Reply fa il crowdsourcing all’italiana

La società mette a disposizione delle aziende Starbytes, piattaforma cloud e community con già oltre 22mila professionisti Ict.

Reply ha aperto la propria piattaforma di crowdsourcing Starbytes, mettendola a disposizione delle imprese italiane che intendono avvalersi dello strumento per sviluppare progetti, prodotti digitali e servizi.

Creata a febbraio 2011 come servizio di lavoro on line riservato al network Reply, Starbytes oggi ha una community certificata di oltre 22.000 professionisti registrati.
I cosiddetti starbyters sono da un lato creativi, web designer e copywriter, dall’altro professionisti Ict. Tutti italiani.
La community, a oggi, ha elaborato più di 117mila proposte e realizzato oltre 300 progetti.

Come funziona
Su Starbytes un’azienda si registra e può pubblicare la propria richiesta di task, con i dettagli per la realizzazione, le funzionalità operative, gli obiettivi di comunicazione (nel caso del progetto marketing) e di budget.
Le aziende possono poi visualizzare on line le offerte che arrivano dai membri della comunità, selezionare quelle in linea con le proprie aspettative e assegnarne infine la realizzazione.
Bacino d’utenza potenziale sono le Pmi. Ma a Reply interessano le grandi aziende, a cui rivolge il servizio Club Starbytes, ovvero la possibilità di utilizzare la piattaforma come abilitatore tecnologico di crowdsourcing, personalizzando immagine e funzionalità, con supporto per la gestione dell’iniziativa, dalla progettazione alla manutenzione del servizio.
Lo usa già H3G con Appsquare, un servizio rivolto a chi intende proporre un’idea per realizzare applicazioni smartphone e tablet.

Perché e per chi il crowdsourcing in Italia
Per il Cto di Reply, Filippo Rizzante, oggi ci sono due modi di fare crowdsourcing, «uno su professionisti It, l’altro sulla creatività digitale.
Ma se posti una richiesta di un lavoro sulle piattaforme internazionali già esistenti, 98 volte su 100 ti risponde un indiano o un cinese e a costi bassissimi, improponibili per un professionista italiano.
Quindi si tratta di fare una community italiana a costi italiani, con gli stessi riferimenti culturali, gestendo concorsi e bandi
».

Per i primi, spiega Rizzante, il lavoro per essere pagato deve essere concluso: vince il migliore. Per i bandi si aziona un meccanismo d’asta, tipo ebay, in cui vince la miglior offerta che rispetta i requisiti.
La contrattualistica è italiana ed è generata automaticamente, con contratto d’appalto, per partita Iva o prestazione occasionale, e gestione automatica della firma.
Il bando si apre con il versamento dei soldi in paypal, pertanto il lavoratore sa che i fondi ci sono.
Quando l’azienda cliente ottiene il lavoro soddisfacente, il prestatore d’opera viene pagato.

Community numericamente in crescita

A Starbytes, rivela Rizzante, si aggiungono 100-150 professionisti a settimana. Oggi sono 22.138, «pochi rispetto agli 800mila impiegati nel settore Ict in Italia», osserva il Cto.
Vi si registrano professionisti indipendenti (partite Iva) e dipendenti. In questo caso non possono lavorare per Starbytes per piu di 5mila euro annui, con prestazione occasionale.

I task devono essere realizzabili da una singola persona: si va da 4mila euro per un progetto di una certa complessità a 200 euro per task semplici, tipo il test di una applicazione.

Su tutte le operazioni Reply riceve una fee del 20%.

La piattaforma gira su Amazon. Le idee che non vincono il contest rimangono lì, nel crowd, e la community lo sa: non si possono copiare. Si lavora sulla base della cessione dei diritti di proprietà intellettuale.
Azienda cliente e lavoratore non si incontrano, ma hanno un contratto certo e pagato. Ognuno lavora con le proprie strutture. Ma al momento dell’ingaggio si possono sentire per il durante della gestione del lavoro.

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