I fornitori Ict italiani “costretti” a specializzarsi per fare fronte alla concorrenza internazionale. Penalizzati dalle dimensioni ridotte e dalla mancanza di finanziamenti per lo sviluppo
Dicembre 2007
Nell’epoca della globalizzazione dei mercati, il Made in Italy diventa ormai, per molti prodotti, un bollino che vuole evidenziare una “diversità” nell’offerta generale. Una sorta di “marchio di qualità”, quasi un Doc, un Dop, per sottolineare la bontà degli ingredienti, l’accuratezza nella preparazione, l’eccellenza nello stile, ed emergere nel mare magnum delle proposte internazionali. Ancora di più oggi, che con “l’invasione cinese”, si sente la necessità di distinguersi da prodotti e fornitori che si propongono con un’offerta a prezzi estremamente concorrenziali.
E la particolarità italiana la si riscontra e la si esalta in settori quali la moda, il design, i prodotti di lusso, lo stesso discorso può valere anche nel settore della fornitura tecnologica?
In questo ambito, quali sono i punti di forza e le difficoltà di proporsi ai clienti come alternativa alle aziende internazionali? Quesiti e riflessioni che Computer Dealer&Var ha voluto proporre a un gruppo di operatori Ict, tricolori di nascita e di cultura commerciale, riuniti in una tavola rotonda tenutasi presso lo stand della nostra casa editrice Il Sole 24 Ore Business Media in occasione dell’ultimo Smau. E, praticamente in maniera unanime, il messaggio che ne è uscito è che le aziende italiane, anche nell’informatica, riescono a essere valorizzate, o anche solo a sopravvivere, se si concentrano su nicchie particolari di mercato o di soluzioni.
Il valore del contatto umano
Affrontare i mercati verticali è usuale per Computer Var, rivenditore a valore di Empoli parte del gruppo Computer Gross, che il direttore marketing Gino Bolla definisce come «azienda Made in Italy che va sul Made in Italy, vivendo quotidianamente a contatto con i distretti industriali del nostro Paese. La nostra natura è di integratori, sia di software, sia di servizi, e ci proponiamo alle aziende in veste consulenziale, un approccio che impone di parlare lo stesso linguaggio dei nostri clienti, conoscere il loro mercato di riferimento e vivere anche le “disgrazie” del loro settore. E sapere quando fanno cose nuove, per potergli stare vicino ed essere propositivi con soluzioni adeguate alle loro esigenze».
A proposito di linguaggio, Alias, in qualità di distributore, assume un ruolo importante nel fare interfacciare i vendor stranieri con i dealer italiani, esprimendo la sua “italianità” proprio nel rapporto commerciale che instaura con i suoi clienti.
«Noi rappresentiamo il trait d’union tra le realtà produttive (e poche di loro sono italiane) e il mercato – dichiara Roberto Riccò, responsabile commerciale del distributore di Udine specializzato sull’offerta di Internetworking -. Di tali brand ci occupiamo sia della distribuzione, sia, per alcuni di essi, di sviluppare il mercato nostrano per conto di vendor che non hanno presenze locali. Questo comporta un lavoro di vera e propria traduzione. Sia nel senso letterario del termine, per quanto riguarda il materiale informativo, sia in quello culturale, di adattamento delle strategie che sono state previste per il mercato internazionale alle peculiarità del mercato italiano. E il fatto di essere dei distributori a valore e di essere di dimensioni contenute, ci consente di mantenere un rapporto interpersonale stretto con i nostri rivenditori, aspetto cui prestano molta attenzione».
Piccoli ma riconoscibili sul mercato
È vero, dimensioni troppo grandi delle aziende, anche quando sono italiane, rendono difficoltosi i rapporti. Lo dice Alberto Clavarino, amministratore delegato di Soloinrete, azienda genovese dedita all’internetworking che, in quanto partner di Telecom Italia, qualche volta trova difficoltà a relazionarsi con un’azienda di tal mole. «Ma essere focalizzati su delle nicchie porta alla riconoscibilità da parte del mercato anche se non si è dei colossi – dichiara Clavarino -. Noi siamo una trentina di persone, ma le nostre soluzioni stanno avendo riscontro tra le aziende. Ultimamente ci stiamo concentrando su un motore di ricerca per le aziende (SirSearch) e su Web Tv interattiva (Videoplaza Web Tv), strumenti che grazie al traino avuto dal consumer, stanno entrando anche nelle aziende».
