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Industria 4.0 IBM ha il piano

È un articolato documento di 32 pagine quello con il quale IBM presenta la sua visione su Industria 4.0 nel nostro Paese. La sua visione, ma anche il suo approccio metodologico, oltre che tecnologico.
Il documento, “un intellectual capital di IBM” viene definito, è stato presentato a Milano da Enrico Cereda, amministratore delegato di IBM Italia, Stefano Rebattoni. General Manager, Global Technology Services, e Massimo Zocche, Industry Solutions Manager a poche ore dall’intervento di Davos, nel corso del quale anche la CEO della società, Ginni Rometty, ha acceso il riflettore sull’importanza della quarta rivoluzione industriale.

La declinazione, nel nostro caso, è davvero tutta italiana. E non è solo perché il documento già nel titolo programmaticamente si rivolge al Made in Italy (Ripensare il Made in Italy nell’Era Digitale – Il punto di vista di IBM per accompagnare le imprese italiane verso l’Industria 4.0), ma perché, come sottolinea Cereda, quest’anno la società compie i suoi primi 90 anni nel nostro Paese: “Lo conosciamo. Conosciamo il territorio. Conosciamo le imprese”.

Un approccio pragmatico a Industria 4.0

L’approccio è pragmatico: “Le tecnologie degli ultimi dieci anni – ha esordito Cereda – non hanno avuto impatto sull’industria e in particolare sul manifatturiero. Per questo oggi siamo di fronte a una opportunità unica”.
Il momento è perfetto, grazie a tre elementi concorrenti.
Il primo è naturalmente il Piano Calenda.
“Da quanto tempo non si vedevano 13 miliardi di investimenti, iperammortamenti, crediti di imposta. E tutto questo adesso”.
Già, perché il piano guarda al 2017. Si potrà arrivare al massimo al primo semestre del 2018 con l’acquisto dei macchinari, ma la finestra temporale è questa.
Il secondo è il quantitative easing e anche in questo caso si parla del 2017; non ci sono garanzie che possa essere esteso oltre l’anno.
Il terzo sono naturalmente le tecnologie, Cloud, Intelligenza Artificiale, Analytics, Social, tutte ormai a uno stadio di maturità più che avanzato.
“Sono spinte convergenti – le definisce Stefano Rebattoni -. Questi elementi vengono calati sul tessuto industriale e manifatturiero italiano. IBM ha esperienza di questo tessuto, ha la capacità di mettere a terra tecnologie e competenze”.
Zocche cita il caso John Deere, nel quale IBM sta dando il proprio contributo verso una fabbrica a zero difetti, cita un’azienda manifatturiera del Nord-Est, che a breve annuncerà un nuovo frigorifero intelligente nel quale c’è tecnologia IBM, cita Car2Go.

Dalla tecnologie ai modelli di business

“Non si tratta solo di tecnologia: aiutiamo le aziende a cambiare il loro modello di business”.
E l’obiettivo cui tendere è quello nel quale si potrà ragionare non dell’acquisto di macchine, ma di tempo d’utilizzo delle stesse.
Una logica as a service che si sposta verso il mondo produttivo.
La sua carta IBM se la gioca anche e soprattutto sul cognitive.
“Nel manufacturing è dirompente: solo una minima parte delle conoscenze in una azienda si trova in un database. Il resto è non strutturato: si trova nei manuali, nelle procedure, nelle persone”.

Le opportunità di Industria 4.0 per le Piccole e Medie Imprese

“Siamo un Paese di piccole e medie imprese – riprende Cereda – che oggi hanno l’opportunità di fare il salto, grazie anche al supporto dei nostri Business Partner. Noi rendiamo le tecnologie accessibili, i nostri centri di competenza mettono le tecnologie a supporto del sistema-Paese; i nostri partner hanno invece il compito di seguire tutta la trasformazione digitale delle imprese”.
Al tema Industria 4.0 IBM dedica 700 risorse, a breve verrà inaugurato il Watson IOT Centre di Monaco di Baviera, ci sono i Client Experience Centers.

L’approccio metodologico

Ma soprattutto la società dedica un approccio metodologico.
“Noi suggeriamo una architettura di riferimento aperta, suggeriamo un approccio agile, secondo i tre passaggi fondamentali, Think Big, Start Small, Scale Fast, suggeriamo un cambiamento culturale”.
E poco importa se il Piano Calenda non prevede incentivazione per le tecnologie as a service: “Credo sia stato fatto perché il Ministro ha ragionato in una logica di semplicità. Ma non è un problema: l’importante è portare in iperammortamento non la singola soluzione ma il progetto complessivo”.
Il che, per altro, risponderebbe anche alla logica di approccio cui si richiama la società nel suo documento.

Ventiquattro mesi di tempo

C’è comunque urgenza: non si può restare alla finestra a guardare. La partita va giocata adesso e si gioca nei prossimi 24/36 mesi. E che per molte piccole e medie imprese italiane sia in gioco la sopravvivenza non è una iperbole.
IBM per sé vuole un ruolo di services integrator: vuol dire capacità di mettere insieme anche le tecnologie di altri, vuol dire essere parte del digital innovation hub previsto dal piano Calenda, significa mettere a punto dei casi d’uso, dei semilavorati, che servano per le aziende di uno stesso settore o filiera.
Le aziende di riferimento cui si rivolge sono, oltre all’agrifood e all’automotive più volte citate nel corso dell’incontro, “tutte le aziende di processo, perché sono abituate a lavorare con il dato, ma anche tutto quell’universo di artigianato industrializzato che costituisce l’ossatura del Paese”.
I lavori sono già in corso.
“Ufficialmente siamo partiti il 21 settembre con il Piano Calenda, anche se in realtà sono temi che da tempo affrontiamo con le imprese. Oggi parliamo di qualche decina di progetti in corso, am vorremmo arrivare a centinaia si success stories, magari individuando per ciascun settore un capofiliera con cui mettere a punto dei casi d’uso

 

A questo link il documento integrale di IBM su Industria 4.0

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