Aruba, il target è l’enterprise e il cloud è per tutti

La società aretina investe in infrastrutture e in un modello di business che cambierà il modo di lavorare. Ce ne parla Stefano Sordi.

Stefano Sordi è direttore marketing di Aruba e ricopre una carica che prima del suo arrivo non c’era.
Segnale, anche questo, del cambiamento di posizionamento che nel corso dell’anno ha compiuto la società aretina, del quale si può individuare la pietra miliare nell’apertura del nuovo datacenter avvenuta sul finire dello scorso anno.

La nuova struttura con 4mila mq di sale dati dispone di macchine di ultima generazione di Dell, core networking di Cisco, virtualizzazione di Microsoft e Vmware («ma arrivano tutte quelle utilizzate dal mercato», dice Sordi).
Nel complesso, la casa aretina ha due datacenter di proprietà ad Arezzo e uno in Cechia.

Prima Aruba era una società orientata espressamente al mercato retail, con prezzi bassi e servizi di qualità consumer, ci dice Sordi. «Ora il target è l’enterprise – sottolinea -. Abbiamo fatto la storia del web hosting, per utenti singoli e Pmi. Ora si cambia lo stile di comunicazione, si va verso i Cio».
 Per farlo è stata lanciata l’offerta cloud. IaaS per adesso, in un futuro vicino anche PaaS e SaaS. E per fare il doppio salto servono i partner per le applicazioni: «stiamo componendo la squadra per Erp, e-mail e storage», ci dice Sordi.

Finora l’offerta IaaS generalmente è stata di tipo public: creazione di server su infrastruttura piccola, ottima per una Pmi.

Alla Pa e alle aziende più grandi si propone invece private e hybdrid cloud.

Chi capisce il cloud
La proposta IaaS di Aruba ha ingranato dopo l’estate, con Virtual machine attivate nell’ordine del migliaio al mese.
«Mediamente – rivela Sordi – un utente attiva due Vm, il che significa che va creando un’architettura. Che in altri termini significa che ha capito cosa è il cloud».

Perchè da settembre il vento è cambiato? «Stiamo investendo in funzionalità che vengono aggiunte in media di quattto al mese, sulla base del principio della continuous integration». Non solo gestione Cpu, quindi, ma anche macchine su più datacenter, ossia non banale gestione risorse.
«Vedono nella nostra offerta una piattaforma per diverse esigenze», dice Sordi.

E per quanto riguarda la sicurezza?
«La risposta che diamo è che i dati sono nel cloud di Aruba, in un datacenter Tier 4. Ci mettiamo la faccia, ci facciamo garanti. Il cliente non ha più la percezione di un Aruba cheap».

Ma è vero anche che Aruba viene da un’esperienza decennale con cui ha costruito uno zoccolo duro abituato a un certo tipo di fruizione di servizi.
«Abbiamo due milioni di clienti, il 90% in Italia. Ma anche qui ci vogliamo riposizionare. I servizi di hosting verranno soppiantati presto o tardi, dal cloud».
Come? Con il SaaS, dall’e-commerce al site building.

E l’opensource? E Joomla? «Continueremo a gestire i clienti, ma li spingeremo verso le nuove soluzioni cloud – dice Sordi -. L’opensource ha il problema dell’upgrade della piattaforma. Sul nostro nuovo software di ecommerce e di site building lo possiamo fare trasparentemente perchè il software è nostro. Siamo un grande mall di strumenti tecnologici».

E di persone.
«Oggi abbiamo 460 dipendenti, un anno e mezzo fa erano meno della metà. È aumentata la qualità dei profili che cerchiamo, anche taglio business, assumiamo principalmente a Firenze, Parigi, Londra e Francoforte. Arezzo è strategica a livello nazionale, sta metá fra Milano e Roma. Stiamo acquisendo clienti come banche, assicurazioni, Pa».

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