Byod: in Italia Cio pronti a dare priorità a strategie mobile

In un’indagine europea Vmware l’81% dei responsabili It tricolore ha o sta per implementare soluzioni per sostenere e mettere in sicurezza i “ribelli della mobility”. Ma il 70% non ritiene prioritario occuparsi dei dati sensibili salvati su personal device.

Aziende lontane dal fornire strumenti mobili o applicazioni adatte alla produttività dei propri dipendenti e dipartimenti It incapaci di far fronte alle richieste degli utenti interni.
È questa l’immagine fornita dall’ultima indagine europea condotta per Vmware da Vanson Bourne su 1.500 responsabili It e 3.000 dipendenti impiegati in aziende tra i 500 e i 5.000 dipendenti in Inghilterra, Francia, Germania, Olanda, Italia e Paesi Nordici.

Da noi soprattutto, dato che l’81% dei responsabili It tricolore dichiara di aver implementato o di avere in programma di implementare soluzioni a sostegno del Byod, rispetto a una media europea del 72%.
Ma non solo.

In Italia, il 62% dei Cio intervistati dichiara che nel 2013 saranno predisposti sistemi e policy che assumano come norma, e non come eccezione, che i dipendenti siano mobili e accedano ai dati da remoto.

Sarà perché, secondo i dati emersi dalla survey, ben il 65% dei dipendenti di casa nostra non pensa che la propria azienda fornisca gli strumenti mobili o le applicazioni adatte per essere produttivi ed efficienti o delle policy in ambito mobile che assicurino la giusta flessibilità per lavorare in modo efficace in movimento (63%).
O perché ben il 57% afferma di aver salvato, inoltrato, ricevuto o modificato un documento aziendale utilizzando il proprio dispositivo personale, mentre pur prendendo in considerazione, nel 53% dei casi, quali implicazioni per la sicurezza comporti salvare dati aziendali su servizi di file hosting online free, ben il 45% degli utenti “consapevoli” abbia comunque pubblicato un documento della propria azienda online.

Cinque richieste per essere più produttivi
A discolpa di dipendenti infiammati dal “fuoco sacro” della produttività fuori dai confini aziendali, c’è da dire che le richieste che arrivano sulla scrivania dei responsabili It non sono poi così trascendentali.
Parliamo, infatti, nel 51% dei casi, di ottenere accesso alla posta elettronica aziendale da dispositivo mobile seguita a stretto giro (50%) dall’accesso alla intranet e, nel 39% dei casi, alla Vpn, mentre scendono sotto il 30% le richieste di collegamento sicuro a social network aziendali come Yammer o alla gestione delle spese.

Dipartimenti It ancora impotenti
Non c’è allora da stupirsi di quel 45% di responsabili dei sistemi informativi italiani che confessa di non credere che il proprio dipartimento possa rispondere alle esigenze di mobilità dello staff in azienda, nonostante sia del tutto diffusa anche da noi la consapevolezza di come l’applicazione di policy adeguate per il Byod possa fornire una spinta alla produttività e alla soddisfazione del lavoratore addirittura attraendo o trattenendo, per il 33% degli intervistati, i talenti in azienda.

Vero è che, oggi più che mai, lungo lo Stivale una classe di dipendenti ribattezzati da Alberto Bullani (nella foto), in qualità di Regional manager di Vmware Italia, “ribelli della mobility” utilizza dispositivi mobili a proprio vantaggio per lavorare più efficacemente e guidare l’innovazione.

E non solo da noi, visto che l’82% degli intervistati in Europa che hanno accesso ai dati aziendali dal proprio smartphone afferma che tale accesso non è regolato dal proprio responsabile o dalle risorse umane, mentre, per primi, i manager olandesi dichiarano che non esistono regole sulla questione.

Dare la priorità a strategie mobile per formare chi, privo delle risorse mobili ritenute necessarie provvede da sé, diventa a questo punto fondamentale per controllare l’iniziativa della propria forza lavoro mobile e offrirle un vantaggio competitivo.

Ancora scarsa la percezione delle possibili conseguenze
E senza pensarci troppo, visto il disinteresse evidenziato da Vanson Bourne in casa nostra da ben il 70% dei responsabili aziendali che, seppur consapevoli del problema legato a informazioni e dati commercialmente sensibili salvati su dispositivi personali, afferma di non essere preoccupato o che non sia una priorità occuparsene, rispetto a una media europea di indifferenza ferma al 45%.

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