Con il cloud computing le aziende vanno nella nuvola

I dati non stanno più in azineda ma sparsi su qualche server in un datacenter. Le caratteristiche della nuova tendenza dell’high tech

E’ la nuova strada dell’high tech. Non un moda ma un preciso indirizzo seguito dai big del settore. Il cloud computing (cloud, nuvola) viene considerata una rivoluzione che trasformerà l’Ict e anche il modo di lavorare delle aziende.


Secondo Gartner, una delle principali società di ricerca a livello mondiale, il cloud è una modalità secondo la quale funzionalità It scalabili e flessibili vengono erogate sotto forma di servizi utilizzando le tecnologie Internet.
In pratica, si tratta di tecnologie che prevedono l’utilizzo di risorse distribuite. Così, quando ci si connettete a una pagina Internet più server gestiscono la richiesta senza che l’utente se ne accorga.


Sempre secondo Gartner, perché un servizio si possa definire cloud deve esserci una netta separazione tra utente e fornitore. L’interfaccia nasconde la complessità tecnologica retrostante e abilita una serie di “risposte automatiche” tra il fornitore del servizio e l’utente. Il servizio deve essere “pronto all’uso” e standardizzato, dal momento che deve rispondere ai bisogni specifici di un gruppo di utenti.

Il servizio deve essere articolato su diversi livelli, nei quali, ad esempio, le funzionalità disponibili crescono con il crescere del prezzo pagato dall’utente finale per poterne fruire. In sintesi estrema, ciò che il servizio fa è più importante delle tecnologie retrostanti che lo abilitano.

Il servizio deve poter essere scalato verso l’alto o verso il basso a seconda delle esigenze dell’utente in termini di capacità. I tempi di risposta possono variare da pochi secondi a poche ore, anche in questo caso a seconda delle esigenze espresse dagli utenti. In ogni caso, in un modello di cloud computing i servizi devono essere scalabili a richiesta, aggiungendo o eliminando funzionalità in base alle esigenze dell’utente.

L’utilizzo deve essere tracciato, con l’obiettivo di abilitare modelli di pagamento differenti o piani tariffari scalabili. In base ai livelli e alle metriche di utilizzo si possono attivare formule di pay per use, abbonamenti e piani gratuiti. Il pagamento viene dunque richiesto in base alla “quantità di servizio” utilizzato e nonin base alcosto della struttura necessaria a generarlo. I piani possono essere a tempo, oppure in base alla quantità di dati gestiti, o ancora in base al numero delle funzioni abilitate dall’utente finale.

Nel modello cloud, infine, i servizi devono essere distribuiti utilizzando identificatori, formati e protocolli Internet, quali Url, Http, Ip e devono essere realizzati utilizzando architetture web-oriented.


Per fare cloud ci vogliono tre attori: il fornitore di servizi (virtuali, storage, applicativi) che eroga secondo una modalità “consuma quando e quanto hai bisogno, paga a seconda dell’uso”; l’amministratore di sistema, che sceglie e configura i servizi offerti dal fornitore; l’end-user, che utilizza i servizi.


Il cloud per completarsi come modello non può prescindere da uno Sla (service level agreement) esplicito (o implicito) tra gli utenti del servizio e il fornitore.


Gli Amazon web services, Google, Youtube, Facebook sono esempi di cloud computing che non piace molto al guru del mondo Open source Richard Stallman secondo il quale il cloud computing è roba da stupidi. “Utilizzando il Web server di qualcun altro, ci si mette nelle mani di chiunque abbia sviluppato quel software e si potrebbe arrivare a dover pagare cifre sempre più elevate per accedere ai propri dati”.

Una visione forse un po’ troppo drammatica ma che contiene aspetti di verità. Perché nel momento in cui un’azienda usa servizi cloud i suoi dati non stanno più all’interno ma sono piazzati su qualche server in un data center. L’importante è saperlo.

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