Pa, il nuovo paradigma-rete

Il sottosegretario alle Riforme e le Innovazioni, Beatrice Magnolfi, ha spiegato come la Pa è impegnata a risolvere i molti nodi che ne fanno una realtà arretrata.

Roma

Confermando l’abitudine dei politici di arrivare “puntualmente” in forte ritardo, Beatrice Magnolfi, sottosegretario di Stato del ministero per le Riforme e le Innovazioni nella Pa, ha partecipato a un convegno del Forum Pa di Roma per dare la sua testimonianza su come la Pa sta cercando di innovare per venire incontro alle esigenze dei cittadini, abbattere i divide e stimolare una maggior diffusione dell’approccio digitale.

Magnolfi ha esordito affermando «che in effetti stiamo vivendo un ulteriore salto di paradigma nella gestione di Internet, in quanto la rete ridefinisce tutto. E non si tratta di un nuovo modo per fare cose vecchie, ma di un cambiamento che modifica l’essenza stessa delle cose. Nella fase che stiamo vivendo, quella del Web 2.0, c’è un ulteriore cambiamento nel cambiamento, che ha scenari assolutamente inediti a partire dal fatto che si tratta di un’opportunità unica, che consente il protagonismo degli utenti della rete: il fruitore diventa produttore di contenuti e anche gestore dei suoi, e questo produce un’ondata pervasiva di cui ancora non riusciamo bene a comprendere i contorni, in un’ottica di riorganizzazione completa in molti settori, dall’economia alla politica al rapporto fra poteri dello stato e cittadini».

E questa onda, secondo Magnolfi, di cui la politica non si rende conto, perché c’è un digital divide anche al suo interno, dovrà essere capita al più presto «altrimenti ne saremo tutti travolti». L’aspetto positivo di questa ondata è che accentua il potenziale democratico della rete, che viene dal basso ed esprime da parte degli utenti una inedita voglia di partecipare, di interloquire direttamente con la Pa senza intermediari. Quindi, ancora una volta vediamo che «non è una questione unicamente di Information technology, ma una questione di riorganizzazione e di qualità della democrazia».

Nello stesso tempo Magnolfi riconosce che il Paese sta vivendo un momento di crisi nel rapporto tra politica, e quindi Pubblica amministrazione, e i cittadini, per cui è necessario avviare un rapporto diverso da quello oggi esistente. Per cui è necessario valutare come poter utilizzare il modello culturale della rete per definire nuove forme organizzative, di partecipazione e di rappresentanza, per migliorare.

Infatti oggi sulle imprese gravano i lunghi tempi dedicati ai procedimenti amministrativi, che le tecnologie non hanno ancora ridotto, per cui bisogna passare dall’informatizzazione all’informazione ed è questa la sfida che il governo attuale ha davanti.

Per cui, una volta che si riesce a individuare nelle tecnologie della rete non solo lo strumento per accedere ai servizi in maniera semplificata ed efficace, ma anche uno strumento per partecipare alla vita democratica, sia delle amministrazioni che del processo decisionale, è chiaro che il tema dei divari digitali diventa molto importante.

Sono molti i divari digitali di cui tener conto, peraltro messi in evidenza anche da Nicolais in una delle sue sette linee strategiche, per costruire l’e-democracy. In queste linee si parla di partecipazione, di modelli e di progetti già in corso e Magnolfi ha ricordato che anche questo governo ha rifinanziato, con 9 milioni di euro, 57 progetti già avviati dal governo precedente, e che il Cnipa sta monitorando, dai quali possono venire valide esperienze che possono essere d’esempio per il paese.

«Quindi l’e-democracy è una priorità ma l’altra grande priorità è di avere una Pa misurabile – ha detto Magnolfi – . Oggi si parla tanto di contratto degli statali, il vero tema non è avere tre ore in più, ma la capacità di rispondere alla necessità di modernizzazione del paese da parte delle Pa. Il problema non è punire i fannulloni, ma premiare i migliori, sui quali oggi il sistema ha un effetto deprimente. Noi dobbiamo cambiare l’asse del sistema, mettere il merito al centro, e questo presume che noi siamo capaci di valutare in maniera costante e il più possibile oggettiva chi lavora e il primo parametro non può che essere la soddisfazione dei cittadini. Ecco perché si parla di customer satisfaction, di Citizen relationship management, per individuare modelli di valutazione a cui i cittadini possono partecipare per guidare il buon andamento della Pa».

Ecco perché, nel nuovo decreto di recente approvato dalla Conferenza unificata, nell’indicare le priorità per il sostegno ai progetti delle autonomie locali, la Finanziaria ha disposto 15 milioni di euro per tre anni, individuando quattro priorità, tra cui l’identificazione di modelli di valutazione di servizi che comportano la partecipazione degli utenti.

Ma la Pa trasparente è un’altra grossa sfida di cui si parla poco e che rappresenta una vera emergenza. Non per nulla è stata approvata di recente dal Senato e poi demandata alla Camera, la legge che riguarda il licenziamento di quelli condannati per reati contro la Pa, con sentenza superiore a 2 anni, prima era 3 anni. Una segnalazione della Corte dei conti evidenzia che passano talmente tanti giorni fra condanna penale e procedimento disciplinare della Pa, che alla fine la sentenza va in prescrizione, e i condannati rimangono tranquillamente al loro posto. Questo deve cambiare.

Ultimo tema: rimuovere i divide, che vede l’Italia arretrata rispetto agli altri paesi europei. Sono state individuate varie cabine di regia e c’è una mappa delle esclusioni delle aree non toccate dalla banda larga, dalla quale si scopre che sono escluse zone anche del centro-nord, nemmeno tanto di montagna, e questo è un problema enorme in un’ottica di voler offrire le stesse opportunità di diventare digitali ai cittadini.

Lo sblocco delle frequenze dell’WiMax anche se sarà progressivo, rappresenta già un grande passo avanti e l’autorità sta definendo le linee guida per le frequenze che aprono la strada anche alla partecipazione di nuovi gestori.

Ma il divario digitale esiste soprattutto tra chi non ha rapporti con il mondo del lavoro, e sono tipicamente gli anziani e le casalinghe, che però sono i primi referenti delle famiglie con i servizi della Pa, per cui emerge un problema da risolvere che è anche di natura culturale. Le tecnologie consentono alla Pa di essere unitaria nel back office e molteplice nel front office, per cui sono a disposizione 10 milioni di euro per proteggere queste categorie che, assieme ai giovani, non possono essere escluse.

«Infine c’è anche un divario amministrativo – ha spiegato Magnolfi – che è quello dei piccoli comuni, che non hanno una dimensione sufficiente per garantire servizi adeguati ai cittadini. Per questo stiamo destinando 15 milioni di euro, ma è il primo passo verso un programma che si chiama “Ali” (Alleanze locali per l’innovazione), che secondo modelli già affermati nel privato, dovrebbe consentire ai piccoli comuni di condividere i servizi, per avere una massa critica tale da riuscire a fare innovazione. E questo non significa fare nuovi centri amministrativi, ce ne sono già a sufficienza, ma alleanze».

Infine, sulla multicanalità, per combattere il digital divide, il Cnipa ha avviato un progetto di mobile government rivolto ai gestori, per aiutare i cittadini a cambiare l’utilizzo del cellulare in modo semplice per avvicinarli di più alle nuove potenzialità che il device offre. «Oggi c’è bisogno di convergenza, non solo tecnologica ma anche dei saperi e lo sforzo di tutti deve andare in questa direzione» ha concluso Magnolfi.

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