Cisco: l’intelligenza è pane per la rete

Stiamo parlando di un business da 14.400 miliardi di dollari in dieci anni. In mezzo c’è anche un fog computing per portare qualsiasi cosa su Ip. A patto di metterci mano con il software.

Per dirla con le parole di Agostino Santoni, ad di Cisco Italia, «l’innovazione oggi non può essere solo di prodotto o servizio, ma deve essere parte del fare azienda, anche con i partner».
Trasponendo la logica nell’attualità, per esempio, il fatto che Cisco sia Official Global Partner di Expo 2015, che per la società dovrà essere uno showcase tecnologico, servirà anche a portare la tecnologia alle altre città italiane: «daremo un forte contributo alla digitalizzazione del paese. Per innovare i processi di business: non abbiamo mai visto tante opportunità di business come oggi».

L’impegno di Santoni e dei suoi: semplificare la complessità.
E di complessità ce n’è tanta: antica e nuova, come quell’Internet delle cose che è foriera di sviluppi, ma anche di nuove necessità di gestione.

Il fog computing per l’Internet delle cose
Lo spiega bene il valtellinese d’America Flavio Bonomi, Head Advanced Architecture Research di Cisco Corporation, che sottolinea come il protocollo internet stia penetrando in verticale nelle attività di tutti i giorni.

L’Internet of Everything, come la chiama Cisco, è una cosa che nel mondo varrà nel giro di in dieci anni 14.400 miliardi di dollari. Nel 2013 cuba 1.200 miliardi: già realizzati 613, ne mancano da fare quest’anno 544.

Al momento, però, la rete è ancora dumb, si occupa troppo di trasporto tout court.
Occorre invece, per Bonomi, che l’intelligenza ritorni alla rete, in modo più distribuito.

Ecco allora nascere il concetto di Fog computing, come complemento al cloud: è l’intelligenza da mettere in quello strato di field area network, vicina ai dispositivi, che fa da mediatrice verso il datacenter.
Una rete, insomma, che richiede intelligenza per le applicazioni e fa tornare alla luce quel concetto, caro ai visionari anni 90, che dice che dalla rete nasce il computer.

Il Software defined networking è il futuro

Come fare lo spiega Paolo Campoli, Cto di Cisco Europe: la rete può essere una piattaforma, valida non solamente per il trasporto.
Deve, insomma, essere disegnata via software.

Fare del Software Defined Networking, allora, vuol dire rendere le reti programmabili.

Si separa intelligenza dal trasporto, poi si astrae la complessità della rete, infine si espongono le Api per programmare la rete.
I pilastri di questo concetto sono quattro: il controller è logicamente disaccoppiato dal trasporto e può essere in cloud; l’esposizione delle Api di rete servono a richiedere servizi, con qualità, prossimità, logiche di business; i router Ip parlano con il controller tramite un agente software; il protocollo è unico: OpenFlow.

E, cosa importante, lo stesso schema deve essere utilizzabile nel datacenter e nella rete pubblica, nel cloud.
Per carrier, provider ed enterprise.
Lo risposta di Cisco è One, un’architettura che integra i principi Sdn e porta la rete verso le applicazioni, la rende programmabile per estrarre informazioni, renderla adattativa.

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