A distanza di qualche anno ormai dall’avvio in grande stile della sfida, sulla scia dell’annuncio di Meta, il metaverso resta ancora alla ricerca di una strada in grado di esprimerne al meglio le enormi potenzialità. Con il passare del tempo, le difficoltà a individuare quella in genere definita killer application restano infatti pressoché invariate. A questo punto, prende quota l’ipotesi di un errore strategico, da cercare al di fuori di una tecnologia invece ormai matura. «Credo sia sbagliato il presupposto di voler sostituire il mondo fisico con quello digitale – afferma Antonio Squeo, chief metaverse officer di Hevolus Innovation -. Una cosa alla quale ci siamo sempre sottratti, perché sono convinto non funzionerà mai».
Per un’azienda nata e cresciuta nel mondo IT, un’affermazione all’apparenza controproducente. Eppure, proprio da questa convinzione si è sviluppato uno dei progetti più interessanti nel mondo della tecnologia, proprio perché capace di pensare fuori dal coro. «La tecnologia è certamente importante, ma quando si parla di realtà aumentata, lo è ancora di più lo storytelling – prosegue Squeo -. Il dispositivo diventa uno strumento per trasmettere emozioni, per aiutare un utente a provare esperienze nuove e coinvolgenti».
Il coinvolgimento fa la differenza
Frasi del genere se ne leggono e se ne sentono praticamente tutti i giorni. A differenza di tanti altri però, l’azienda pugliese è stata in grado di trasformare tutto questo in pratica e dimostrarne a più riprese l’efficacia. Sono infatti ormai tantissimi i casi in cui le tecnologie Hevolus Innovation sono state apprezzate. Soprattutto, in circostanze importanti per contesto e risonanza. Tra i più interessanti, i progetti di realtà aumentata sviluppati per Natuzzi, Wurth Italia, Tartufo Bianco d’Alba, la mostra Ibrahim Mahama a Eataly. Alle quali si aggiungono collaborazioni in ambito didattico, a partire da quella con Lenovo e CampuStore.
«C’è un passaggio molto importante secondo me da sottolineare. Parliamo molto più di realtà aumentata e meno di realtà virtuale. Cioè, di inclusione e non qualcosa che invece esclude dal mondo circostante ed è alla portata di pochi. Non a caso usiamo più termini come mondo phygital invece di digitale, dove è l’utente a decidere come entrare e come muoversi».
Un approccio tanto interessante quanto complicato. Per metterlo in pratica infatti è stato necessario ribaltare uno dei principi più consolidati. «Spesso si parla troppo di tecnologie e poco di storytelling. Bisogna ragionare prima da creatori di esperienza e meno da informatici. È fondamentale prima di tutto costruire una storia, e solo dopo decidere quali strumenti puoi utilizzare. Spesso invece, si tende a fare il contrario».
Meglio ancora, questi due mondi all’apparenza così distanti devono invece incontrarsi. Conoscere gli strumenti disponibili aiuta a capire cosa possa essere effettivamente realizzato, ma anche fino a dove ci si possa spingere, a scoprire nuove opportunità.
L’incontro tra tecnologia e storytelling
«Noi stessi, in origine eravamo i classici esperti di tecnologia che producevano strumenti e vendevano licenze. Oggi invece ci siamo trasformati, produciamo e vendiamo vere e proprie esperienze, scritte. Non a caso, abbiamo creato un’agenzia di comunicazione interna, proprio per occuparsi dei video; ci permette di non limitarci a immaginare un progetto, ma vederlo e capirlo dal vivo».
Meglio di ogni altro discorso, per comprendere la portata del pensiero Hevolus Innovation è utile affidarsi a degli esempi. Casi concreti ti applicazione della realtà virtuale attraverso smartglasses, ma anche un semplice tablet o smartphone. Dove la priorità non è il dispositivo utilizzato, ma la capacità di coinvolgere l’utente o aiutarlo a trasmettere emozioni.
Tanti esempi per vederci chiaro
Tra i più interessanti, spicca il progetto realizzato per Natuzzi. Un’applicazione grazie alla quale all’interno dei negozi un cliente può scegliere gli arredi che preferisce e ricevere dal designer un progetto in formato digitale corredato da un QR Code. Arrivato a casa, sarà sufficiente inquadrarlo per visualizzare gli arredi direttamente nelle stanze della propria abitazione. Aspetto ancora più interessante, senza scaricare applicazioni dedicate.
Inoltre, muovendo la telecamera è possibile spostarsi nello spazio, scegliere i colori e posizionare gli elementi a proprio piacimento. La visualizzazione diretta permette anche di valutare gli ingombri e di scegliere composizioni di arredo perfettamente in linea con gli spazi di cui si dispone.
Il caso di Ferroli invece, è utile a illustrare potenzialità del metaverso oggi poco considerate, ma in realtà molto interessanti anche per altri aspetti. Uno spazio virtuale di relazione in realtà estesa, con un paesaggio verde incontaminato e composto da due ambienti. Una sala museale virtuale, dove scoprire i gemelli digitali 3D degli oggetti di design iconici caratteristici dell’azienda veronese, e una conference room collaborativa, per remote meeting singoli o di gruppo. Completo di avatar personalizzato e traduzione simultanea, l’ambiente virtuale permette di ridurre almeno in parte costi e impatto ambientale legati agli spostamenti non indispensabili per riunioni o formazione.
Grandi anche le opportunità nel mondo del turismo. La collaborazione i Hevolus Innovation con Microsoft Italia al servizio dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, il Centro nazionale Studi Tartufo e l’Assessorato al Turismo della Regione Piemonte, hanno portato al un percorso espositivo phygital. Diventa possibile entrare in uno spazio espositivo che fonde il contesto fisico e i contenuti digitali, muovendosi nel metaverso con il proprio avatar semovente e dalle sembianze realistiche, seguendo un percorso narrativo interattivo alla scoperta del Tartufo Bianco d’Alba articolato su più tappe, dalla scoperta del prodotto alla storia fino a dimostrazioni culinarie.
«Pensiamo inoltre al mondo della scuola. Un professore indossa degli smartglasses, e gli studenti sono dotati di un tablet. Mentre spiega la lezione di storia, può far apparire un personaggio muoversi nel contesto, oppure visualizzare le stelle o i territori in lezioni di scienze o geografia. Entrare nel Colosseo durante l’ora di storia. Attira meglio l’attenzione, si dimostra innovativo e soprattutto coinvolge gli alunni grazie a strumenti interattivi».
Solo una parte delle svariate applicazioni messe in campo dall’azienda pugliese. Aspetto molto importante, molto diverse tra loro, ma accomunate dalla volontà di aiutare aziende e istituzioni ad attirare clienti, turisti o visitatori trasmettendo loro emozioni, coinvolgendoli in prima persona invece di restare semplici osservatori o clienti. Un potenziale cambio di rotta anche in direzione di strategie di marketing meno standardizzate.
«Io lo vedo come un concetto di democratizzazione dell’esperienza – conclude Antonio Squeo -. Qualcosa non più per pochi eletti, per geek, o nerd. Non serve un’app, basta inquadrare un QRcode. Togliamo l’imbarazzo tecnologico e tutti sono in grado di sfruttarlo».