I chip obbligano Ibm a 600 licenziamenti

Per far fronte al difficile momento che sta attraversando la divisione semiconduttori, la società ha deciso di tagliare i costi riducendo ulteriormente il personale. “Presa di mira” soprattutto una delle più datate fabbriche Usa

19 agosto 2003 Le incoraggianti previsioni di
Gartner in relazione al mercato dei microprocessori (+11,2% per l’anno solare in
corso) non sembrano destare grande fiducia in Ibm. La società ha infatti deciso
di licenziare 600 dipendenti in forza alla divisione
semiconduttori e di mandarne altri 3.000 in “vacanza” per una settimana senza
stipendio. I licenziamenti riguarderanno principalmente la fabbrica di chip a
Burlington nel Vermount (500 persone), ma toccheranno anche le facility di
Austin nel Texas, di Raleigh nel North Carolina, di Rochester nel Minnesota e di
East Fishkill nello stato di New York.


L’obiettivo di questa mossa strategica è di limitare i costi per porre in
qualche modo rimedio alle perdite che sta accumulando la divisione
semiconduttori di Big Blue. Nell’ultimo trimestre, il Technology Group, che è
essenzialmente formato dalla divisione semiconduttori, ha infatti dichiarato un
passivo prima delle tasse di 111 milioni di dollari, ovvero
circa 100 milioni di dollari in più di quanto pronosticato dagli analisti. In
pratica, nonostante i 1.500 licenziamenti operati lo scorso anno, la unit non è
riuscita a invertire la tendenza che l’ha portata a perdere oltre un miliardo di
dollari nel 2002. Ecco quindi la decisione di tagliare ulteriormente i costi. Va
però precisato che i responsabili dell’azienda non hanno dato un’idea dei
risultati che si aspettano di ottenere da questo nuova mossa.


Forse qualcuno potrà chiedersi da cosa deriva tanta attenzione nei confronti
di un business che per Ibm rappresenta circa il 3% del proprio fatturato
globale. La risposta sta nel fatto che Big Blue reputa quello dei
microprocessori come un mercato strategico, in quanto i suoi
chip sono alla base del funzionamento dei suoi computer più prestigiosi,
mainframe inclusi. E quindi la competenza e la competitività nel settore
rappresentano uno strumento determinante nei confronti dei concorrenti. Non
dimentichiamo poi che Ibm realizza microprocessori anche per altre aziende o che
sono usati in computer di altre società.. Un esempio per tutti: le Cpu
all’interno dei Power Mac G5 sono realizzate nella fabbrica di East Fishkill.


Ed è proprio su fabbriche nuovissime come quella nei pressi
di New York che punta Ibm, per dar vita a chip più avanzati, in
grado di consentire prezzi, e quindi margini, più rilevanti. In questo senso,
fanno notare gli analisti, facility più datate come quella nel Vermount non
consentono a Big Blue di avere un elevato grado di competitività e quindi la
decisione di orientare i propri sforzi in altre direzioni potrebbe risultare
vincente.


D’altra parte, come si diceva all’inizio, per il mercato dei microprocessori
è prevista una crescita sensibile, di cui sembrano già beneficiare i più
importanti costruttori. Da ciò consegue che il difficile momento che sta
attraversando la divisione semiconduttori di Ibm dà l’impressione di dipendere
più da un determinata condotta strategica che non all’andamento generale del
settore. Va da sé, concludono gli analisti, che il colosso di Armonk deve
trovare una soluzione al proprio interno e quella di rivedere
il proprio modelli di business è sicuramente una via corretta.


Ai 600 licenziati, Ibm lascerà due mesi di tempo per poter cercare un’altra
collocazione all’interno dell’azienda. Ricordiamo che attualmente il Technology
Group annovera 17.000 dipendenti al livello mondiale.

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