli e investendo in conoscenza.

Pensate a Red Hat come al più grande fornitore di software opensource, capace di fatturare in un anno difficile 750 milioni di dollari e di crescere a due cifre, lavorando con grandi utenti, come quelli dei comparti government, finance e Tlc, colpiti dalla crisi.

La descrizione è di Jim Whitehurst, ceo della società, passato da Milano per incontrare partner e grandi clienti. Come quel Cio di una grande banca italiana, di cui non è dato sapere il nome, che gli ha rivelato essersi convinto che sia giunto il momento di rivedere tutta l’infrastruttura, in logica 2.0 e open.

Il successo di Red Hat, nelle parole di Whitehurst, è da vedersi non tanto nel fatto che Red Hat sia una “Linux company”, quanto nel valore che riesce ad aggiungere alle infrastrutture degli utenti. «I clienti non comprano semplici funzionalità, ma soluzioni, valori, e quello noi diamo». Come? «Investendo milioni di dollari in competenze, certificando i partner, garantendo la continuità di business a cinque nove».

Un futuro roseo, quindi, per Red Hat? «Si, grazie al cloud, che giunge come logica conseguenza di un cammino iniziato con il grid e proseguito con la virtualizzazione. Una metodologia che consente di ritessere le fila dell’ottimizzazione It».

Cloud, una parola sin troppo abusata. «Vero, inflazionata – dice il ceo – . Ma come tutto il business che ruota attorno all’It. Il cloud ha di buono che consente di non ripetere gli errori del passato». Il riferimento al client-server è più che evidente.

Il cloud, secondo Whitehurst, ha la capacità di creare cicli di computing commoditizzati. «Si sa che si spende il 70% del tempo a ottimizzare gli oggetti infrastrutturali, lasciando libero solamente il 30% per ragionare sulle applicazioni di business. Il cloud consente di cambiare radicalmente le proporzioni».

E sempre per rimanere sui temi alla moda, gli smartphone? «Non sono il nostro campo da gioco. Noi ci occupiamo di dare affidabilità a 99,999%».
Affidabilità che attrae anche le autorità. Recentemente Whitehurst si è seduto a un tavolo di confronto con quelle statunitensi, Presidente Obama in primis. Per dire cosa? «Per parlare di lavoro: dobbiamo costruire la forza lavoro del 21esimo secolo. E l’unico modo che credo sia perseguibile è quello dell’istruzione, della scolarità, dell’investimento in competenze atte a sfruttare le enormi potenzialità della banda larga. Bisogna far crescere la conoscenza. Da imprenditore sono disposto ad assumere chiunque, in qualsiasi parte del mondo stia, se ha costruito le competenze giuste».

Un argomento, quello della crescita delle competenze collettive, che appassiona molto il ceo di Red Hat e che giunge in un momento storico in cui, invece, gli investimenti in ricerca e in costruzione di conoscenza stanno purtroppo mostrando la corda.

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