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Intelligenza artificiale al lavoro per le diversità di genere

Secondo Helen Poitevin, analista di Gartner, “entro il 2020 il mercato delle soluzioni di reclutamento alimentate da intelligenza artificiale dovrebbe raggiungere un valore di quasi due miliardi di euro in tutto il mondo“.

Questa forte crescita indica chiaramente l’orientamento che gli attori del recruitment digitale hanno preso come percorso per il futuro. Un futuro che aprirebbe l’azienda a una maggiore diversità, perché gli algoritmi introdotti nelle soluzioni di reclutamento libererebbero i candidati dalle distorsioni umane che a volte possono pesare su di loro.

Intelligenza artificiale per il recruitment

Se la rilevanza dell’intelligenza artificiale applicata alle assunzioni viene affrontata con un certo scetticismo da parte dei selezionatori che favoriscono un approccio più tradizionale, ciò è dovuto principalmente alla mancanza di prove tangibili. Sono come San Tommaso: aspettano di vedere. Così sarebbe utile documentarsi sull’esperienza di Unilever che ha raccontato i risultati di un anno di sperimentazione di una soluzione di video recruitment.

Da luglio 2016 a giugno 2017, 250.000 candidati provenienti da 69 paesi diversi sono stati sottoposti, nella fase di preselezione, alle stesse tipologie di video interviste. Sono stati valutati da 1 a 5, in base alla qualità della loro manutenzione. Oltre al considerevole risparmio di tempo (il tempo medio impiegato dai selezionatori per esaminare le domande è diminuito del 75%), il gruppo ha accolto con favore un “aumento significativo del numero di candidati non bianchi“, nonché una diversificazione dell’ origine sociale dei candidati.

Quali insegnamenti si possono trarre da questa esperienza? Quel tipo di recruitment digitale promuove efficacemente la diversità dei candidati. Quelle video interviste liberano i selezionatori da un’estenuante – e a volte noiosa – gara di preselezione e li incoraggiano a trattenere talenti che potrebbero essere stati scartati sulla carta da considerazioni estranee alle loro capacità. In breve, che gli esseri umani possano trarre vantaggio, per se stessi e per gli altri, dal toolbox digitale a loro disposizione e che il cocktail “logico/intuizione” del reclutatore non è forse più la migliore garanzia di un buon reclutamento.

Video intervista con intelligenza artificiale

Ma poi, cosa porterà intelligenza artificiale a soluzioni di video interviste? Sottigliezza nell’analisi che attirerà l’attenzione dei selezionatori sugli aspetti che di solito li portano ad una buona o cattiva impressione generale, senza essere sempre in grado di spiegare perché. Soprattutto, gli algoritmi confermeranno, nel senso etimologico di “completare”, la riduzione delle distorsioni basate su età, sesso o diploma. L’era della diversità bussa alla porta.

In termini pratici, le soluzioni di video-intervista arricchite da algoritmi analizzeranno il comportamento dei candidati durante le interviste. Questa analisi viene poi confrontata con l’analisi dei candidati assunti in precedenza, concentrandosi su alcuni criteri chiave: tutto ciò che riguarda, ad esempio, la qualità dell’espressione (ricchezza Logo, vocabolario scelto, registro linguistico), la prosodia (ritmo, tono) o il modo di essere (sorridente, dinamico). L’intelligenza artificiale in queste soluzioni è un deus in machina, una mente che agita la massa di dati comparativi. Sulla base dei migliori talenti reclutati, la soluzione raccomanda quelli che considera i migliori candidati. Non più, non meno. Quindi, naturalmente, questo “dio della macchina” spaventa i fautori di processi più tradizionali che gridano all’inevitabilmente arbitraria onnipotenza degli algoritmi, alla minaccia per i reclutatori, a rischio di clonazione e riproduzione: Poiché l’intelligenza artificiale è progettata da uomini inclini a distorsioni, queste tendono a ripetersi ma in modo molto attenuato, come se il selezionatore beneficiasse, per ciascun candidato, dell’opinione di un gruppo di selezionatori.

 

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