Dematerializzazione, reengineering e Crm per le banche italiane

Le principali tendenze evolutive delle modalità di utilizzo dell’Ict sono state raccolte coinvolgendo 19 tra banche e grandi gruppi bancari: oltre il 60% del sistema italiano.

Dematerializzazione, non fine a se stessa, ma legata a profonde attività di reengineering dei processi di backoffice; sviluppo dei canali di interlocuzione verso la clientela guardando da un lato al mobile banking e dall’altro al Web 2.0 con relative problematiche di sicurezza connesse a questi due temi, e, infine, ancora forte concentrazione sul controllo e la razionalizzazione della spesa Ict.

Sono queste le priorità per il 2011 delle banche italiane emerse al Forum Abi Lab, che si è tenuto nei giorni scorsi a Milano, durante la presentazione del Rapporto Abi Lab 2011 “Scenario e trend del mercato Ict per il settore bancario”.
In continuità con quanto fatto già nelle edizioni degli anni precedenti, le principali tendenze evolutive del ruolo e delle modalità di utilizzo dell’Ict sono state raccolte coinvolgendo complessivamente 19 tra banche e grandi gruppi bancari, i quali rappresentano oltre il 60% del sistema italiano in termini di presenza di sportelli sul territorio. Tale rilevazione è stata condotta nello scorso febbraio, e quindi i dati esposti sono la fotografia più aggiornata di cui si può disporre oggi per capire cosa stanno facendo le banche italiane.

Iniziando a guardare i risultati emersi, si nota subito come la metà dei progetti d’investimento segnalati come prioritari fanno riferimento all’ambito dei processi interni e alle iniziative di sviluppo dei canali verso la clientela: questi due capitoli raccolgono complessivamente il 57% delle iniziative prioritarie, con una certa prevalenza per quanto riguarda i processi interni.
In dettaglio queste ultime si poggiano su tre pilastri che sono però strettamente interconnessi tra di loro, ovvero le attività di reengineering dei processi, la dematerializzazione dei documenti e l’investimento in tecnologie e soluzioni di business process management.
Come detto le tre cose rappresentano tre passaggi logici, spesso consecutivi, che si rifanno a un unico disegno strategico: il miglioramento delle procedure e delle attività che guarda sicuramente anche a una riduzione dei costi operativi, ma non solo questo.

«La dematerializzazione non è dunque vissuta come una modalità per riprodurre in modo più efficiente i processi esistenti – spiega Romano Stasi, segretario generale di Abi Lab – ma è giustamente inserita in una logica più ampia di rinnovamento, diventando un nuovo fattore abilitante per il cambiamento della banca». Banca che oggi punta all’ottimizzazione delle risorse interne, ma anche all’efficientameno dei processi spingendo fino a dove possibile l’utilizzo di modalità paperless.

Non è un caso quindi che uno dei temi trattati nei workshop del Forum AbiLab siano stati, per esempio, la firma digitale grafometrica e il contratto elettronico, con casi reali in cui le banche hanno dimostrato di essere consapevoli del fatto che se i documenti nascono, e vengono firmati dai clienti su carta il processo di dematerializzazione è più lungo e costoso, di quando invece vengono generati esclusivamente in formato digitale. Certo, tutti sono consapevoli del fatto che prevalentemente le persone preferiscono leggere i documenti importanti su carta stampata, ma questi semmai diventano una opzione del processo e non rappresentano più il fulcro fondamentale intorno al quale sono costruiti i processi della banca.

Sul fronte invece dei canali di contatto della clientela, la loro centralità viene confermata negli elevati livelli di priorità d’investimento riconosciuti per i progetti di rinnovamento dello sportello, nell’aumento della dotazione di strumenti self service in filiale, che oggi non si limitano ormai più al prelievo di contante, ma anche nello sviluppo di iniziative per il mobile banking (i cui utenti italiani oggi vengono dichiarati oltre ai 6 milioni) e il mobile payment e per il miglioramento dei servizi online verso il cliente, ragionando anche in termini di web 2.0.

Una seconda conferma viene dal crescente impegno dichiarato dalle banche italiane per la realizzazione di progetti relativi a Crm e intercanalità, per i quali rispetto al 2010 quest’anno si registra un notevole incremento nel numero di soggetti che segnalano tali attività come prioritarie.
Si nota anche in questo ambito, ma anche per quanto riguarda tutte le attività di relazione con i clienti che si sviluppano sul Web, una maggiore focalizzazione sul tema delle metriche da utilizzare per tenere sott’occhio i risultati di queste attività, che risultano ormai una componente fondamentale del business.
Siamo quindi oltre al Crm analitico che aveva in passato integrato applicazioni di business intelligence sulle attività operative per capire cosa stavano facendo i clienti. Anche in questo caso, quindi, gli obiettivi sono stati rifocalizzati più precisamente sull’ottenimento di risultati di business, perchè come ha detto un manager bancario intervenuto: «Gestire un sito internet è ormai un business esattamente come tutti gli altri, abbiamo perso la ‘e’ di e-business, che in passato ci aveva un po’ confinato in un mondo a parte».

Forse è presto per dire che quest’anno assisteremo a una nuova esplosione del Crm nelle banche italiane, ma certamente qualcosa è cambiato nell’approccio al tema, come dimostra anche la volontà di potenziamento dei canali verso la clientela corporate.

Infine nel 2011, si registrerà una frenata degli investimenti riguardanti il grande tema della compliance, che negli anni scorsi l’aveva fatta un po’ da padrone. Le banche italiane vogliono tornare a fare business in modo più efficace e non sembrano molto interessate a riaprire il fronte su Basilea, come invece alcuni regolatori a livello europeo avevano ipotizzato qualche mese fa.

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