Rifare i conti con l’outsourcing

Gartner interviene sull’annoso tema con una considerazione (lo si fa per risparmiare) e cinque consigli.

Una nota emessa da Gartner consente di rifare il punto sullo stato dell’outsourcing su un piano generale, strategico e tattico.

Quello che l’analista rileva ed enuncia, per il tramite della sua esperta Linda Cohen (che è anche vice president) è che da qualsiasi lato lo si guardi, l’outsourcing parte come pratica per risparmiare e si ferma li, causando insoddisfazioni a lungo termine ai suoi fruitori.

Cohen nota che il risparmio che l’outsourcing fa ottenere è sì il primo risultato percepibile, in genere nel primo anno di un contratto tri o quadriennale e motivo di soffisfazione per chi lo ha deciso. Ma dal terzo anno, se non addirittura dal secondo, cominciano a emergere insoddisfazioni nell’utenza.

I motivi sono legati a un’assenza: la rinegoziazione. Rivedendo periodicamente i termini degli accordi, specie in chiave finanziaria, attualizzandoli alle congiunture, riuscirebbe a procrastinare la curva virtuosa.

Ma non basta: limitare l’outsourcing al risparmio di costi è un errore. Il ricorso a tale pratica andrebbe motivato con altre attese e connesso a un piano strategico dove rientrano considerazioni relative agli skill, all’organizzazione e alla qualità del lavoro.

Secondo Gartner, pertanto, le cinque finalità dell’outsourcing comprendono sì l’ottimizzazione del piano dei consumi e quindi l’ottenimento di risparmi da mettere a budget, ma anche il raggiungimento di risorse e conoscenze di cui non si dispone, l’allocazione delle funzioni It interne alla produzione di valore, il miglioramento della qualità del servizio It, l’accesso alla scalabilità.

È mettendo insieme questi cinque fattori che secondo Gartner si beneficia del virtuosismo dell’outsourcing. Limitandosi solo a uno si perde la partita.

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