Dei 28 miliardi del facility management uno è per l’It

Toni dimessi per il primo salone dell’outsourcing. Con un miliardo di euro l’It ha ancora un peso minoritario sul totale del facility management. Tanti i problemi, fra cui l’Iva su ciò che si esternalizza.

Complici le giornate turbolente e di austerità dovute allo sciopero dei tir, complice anche la vastità degli spazi della Fiera di Roma, il primo salone dell’outsourcing, tenutosi dal 10 al 13 dicembre, non è sembrato affollato come ci si attendeva.

Un pubblico fatto per lo più da addetti ai lavori, per un comparto che viene ancora avvertito come strumento per la riduzione dei costi e come una sorta di depauperamento delle competenze tradizionali.

Una visione riduttiva e svilente, per un’industria che invece si sta affermando in modo sempre più evidente sia a livello nazionale che internazionale: prova ne è che in Italia si è dovuto attendere la fine del 2007 per organizzare la prima fiera ufficiale dedicata all’argomento.

Eppure l’outsourcing di capitali ne smuove: secondo il primo rapporto dell’Osservatorio Nazionale del Facility Management pubblico, presentato contesto capitolino, è un mercato potenziale da 28 miliardi di euro.

Una stima dettata da dati reali: solo nei primi undici mesi del 2007 il mercato pubblico dei servizi di Fm ha raggiunto un valore di base d’asta di circa 26 miliardi di euro.

Di questi circa un miliardo sono assorbiti dall’informatica, che si colloca dietro alle attività legate agli edifici (2,7 miliardi di euro), alle strade (2,5 miliardi di euro) e alle pulizie (2,2 miliardi) e sullo stesso piano di raccolta, trattamento e smaltimento rifiuti, della ristorazione e dei servizi di trasporto (persone, valori, mezzi, automezzi e autoveicoli), di movimentazione materiali e merci, di parcheggio e i servizi di assistenza socio-sanitaria ed educativa.

Investimenti che troppo spesso vengono frazionati in bandi e appalti a cui partecipano tante, troppe aziende municipalizzate. Se ne contano seimila circa in tutta Italia.

D’altro canto c’è un’altra forza che spinge per rilanciare il settore Ict, che è quello del project financing: secondo il vicepresidente di Confindustria Servizi innovativi, Paolo Vigevano, i progetti di project financing per l’Ict ammontano oggi a un valore intorno ai 600 milioni di euro.

L’obiettivo che si è posto lo stesso ministro per le riforme e la Pa, Luigi Nicolais, è quello di quintuplicare questi investimenti.

Secondo il rapporto Assinform nell’ambito dei servizi informatici, il segmento dell’outsourcing rimane comunque quello che ha evidenziato le migliori performance, con una crescita del 2,4%, passando da un valore di 2,4 miliardi di euro del 2005 a 2,5 miliardi di euro del 2006.

Ma sono state evidenziate dinamiche che distinguono tra i servizi considerati a basso valore aggiunto e quelli che rappresentano una scelta strategica non solo dei sistemi informativi, ma dell’azienda nel suo complesso. Un dualismo che si riflette anche nella riduzione/rinegoziazione del valore dei contratti.

Il downpricing ha interessato soprattutto segmenti come il facility management e il desktop management, un fenomeno dovuto alla maggiore capacità contrattuale dei clienti che rinegoziano le condizioni e il prezzo durante le periodiche verifiche del servizio.

«L’outsourcing viene ancora troppo spesso considerato un modo per ridurre i costi, non un fattore strategico – ha sottolineato Mariano Corso del Politecnico di Milano – e permane l’idea che non si possa esternalizzare il core business. Un’idea che va a offuscare la vera funzione dell’outsourcing Ict, cioè quella di coordinamento e gestione delle relazioni aziendali e dell’innovazione nei modelli di business».

Altri tasti dolenti evidenziati sono la mancanza di una normativa solida e trasparente nell’outsourcing e l’impossibilità di aziende private a partecipare ad alcuni tipi di bandi pubblici “riservati” solo alle controllate pubbliche, riducendo quindi la possibilità di crescita delle imprese private.

Senza contare il rischio fallimento a cui sono soggette le aziende che lavorano con la Pa a causa dei ritardati pagamenti e la necessità di riformare i versamenti dell’Iva per le aziende che hanno esternalizzato. In pratica continuano a pagare il 20% di Iva anche sul servizio la cui gestione hanno dato in outsourcing.

Tante critiche e tanto da fare, quindi, sia nel pubblico che nel privato. Nei prossimi mesi si cominceranno a fare i primi bilanci sugli effetti che il Salone ha saputo innescare, sai in termini di relazioni tra gli operatori sia di questioni messe sul piatto da risolvere.

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