720mila i telelavoratori in Italia e 16 milioni in Europa

Un risparmio per aziende e dipendenti che si traduce in nuovi clienti per i dealer

Il numero dei telelavoratori è quantomai incerto. Le
cifre qui indicate derivano dall’ultima ricerca ufficiale sul telelavoro
svolta dalla Commissione europea nel 1999. Si pensa, in realtà,
che il dato da allora sia cresciuto fino a oltre un milione, ma stimare
il telelavoro è piuttosto difficile. è, infatti, un fenomeno
che coinvolge molte aziende che intendono utilizzare con maggiore profitto
i propri dipendenti. Non riguarda, quindi, solo chi lavora da casa, poiché
le tipologie organizzative sono molteplici. Inoltre, molte delle professioni
che si prestano al telelavoro sono legate al mondo Ict. In questo caso
precisiamo che i dealer possono essere interessati al telelavoro come
fruitori del fenomeno essi stessi o come fornitori di prodotti e tecnologie.

Il tema in questione è stato affrontato dalla nostra redazione
a più riprese, magari inizialmente attraverso l’immagine
di un sereno uomo d’affari seduto comodamente su una sdraio all’ombra
di una palma che ricorda sospirati paesaggi tropicali, con un computer
sulle ginocchia e un telefonino sempre a portata di mano. Forse il telelavoro
non è solo questo, ma rende molto bene l’idea di lavorare
da un luogo che non sia tipicamente l’ufficio di un’azienda.

L’immagine dell’ufficio a casa, ovvero del telelavoro a domicilio,
è forse quella che più immediatamente ci immaginiamo quando
parliamo di telelavoro. In realtà, il fenomeno si sta evolvendo,
il numero dei telelavoratori aumenta. Il lavoro a domicilio è,
infatti, solo una delle tipologie organizzative del telelavoro, come spiega
l’Associazione Sit, Società Italiana Telelavoro, fondata
nel 1995 «con lo scopo di promuovere la conoscenza, lo sviluppo
e la pratica del telelavoro, delle varie forme di flessibilità
del lavoro, nonché della loro organizzazione sia in Italia, sia
all’estero». Nel riquadro, riportiamo le tipologie più
diffuse secondo la Sit.

Anche dal punto di vista delle normative si sta lavorando per dare regole
precise e garanzie sia alle aziende che utilizzano i telelavoratori, sia
ai telelavoratori stessi.
E poi ci sono le professioni-tipo dei telelavoratori, che ci aiutano a
capire un po’ di più quali potrebbero essere le loro esigenze
dal punto di vista degli strumenti informatici. In questo caso la letteratura
sul telelavoro suggerisce che la lista dei potenziali telelavoratori è
molto vasta e va dai traduttori agli addetti all’inserimento dei
dati, ai programmatori, addetti ai call center, venditori e rappresentanti
che visitano i clienti, impiegati che trattano pratiche burocratiche.
E poi tutte le professioni legate al Web e a Internet, dal Web developer
al Web designer, dal database manager all’information broker, dall’Internet
administrator al product manager.

I numeri del telelavoro. Di telelavoro si è cominciato a parlare
in Europa e in Italia già negli anni 60, nonostante non esistessero
ancora né fax, né pc, né reti di comunicazione. Allora
At&T, stimava che nel 2000 il 40% della forza lavoro sarebbe stata
costituita da telelavoratori, come dicono gli studi della Sit. Ma le stime
attuali sono molto inferiori a queste aspettative. Secondo le fonti del
consorzio europeo Ecatt (Electronic commerce and telework trends) che
misura le dimensioni di questo fenomeno, analizzando la popolazione di
telelavoratori in 10 Paesi europei risulta che nel 1999 in Europa il numero
di telelavoratori ha raggiunto i nove milioni, pari al 6% della forza
lavoro europea. In Italia si stimano 720mila telelavoratori, pari al 3,6%
della popolazione attiva, di cui 320mila che lavorano da casa (1,6% dell’intera
forza lavoro). Dati che posizionano l’Italia al quinto posto dopo Regno
Unito, Svezia, Spagna, Paesi Bassi e che dichiarano una crescita particolarmente
elevata, ma che probabilmente non starà al passo degli altri Paesi
europei negli anni a venire. Del resto, ci sono alcuni elementi che non
aiutano lo sviluppo di questo fenomeno nel nostro Paese, quali i costi
telefonici della linea digitale ancora piuttosto alti, anzi tra i più
alti d’Europa, la ancora bassa penetrazione del pc nelle regioni meno
industrializzate e nella Pubblica amministrazione e lo scarso livello
di utilizzo di Internet, quantomeno rispetto ad altre Nazioni. Lo studio
dell’Ecatt, precisiamo, tiene conto di variabili quali gli interessi dei
dipendenti, così come la "telelavorabilità" dei
lavori attuali, ma non considera, per esempio, che il telelavoro può
essere un effettivo risparmio economico per alcune aziende, ma non per
tutte. In conclusione, secondo le previsioni dell’Ecatt, considerando
i livelli occupazionali simili a quelli attuali, si stima che nel 2005
ci saranno 16 milioni di telelavoratori in Europa, pari al 10,8% della
forza lavoro, dei quali 6,3 milioni, ovvero il 4,2%, che lavora da casa.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome