Agenda Digitale, conosciuta, ma non troppo

I dati di un’indagine Ipso promossa da Cisco Italia sulla conoscenza dei temi dell’Agenda Digitale tra i cittadini e gli opinion leader. C’è ottimismo, ma bisogna comunicare di più.

Nonostante il termine Agenda Digitale sia entrato nel linguaggio comune (come del resto dimostra l’andamento su Google Trends), la distanza tra percezione e conoscenza è ancora piuttosto marcata.
Lo dimostrano i dati che emergono da una ricerca commissionata da Cisco Italia a Ispo (Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione) e presentati ieri a Milano da Renato Mannheimer, alla presenza del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo.
Lo studio ha analizzato infatti, su un campione significativo di popolazione e su un campione di 100 opinion maker, non solo il livello di conoscenza dell’Agenda Digitale italiana, ma anche il sentiment che accompagna i temi della digitalizzazione può avere sul Paese e sulla vita quotidiana.

I risultati sono, in qualche misura, anche sorprendenti.
Se non stupisce in fondo il dato che vede il 37% delle popolazione autodichiararsi consapevole di cosa sia un’Agenda Digitale, lascia un po’ perplesso il dato che vede solo un 66% di opinion leader convinti di conoscerne molto bene le implicazioni.
Troppo pochi, tanto più che solo il 12% degli opinion leader lo considera la digitalizzazione del Paese, sviluppando l’uso di internet e delle nuove tecnologie digitali tra la popolazione, la pubblica amministrazione e le imprese, il tema più importante per l’Italia.
Un buon 71%, va detto, lo considerano prioritario, se pure insieme ad altri temi, mentre pesa, e pesa molto, quel 15% dei rispondenti che invece lo colloca alla stregua di altre problematiche, senza alcuna particolare urgenza.

Va detto, e Mannheimer nel corso della sua presentazione lo ha sottolineato, che quando si prova a uscire dall’astratto, per scendere nel concreto dei benefici attesi, qualcosa cambia, soprattutto nel campione della popolazione.
Oltre la metà degli interpellati si è detta infatti convinta che il processo di digitalizzazione del Paese avrà effetti benefici sulla qualità della vita, soprattutto quando si parla di ambiti specifici quali la comunicazione, la scuola, l’accesso alle informazioni e ai contenuti culturali, le relazioni con la Pubblica Amministrazione e i servizi sanitari.

Proprio agli aspetti legati alla Pubblica Amministrazione lo studio ha dedicato uno spazio particolare.

Le aspettative sono alte: sia per la popolazione, sia per gli opinione leader, la digitalizzazione della PA è garanzia di sviluppo e modernità per il Paese, è strumentale alla riduzione dei costi, tanto per il cittadino tanto per lo Stato, consente di rendere più trasparenti gli iter burocratici, può essere un incentivo per portare le persone meno giovani a utilizzare le nuove tecnologie.
E lo stesso può dirsi quando si parla di imprese: la digitalizzazione viene vista da entrambi i campioni intervistati come strumento importante per garantire uno sviluppo sostenibile in tempi di crisi, per migliorare i rapporti economici con gli altri Paesi e – perché no? – anche per favorire lo sviluppo di nuovi posti di lavoro.

Tuttavia, ed è questo il vulnus evidenziato dallo studio, in questo momento il giudizio che viene espresso in marito a quanto già fatto soprattutto dalla Pubblica Amministrazione sembra ancora piuttosto negativo: il campione degli opinion leader tende ad assegnare un voto negativo, sottolineando nel contempo come restino prioritarie tutte quelle azioni che consentiranno di chiudere il digital divide, di aumentare i servizi digitali ai cittadini, favorire l’ingresso delle tecnologie digitali nelle scuole e nei servizi pubblici come i trasporti.

Un ulteriore, ultimo focus l’indagine lo ha dedicato al tema delle Smart City.
Strettamente correlato alla digitalizzazione del Paese, il tema delle Smart City, in questo caso declinato anche in ottica Expo 2015, viene percepito con ancora maggiore vaghezza rispetto all’Agenda Digitale nel suo insieme.
Appare comunque chiaro è che progetti come quelli di Expo debbano generare innovazioni utili anche oltre il semestre dell’evento, sia per i cittadini, sia per la città di Milano.
Soprattutto, ed è questo il secondo monito, devono mettere in moto meccanismi virtuosi, che stimolino nuove idee e progetti in tutto l’ecosistema.

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