Il cloud computing conviene soprattutto alle Pmi

Il nuovo paradigma dell’Information Technology rappresenta un’importante opportunità di risparmio e flessibilità per le piccole aziende

L’informatica come l’energia elettrica. Un domani, a seconda delle proprie esigenze (domestiche, professionali…) ognuno di noi accederà ai “servizi” It semplicemente cliccando su un interruttore esattamente come quando oggi accendiamo la luce in cucina, in camera da letto, in ufficio, nel magazzino… Di quanto sia lontano questo domani e di come prepararsi a un simile evento si è discusso presso l’ultimo Innovation Forum milanese targato Idc. Ancora e sempre cloud computing, dunque, con le sue nuvole, i suoi timori e le sue ghiotte opportunità di business.

Il fenomeno cloud
Nel 2007 era toccato a Second Life, poi, nel 2008 è toccato a Facebook grazie anche alla poderosa esplosione di contatti post-estiva. Il 2009, invece, almeno in questa sua prima parte, è sicuramente l’anno del cloud computing. Tutti ne parlano, tutti ne discutono, non si contano le tavole rotonde, i seminari e, purtroppo, anche le definizioni spesso contrastanti o comunque parecchio discordanti. Il tutto a creare una certa confusione, manco a dirlo, sotto il cielo… Una confusione che proprio Idc, nel corso di un’intensa giornata di lavori e interventi di prestigio, ha cercato di dipanare, facendo ordine sullo stato delle cose, gli operatori in gioco e le opportunità concrete sul piatto. A rompere il ghiaccio ci ha pensato Frank Gens, senior vice president e chief analyst di Idc, cominciando immancabilmente da una definizione del fenomeno cloud. «Si tratta – ha esordito Gens, davanti a un pubblico da grandi occasioni – di una combinazione di elementi che vanno dallo storage all’It management, dalle applicazioni alle piattaforme, tutti insieme integrati in un ambiente virtualizzato che l’It mette al servizio delle attività di business delle aziende. Un nuovo paradigma di Information Technology che porta con sé numerose sfide, dalla sicurezza alla capacità di integrare il tutto con quanto già esiste in azienda, passando per i modelli di business da adottare e la capacità di scegliere e di attingere dai servizi sulle nuvole solo per ciò di cui si ha realmente bisogno».

Le possibilità per le Pmi

Sfide, dunque, in arrivo, ma anche uno scenario presente che racconta di una situazione già in evoluzione con numeri, seppure relativi, comunque in sensibile crescita. «In tre anni – ha spiegato, infatti, Gens – l’uso del cloud computing è destinato a diffondersi soprattutto per usi collaborativi e di gestione dell’It. Abbiamo appena superato la fase della early adoption e ci stiamo muovendo verso l’inizio del percorso di maturità. Rispetto al mercato It nella sua interezza, secondo le nostre stime, si passerà da un peso del 4% del 2008 al 9% del 2012. Ma se isoliamo quanto legato alla rete, cioè allo sviluppo futuro, il ruolo dell’It-as-a-Service avrà già fra tre anni un impatto fondamentale». Affidare alle nuvole i servizi It, per molte aziende, soprattutto di piccole e medie dimensioni, di questi tempi è anche, e soprattutto, un’importante opportunità di risparmio e flessibilità; dunque, per assurdo, la crisi finanziaria in atto potrebbe essere un volano fondamentale per la diffusione di una simile architettura. Proprio le Pmi, poi, grazie a infrastrutture It non consolidate nel tempo e all’assenza di policy strutturate, nell’accedere a questi servizi e applicazioni online hanno la possibilità di integrare il tutto in tempi molto più brevi e con ritorni molto più immediati. Diverso, invece, il discorso per le grandi realtà enterprise che hanno la necessità di vagliare il tutto con maggiore attenzione e secondo politiche e regolamentazioni molto più rigide. «Nel tutto – ha concluso Gens – prevediamo un incremento di spesa di 8,4 miliardi di dollari in tre anni».

Dalle parole ai fatti, la voce dei Cio
 Analisi, previsioni, dati, ma anche la viva voce di chi ogni giorno, ora, minuto fronteggia sul campo le sfide di business più impegnative. Nel corso della giornata, dopo l’importante cappello iniziale di Franck Gens, è stato dato spazio alle testimonianze e alle proposte di un prestigioso panel di Cio e di vendor particolarmente sensibili alla tematica. Per quanto riguarda i primi, c’è grande interesse, attenzione, ma ci sono anche molti dubbi legati in particolar modo all’assenza di standardizzazione, ai limiti a livello infrastrutturale che caratterizzano le reti di casa nostra e alla necessità di tempo per integrare un simile modello all’interno di aziende di grandi dimensioni. «Osserviamo con attenzione il cloud computing – ha detto Gianluigi Castelli, Cio di Eni – ma finché non ci sarà un adeguato livello di standardizzazione è difficile pensare a una sua concreta diffusione. In Eni, comunque, al momento, il nostro focus maggiore è rivolto al consolidamento delle applicazioni core, al cambiamento infrastrutturale a livello di data center e alla diffusione della business intelligence in segmenti come il billing e il customer care. Web 2.0 e cloud computing sono ovviamente di più rapida integrazione in strutture in cui non c’è una forte legacy, come accade nelle Piccole e medie imprese. Per quanto riguarda le infrastrutture di rete e, soprattutto, gli operatori Telco, sarebbe un passo avanti se cominciassero a pensare meno alla conquista del cliente e un po’ di più alla qualità e all’innovazione del servizio».

Le carenze del Sistema Italia
Serve tempo, dunque, ma anche, e ancora una volta, un Sistema Paese in grado di stare al passo con i tempi e di sostenere concretamente le aziende che si muovono verso l’innovazione. Non ha dubbi in proposito Giovanni Rando Mazzarino, direttore operations e tecnologie di Lottomatica. «Anche noi seguiamo con molto interesse l’evoluzione di un concetto così innovativo come il cloud computing – ha esordito Mazzarino -. Proprio per questo, però, non possiamo evitare di constatare che, a nostro avviso, sono le stesse caratteristiche principali su cui poggia questo nuovo paradigma It a determinare, nel nostro Paese, i più grossi ostacoli a una sua diffusione. Basti citare, per esempio, due cardini del cloud come il livello di servizio e l’infrastruttura di rete. Nel primo caso, proprio i livelli di servizio in Italia vengono considerati assai meno rispetto a molti altri Paesi. Noi, per esempio, abbiamo portato avanti un’importante evoluzione verso la Soa (Service oriented architecture), ma i nostri fornitori ci hanno seguito e assecondato con evidente difficoltà. Cambiare l’oggetto del servizio non è facile, occorre parlare di sostenibilità per far capire i vantaggi… Per quanto riguarda le infrastrutture di rete poi, per molte, moltissime zone del nostro Paese l’accesso alla banda larga è ancora un’utopia e la fibra ottica tocca solo determinate città. In entrambi i casi credo che il denominatore comune sia l’assenza di un Sistema Paese capace di sostenere le aziende nel corso di processi evolutivi così importanti».

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