Si torna a parlare di e-business, in una nuova ottica, al servizio delle persone e della produzione
14 ottobre 2002 A che
punto è l’e-business? A un buon punto. Di partenza, però. E
stavolta è partenza vera. Lo diciamo senza remore,
identificando quella, avvenuta all’incirca tre anni fa, come falsa.
Cos’era
successo? Che qualche buontempone della speculazione finanziaria,
approfittandosi di qualcosa che era più grande di tutti, la famigerata
globalizzazione dei mercati, aveva inventato la “new economy”.
Risultato:
tutti dietro, acriticamente, e, soprattutto, erroneamente, ovvero legando
indissolubilmente l’e-business al “nuovo business”. Che sia stato un errore,
commesso da tutti, nessuno escluso (nemmeno noi della stampa), è conclamato.
Se nel
business basato su infrastrutture Internet vi era qualcosa di nuovo, non
necessariamente ciò comportava l’esclusione del “vecchio “ business. Anzi,
sarebbe dovuta essere proprio la loro complementarietà a dare valore agli
investimenti in It.
Quello
che è successo è sotto gli occhi, e nei titoli, di tutti: crolli
borsistici, chiusure di nuovi mercati “alla tedesca”, investitori
istituzionali che rifuggono come fosse peste, dai titoli
tecnologici.
Da
un eccesso all’altro. La posizione, invece, che sarebbe opportuno
assumere, ancora una volta, è quella civilistica (non civile, si badi bene).
Sempre che il buon imprenditore, come ci insegna il vetusto Codice Civile, sia
proprio colui che si comporta con il raziocinio tipico del “buon padre di
famiglia”. E la
famiglia, se si vuole che sia tale, non si sfascia, semmai la si fortifica nei
momenti difficili. E questo è uno di quelli, che tipicamente, oltre ai buoni
intendimenti da “padre”, richiede agli imprenditori (che nel nostro modesto
contesto diventano investitori It) l’utilizzo degli attributi.
È il momento,
allora, di fare il punto su cosa ha apportato l’e-business, in tema di
tecnologie realmente produttive, e su cosa conviene realmente puntare.
Bisogna
capire quali sono i veri pilastri della costruzione, non di un nuovo business,
ma della struttura che permetterà al vecchio (sia detto in senso nobile) di
perpetuarsi. Il tutto senza uscire dall’unica logica economica che ormai ha
dimostrato di poter creare profitti: se c’è una domanda, che ci sia un’offerta
ben fatta.
Questo
sforzo di comprensione deve portare a non sfasciare, cioè a conservare ciò che
di buono è stato fatto da vendor e utenti nell’ultimo triennio, e a costruire
attorno un castello di tecnologie solide.
Queste ultime, secondo noi, sono
i servizi Web, gli strumenti per costruire sistemi aziendali di
scambio di informazioni, le tecnologie di integrazione e quelle, soprattutto, di
sicurezza. Sono questi i pilastri su cui basare l’ampliamento,
in senso e-business, delle strutture esistenti, le cui risultanze devono essere
di servizio alle persone e alla produzione.
Punto.
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