I risparmi del digitale libererebbero le stesse risorse risorse di quelle degli sprechi della politica. Farli entrambi eviterebbe nuove tasse e ridurrebbe la pressione su un Governo che per rinnovare deve sì normare, ma soprattutto investire, e i soldi non li ha.
Il 1° aprile Francesco Caio lascerà l’Agenda digitale italiana. L’annuncio è di qualche giorno fa, subito successivo al cambio della guardia tra Letta e Renzi. Caio era stato voluto da Letta come uomo del governo per non lasciare la materia nelle mani dell’Agid, con le sue 51 promesse ancora quasi tutte da impostare e ancora priva di uno statuto approvato.
“Non lascia per polemica”, scrive Dagospia, occupandosi dell’argomento, “ma perché il suo ruolo d’indirizzo, per il quale aveva accettato l’incarico, si è concluso”.
Curiosamente di questa conclusione non era stata data nessuna anticipazione – tutt’altro – nell’ultimo incontro con la stampa, la cui cronaca avevamo titolato Il premier e l’agenda a strappi, chiedendoci quanto avrebbero retto entrambi.
E’ stata questione di giorni.
Sempre più curiosamente, nei giorni precedenti la caduta di Letta si è consumato anche un altro passaggio: l’approvazione dello statuto dell’Agid da parte della Corte dei Conti.
Sempre in questi giorni un progetto di rinnovamento economico con ricaduta politica è stato annunciato da Corrado Passera, che a suo tempo aveva voluto Agostino Ragosa a capo dell’Agid.
Comunque sia andata adesso tocca a Renzi, che propone quattro riforme in quattro mesi. “Entro il mese di febbraio compiremo un lavoro urgente sulle riforme costituzionali ed elettorale da portare all’attenzione del Parlamento”, ha annunciato il nuovo presidente del Consiglio. “A marzo”, ha poi proseguito, “faremo la riforma del lavoro, in aprile la riforma della pubblica amministrazione e in maggio quella del fisco”.
C’è da chiedersi se l’agenda digitale c’è ed eventualmente in quale delle quattro possibilità. Ovviamente è ragionevole attendersi che sia inserita in quella sulla Pubblica Amministrazione, che è appunto prevista in aprile, ma non si sa mai.
Nell’agenda digitale Letta ci aveva messo la faccia, con tutta l’intenzione di andare oltre e di realizzarla. Già la sola fatturazione elettronica (prima fase) varrebbe 1 miliardo di risparmi annui, almeno quanto l’abolizione del Senato (che Grillo ha dichiarato valere invece 560 milioni, nel gioco delle parti della non-consultazione per il governo).
Come si ripete da qualche anno, i più digitali ritengono che una figura dedicata – sottosegretario o ministro – sarebbero garanzia di successo per il digitale italiano. Non era un’idea nuovissima: prima si richiedeva un ministro per internet. A nostro avviso non sarebbe realizzabile, in quanto si parla di risorse tecnologica ed orizzontali, utili a tutti e quindi presenti in ogni orticello. Invece che fare nomine, servirebbe confermare e finanziare il progetto impostato da Caio. Speriamo che Renzi lo faccia in aprile, per poi andare in Europa anche con questa notizia. Magari piace.