Perché il cloud computing fa bene a Pmi e startup

Dall’immediatezza nelle tempistiche di utilizzo del servizio alla sicurezza legata alla conservazione dei dati. L’amministratore delegato di Aruba, Stefano Cecconi, propone 7 suggerimenti per mettere a frutto tutto il buono della “nuvola”.

Non implica investimenti iniziali elevati, non prevede costi di attivazione, spese nascoste o a consuntivo e permette di creare infrastrutture It e di realizzare ambienti virtuali in cui sia possibile memorizzare dati da condividere in un tempo anche brevissimo.

Riassunti in soldoni, i primi 2 dei 7 punti espressi da Stefano Cecconi, per convincere imprese alle prime armi e piccole e medie realtà imprenditoriali della bontà delle tecnologie cloud, dovrebbero bastare.

Ma il contributo dell’amministratore delegato dell’italiana Aruba, che di mestiere fornisce servizi di Web hosting, email, Pec e registrazione domini, non si ferma qui.
Fermamente convinto che il cloud computing “rappresenti una tecnologia che può contribuire allo sviluppo del Paese”, per Cecconi uno dei maggiori pregi legati a questa modalità di fruizione delle risorse It è “che si taglia su misura del cliente e si rivolge, quindi, a una molteplicità di interlocutori”.

Target privilegiato si confermano, però, le cosiddette startup e Pmi, “che con fatica devono gestire le limitate risorse di cui dispongono e che, ancora più di altri soggetti, devono valutare con estrema cautela ogni investimento volto a far partire ed espandere il proprio business”.

Ecco che, allora, dopo il modello “pay per use” che permette di spendere lo stretto necessario, e l’immediatezza nelle tempistiche, indispensabile per chi debba cavalcare l’onda di un nuovo progetto o di una nuova idea, il terzo dei 7 “imprescindibili” motivi per cui bisognerebbe guardare con interesse al cloud computing riguarda la flessibilità offerta da un servizio scalabile per sua stessa natura.

Definito “perfetto” per chi debba gestire un evento online, in cui è necessario che il server si attivi solo per un determinato lasso di tempo, o per uno store digitale che stia affrontando un periodo di picco, quale ad esempio quello dei saldi, il cloud appare a Cecconi la via da percorrere “per espandere la propria infrastruttura esclusivamente per il lasso di tempo desiderato”.

Ma non solo.
Conservati in appositi datacenter, i dati dell’azienda dispongono di un livello di sicurezza maggiore dettato da ambienti “in cui tutto è certificato rispetto alle normative sulla Privacy italiana e gestito da professionisti”.

Tanto che il quinto motivo che fa pendere l’ago della bilancia verso l’adozione di servizio di cloud computing sarebbe proprio la semplicità d’uso, che si concretizzerebbe anche nella “possibilità di gestire la propria infrastruttura da remoto attraverso la disponibilità di applicazioni per i principali dispositivi mobili in uso”.

Tagliati sulle esigenze di chi ne usufruisce, i servizi “sulla nuvola” si rivelano una grande risorsa anche per il disaster recovery, “in quanto consentono di replicare i propri dati in luoghi sicuri e di accedervi in modalità As a Service, solo quando necessario” garantendo, di fatto, “piena continuità di servizio e capacità di recupero in caso di malfunzionamento hardware, calamità naturale o catastrofe affine”.

Ultimo, ma non per questo meno importante, l’aspetto legato all’assistenza tecnica consente alle aziende che scelgono di ricorrere a una gestione in outsourcing dei propri server da parte di un provider di infrastruttura cloud (guarda a caso Aruba, ndr) di tagliare costi e tempi di manutenzione hardware, dimentichi di “tutte le problematiche a esse collegate”.

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