Oracle mette il cloud “in scatola”

In apertura dell’edizione 2010 di OpenWorld, Larry Ellison chiarisce la sua visione sul cloud: non è un’applicazione. E nella “nuvola” la tecnologia Sun sa ben esprimersi.

San Francisco

Chi si aspettava un keynote un po’ piccante con riferimenti diretti o meno alle non ancora sopite diatribe che hanno accompagnato l’approdo di Mark Hurd in Oracle, dopo le dimissioni da Hp, sarà forse rimasto stupito.
Perché Larry Ellison, che pure è salito sul palco della sessione inaugurale di Oracle OpenWorld 2010 dopo due top manager Hp, tra cui Ann Livermore, accreditata come possibile successore di Hurd al ruolo di Ceo, ha lasciato da parte ogni polemica ed è andato dritto al sodo.
Ovvero al cloud.

Anche per Oracle il cloud è argomento caldo, anzi caldissimo, se pure con qualche distinguo, che Ellison tiene a fare in apertura di sessione.

«Non è certo una novità
– sostiene – anzi, semmai è un fenomeno reborn e rebranded, rinato e ridenominato. Soprattutto, il cloud non è un’applicazione».

Convinto sostenitore dell’idea di private cloud, Ellison ne ha annunciato a San Francisco la declinazione che nasce dall’unione delle forze di Oracle e Sun.

Si chiama Oracle Exalogic Elastic Cloud e Larry Ellison la definisce cloud in a box: un insieme di hardware e software in grado di far girare applicazioni Java e non-Java.

Trenta server e 360 core costituiscono il cuore della soluzione, insieme a una struttura di rete Infiniband, storage allo stato solido, WebLogic Server, middleware Java e sistema operativo Solaris oppure Linux.

È una soluzione adatta a implementazioni di classe enterprise, in grado di gestire migliaia di applicazioni con diversi livelli di prestazioni, sicurezza e affidabilità, dunque indirizzata ad attività di datacenter consolidation.
Integra la Oracle Virtual Machine, oltre a un buon mix delle tecnologie chiave della società: da JRockit a HotSpot, da WebLogic alla soluzione di caching Coherence che sincronizza la logica creando l’illusione che vi sia un sistema centrale di memoria.

Il sistema ha le migliori performance Java di sempre, sostiene Ellison, è fault tolerant, scalabile, sicura e di facile manutenzione, tanto che consente di effettuare il patching o l’aggiornamento del software sull’intero sistema semplicemente scaricando un solo file dal sistema Oracle.

Buone le prestazioni («Il sistema è in grado di gestire 1,8 milioni di messaggi al secondo») e i prezzi («Costa quattro volte meno del miglior server Ibm»).

Per quanto riguarda invece il sistema operativo, anche sul fronte Linux ci sono novità. Oracle abbandona di fatto la distribuzione Red Hat sinora utilizzata, considerata troppo arretrata. Un limite che Oracle non può oggi permettersi, e che dunque ha deciso superare rilasciando un proprio kernel: Unbreakable Enterprise Kernel si chiama.
E il nome è gia una dichiarazione di intenti.

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