Parla di nicchie e di mercati verticali come tra i pochi spazi rimasti profittevoli per le aziende italiane anche Lorenzo Zubani, presidente di Elettrodata, azienda con la doppia anima di produttore e di distributore. Una peculiarità che, quando c’è mare mosso sul mercato, aiuta a resistere. «È dura riuscire a dire la propria con i Big. Nonostante, poi, tanto piccolini non siamo, essendo il secondo integratore italiano, dopo Olidata e producendo circa 70mila macchine l’anno. Ma competere con i nomi internazionali è ormai molto difficile. Per anni abbiamo puntato sul design, ma oggi anche i vendor cinesi cavalcano questo aspetto, e non è più distintivo. Continuiamo a fare progetti e brevetti, ma non abbiamo alcun supporto da parte delle istituzioni, che sembrano avere delle remore verso i server italiani. Anche le Pmi, dalle quali ci aspettavamo molto con l’arrivo di Vista, si sono poi frenate con i primi problemi di configurazione. Sopravviviamo con prodotti di nicchia, di fascia medio alta e con design particolari, oppure su pc industriali per mercati verticali. E poi, altre soddisfazioni arrivano dalle gare d’appalto, oppure dall’assemblaggio per conto terzi, perché anche i piccoli assemblatori stanno facendo fatica a resistere. Alla fine, poi, ci si riduce a essere dei distributori e a dare consulenza. Ormai dei 120 milioni di euro del nostro fatturato, tra il 60 e il 70% deriva dalla distribuzione».
«La nicchia, per noi, non è un ripiego, ma un modo di operare che risponde alle esigenze del mercato cui ci rivolgiamo – interviene Bolla di Computer Var -. Le Pmi nostre clienti stanno cambiando la loro offerta, i servizi e l’organizzazione, e vogliono essere seguite in questa evoluzione con soluzioni sempre più verticali sul loro business. Ci chiedono soprattutto di razionalizzare l’informatica che hanno in casa, di età di brand diversi, apprezzando gli strumenti che tendano al consolidamento e sono molto sensibili verso la sicurezza, sia dei dati, sia delle reti. Ma soprattutto vogliono strumenti che siano velocemente implementabili, comprensibili e a basso costo. E proprio su queste riflessioni si basa la nostra offerta, che cerchiamo di proporre col presidio del territorio. Questi clienti si affidano molto alle referenze, chiedono credenziali concrete e le nostre case history sui loro settori diventano degli strumenti semplici da comprendere, perché esemplificative di esigenze risolte». I casi di successo sono considerati un buon lasciapassare anche per Elettrodata, che ribadisce la necessità di trovarsi degli spazi dove essere riconoscibili: «La specializzazione è una strada obbligatoria per un’azienda delle nostre dimensioni – riprende Zubani -. E poi dà la possibilità di aggiungere valore all’offerta. Più la tecnologia è complessa e più il mercato ha bisogno del nostro supporto. Anche dal punto di vista della distribuzione, è la consulenza che ci differenzia dai box mover».
Finanziamenti: miraggio per le Pmi dell’Ict
«Per gli operatori di dimensioni ridotte che vanno sulle Pmi lavorare in una nicchia di mercato è l’unico modo per sopravvivere – si dichiara d’accordo Clavarino di Soloinrete -. Il fatto è che in Italia le medie aziende non esistono. Poche sono grandi e le altre sono piccole, e assetate di aiuti finanziari. Oggi, invece, il sistema creditizio per le aziende è praticamente inesistente. Dall’Europa arriva poco e ora ancora meno, con il dirottamento degli stanziamenti verso i nuovi Paesi entrati nella Comunità. Certo le grandi aziende dell’informatica italiana non fanno fatica ad avere finanziamenti. Le varie missioni economiche che i governi organizzano in Cina o in Paesi dai mercati emergenti sono fatte ad hoc per “i soliti noti”. Per i piccoli, invece, che hanno maggiore bisogno di finanziamenti, non arriva mai nulla». «Da noi, per progetti particolarmente interessanti, la Regione offre dei finanziamenti – ribatte Riccò di Alias -. Ma c’è da considerare che siamo in Friuli, una Regione autonoma, e in quanto tale particolarmente attiva e sensibile allo sviluppo del territorio». Oppure gli stanziamenti sono per progetti che poco hanno a che fare con l’informatica. E c’è chi si adatta. «Dall’Europa sono arrivati dei fondi per l’ambiente – avvisa Zubani -, e grazie a questi stiamo costruendo in Sicilia una fabbrica per lo smaltimento dei materiali elettronici». E qui sta il punto: continuare da soli, senza aiuti esterni, a tentare di trovare o mantenere uno spazio nel mercato o diversificare il proprio business, con attività inerenti, o meno, l’Ict, cercando di trovare il giusto bilanciamento che garantisca non tanto la crescita ma, per alcuni, addirittura la sopravvivenza.
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