I big data non sono una rivoluzione

Sono il prodotto della confluenza di tre fattori. Lo pensa Fabio Pascali di Emc. Che spiega: sono una sfida e un’opportunità, da affrontare cum grano salis.

I dati recenti rilasciati da Idc evidenziano un tasso di crescita del mercato dei big data pari al 40% annuo.
E secondo Fabio Pascali, Sales Manager per i Top account del Nord Italia di Emc  non fanno altro che confermare quanto la sua società ormai dice da tempo: si tratta di un incremento impetuoso e continuo, che va ben oltre le normali dinamiche dell’It e che mette le organizzazioni di fronte a scenari completamente nuovi, chiamandole ad affrontare sfide inedite ma al tempo stesso cruciali per il loro stesso business.

Ma i big data di per sé, per Pascali, non sono una rivoluzione.
Aziende ed organizzazioni, osserva, hanno sempre prodotto moli di dati nel corso delle loro attività.

La vera rivoluzione è dovuta alla combinazione di tre fattori. Il primo riguarda l’accelerazione che questo fenomeno ha avuto negli ultimi tempi, complice l’utilizzo sempre più ampio di tecnologie avanzate, in azienda e non: si pensi ad esempio ai social media ed alla crescente diffusione di dispositivi di acquisizione delle immagini digitali.
Il secondo fattore risiede nella varietà dei big data: dati strutturati e non, provenienti dalle fonti più disparate.
L’ultimo fattore è relativo alla crescente necessità di mantenere e gestire tutti questi dati in tempo reale.

In questo senso i big data rappresentano una sfida, ma anche un’enorme opportunità per le aziende.
Per Pascali chi avrà la capacità di mantenere questa visibilità avrà a disposizione una fonte di intelligence praticamente inesauribile, dalla quale attingere per innovare man mano i propri processi e per guadagnare spazio sul mercato.

Per fare questo però, alcuni elementi sono imprescindibili: tecnologie adeguate, che consentano di consolidare ed analizzare in tempo reale questi grandi volumi di dati; persone dotate delle competenze giuste, che vanno oltre quelle richieste finora a responsabili e gestori di database; e soprattutto un approccio ampio e strutturato, che consideri i big data come un elemento portante della strategia aziendale, a livello strategico ben prima che tecnologico.

Solamente chi ha fatto della gestione delle informazioni aziendali la sua mission può fornire a queste organizzazioni la guida ed il supporto adeguato, tanto più importanti in questa fase di radicale trasformazione dell’It che stiamo vivendo.
Una gestione oculata e lungimirante dei big data può realmente fare la differenza, fra l’aprirsi verso il futuro ed il mantenere il proprio status quo.

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