Tre mosse per convertire l’abbandono del carrello online

Per Webtrens la semplice attività di reporting non basta più. Le Web analytics come valido strumento per dati immediatamente utilizzabili sul comportamento dei clienti.

È una perdita di opportunità di fatturato pari 18 miliardi di dollari all’anno quella stimana da Forrester Research analizzando la percentuale di consumatori che, connessi a Internet, abbandonano il proprio carrello invece di portare a termine l’acquisto.

Stando a quanto reso noto dalla società di analisi l’87% dei consumatori abbandonerebbe il carrello e il 70% lo farebbe subito prima del check out.

Un’interpretazione al fenomeno l’ha tentata comScore nel 2012 con Online Shopping Customer Experience Study, un’indagine condotta da eMarketer su 2.625 acquirenti online negli Stati Uniti mettendo in evidenza una serie di motivazioni nel tentativo di inquadrare meglio il fenomeno.

Tra queste, l’intenzione espressa dagli intervistati di farsi solo un’idea dei costi (57%), tallonata dalla volontà di salvare il carrello per un acquisto futuro (56%), da costi di spedizione troppo alti (55%), ma anche dall’importo insufficiente per la spedizione gratuita (51%) e dai costi di spedizione comunicati dal merchant solo all’ultimo passaggio (40%).

Non mancherebbero, inoltre, ragioni di tipo comportamentale, come l’intenzione di utilizzare il carrello online come lista della spesa da effettuare in un secondo tempo presso lo store fisico, oppure la volontà di confrontare i prezzi con quelli di un sito Internet concorrente, o come wish list in attesa di eventuali offerte e ribassi.

Alla luce di queste considerazioni l’email remarketing emergerebbe come strumento principe in grado di arginare il tasso di abbandono che colpisce gli acquisti online.

Non c’è solo l’email remarketing
A quanto pare, però, chi è interessato a lavorare per migliorare il tasso di conversione sul proprio sito di ecommerce deve prestare attenzione a “tempistica”, “frequenza” e “personalizzazione” del servizio offerto.

A dirlo sono i risultati di due diversi studi condotti dal Massachusetts Institute of Technology, che hanno dimostrato che il 90% dei lead si “raffredda” nel giro di un’ora e che la maggior parte dei clienti che ha intenzione di comprare lo farà nell’arco di 12 ore, quando le azioni di remarketing hanno maggiori possibilità di raggiungere con successo l’audience che ha riempito e poi abbandonato il carrello.

Ugualmente importante è, poi, la frequenza con la quale i messaggi di posta elettronica vengono inviati. Ne è convinta Listrak che, a proposito delle azioni intraprese dagli Internet Retailer, ha condotto un’indagine da cui è emerso che il 19% invia almeno un’email agli acquirenti che non portano a termine la transazione evidenziando, al contempo, che un numero sempre maggiore di retailer opta per l’invio di una serie di messaggi, anziché di un’unica missiva elettronica.

Vero è che il remarketing non riguarda solo ciò che era nel carrello quando è stato abbandonato, ma anche cos’altro l’acquirente ha visualizzato durante la sessione.
Il suggerimento è, dunque, di porre attenzione anche a questi aspetti offrendo spedizione gratuita o uno sconto aggiuntivo per rendere irresistibile l’acquisto.

Anche perché è dimostrato che, quando gli acquirenti tornano al carrello, lo fanno aggiungendo nuovi prodotti.

Web analytics per interpretare il comportamento dei consumatori
Accade così che, se sono gli strumenti di analisi a fornire tutte le informazioni che servono per l’email retargeting, è altrettanto vero che, oggi, le analisi Web sul comportamento dei visitatori sono chiamate a soddisfare esigenze molto differenti anche solo rispetto a pochi anni fa.

Ne è convinta Webtrends per la quale, “i nuovi scenari impongono agli strumenti di analisi un’evoluzione e richiedono la capacità di rivelare il comportamento del singolo visitatore mentre si trova sul sito o immediatamente dopo l’abbandono e di fornire informazioni dettagliate sul livello di interazione dell’utente, al fine di classificarlo come candidato per il retargeting”.

Dunque, misurare le azioni specifiche di conversione non basta. Occorre comprendere anche il coinvolgimento del visitatore durante la sessione, analizzando il comportamento nelle visite precedenti.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome