Cisco: IoE vuol dire mettere intelligenza dove serve

Una visione per cambiare i processi di business e replicare i progetti. In mercati già pronti.

Per Alberto Degradi, leader delle infrastrutture di datacenter e enterprise networking di Cisco Italia, l’Internet of Everything va intesa come una visione di rete abilitante l’integrazione di dati, persone e cose per cambiare i processi di business.

Stabilito l’assunto, servono architetture e partner per integrare l’ecosistema.
Serve una piattaforma, per sviluppare applicazioni.

Serve collegare tutti gli elementi.

Chi sono i soggetti preposti a farlo?
«Noi realizziamo la rete, con architettura di field area network, che interfaccia tutta la periferia – spiega Degradi -. Sopra abbiamo una visione che per essere eseguita prevede che ci siano computing e storage distribuiti. Parliamo allora del Fog computing, un concetto di cloud miniaturizzato e visto a un livello più basso. Meno ingombrante di un datacenter; computer e storage condivisi, che servono per applicazioni che hanno tempi di risposta rapidi».

Un esempio lampante? Architettura perfetta per la gestione dei semafori.
Ossia, tutti quei casi in cui «la scelta delle informazioni utili viene fatta in locale».

IoE, allora, significa distribuire intelligenza nelle periferie.
Siamo quindi in un campo potenzialmente infinito.
Esistono tanti altri esempi nel mondo, dice Degradi.
«In Italia stiamo lavorando a progetti in campo alimentare, per il tracciamento della qualità dei prodotti. E ci sono progetti pilota, che dal punto di vista tematico si inseriscono bene nel tema e nello svolgimento di Expo 2015».

In sintesi, IoE significa replicabilità dei progetti e, a tendere, intersecabilità dei mercati.

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