Piccolo ma rischioso?

Un gruppo di ricercatori sostiene che i chip Rfid possono essere veicolo di virus.

Durante un incontro fra accademici che si è tenuto a Pisa, alcuni ricercatori olandesi hanno presentato una relazione con cui hanno sostenuto che è possibile infettare una piccola porzione della memoria di un chip Rfid. Lo riporta, con sufficiente enfasi, il New York Times.

Stando alle conclusioni a cui sono addivenuti i ricercatori del dipartimento di computer science della Vrije Universiteit di Amsterdam, dunque, anche il riconoscimento a radio frequenza non sarebbe esente dalle problematiche di sicurezza che riguardano tutto il resto dell’industria It.

Sinora si era ritenuto che non fosse possibile fare veicolo di infezioni i 128 caratteri di informazioni contenuti nei chip Rfid. Invece secondo gli olandesi anche i piccoli tag sono vulnerabili e possono contaminare i sistemi di tracciamento che li utilizzano.

Il team di ricerca ha elaborato anche delle contromisure per la protezione dei chip rfid dagli attacchi, pubblicando i resoconti sul sito rfidvirus.org.

Fa parte del gruppo di lavoro anche Andrew Tanenbaum, uno dei creatori di Minix, ovvero il sistema operativo basato su architettura microkernel poi divenuto open source.

Cosa importante: i ricercatori non hanno utilizzato software Rfid commerciale per arrivare a dimostrare la vulnerabilità dei chip e la trasmissibilità del malware ai sistemi di tracciamento, ma hanno creato repliche.

La vulnerabilità più comune riscontrata è quella del buffer overflow.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome