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Digital manufacturing: cosa fanno le aziende

In attesa che il piano del Governo per l’Industria 4.0 dispieghi i suoi effetti, si è messo in moto un processo con più attori in campo per spiegare alle aziende cosa significhi il passaggio al Digital manufacturing.
Confindustria, finalmente, gioca un ruolo da protagonista . L’associazione degli industriali dell’Emilia Romagna, per fare un esempio, ha avviato un importante programma di formazione con un investimento di 3,5 milioni di euro che prevede 23mila ore di attività con settecento appuntamenti ch coinvolgeranno tremila tra imprenditori e manager.

Da parte loro i vendor, oltre che partecipare a questi appuntamenti, si muovono in autonomia come ha fatto Sap in Bocconi dove nei giorni scorsi si è svolto il primo di una serie di appuntamenti dedicati alle varie figure aziendali e al rapporto con il digital manufacturing. Questa volta erano di scena Cio e Coo secondo i quali il vendor, come è emerso dalla breve discussione in chiusura, in questo passaggio gioca un ruolo fondamentale. Grandi aziende a parte, le altre imprese hanno una forte necessità di consulenza di sapere cosa è possibile fare, hanno bisogno di case history per capire come tradurre nel loro business il digital manufacturing, ad esempio avere oggetti più smart e connessi. Guidata da Raffaele Secchi professor Operations & technology management e Gianluca Salviotti, professor Management information system, entrambi della Sda Bocconi, la lezione ha visto la presentazione dei dati di una ricerca condotta su un campione di oltre mille aziende appartenenti a differenti settori che ha coinvolto differenti figure aziendali.

Quattro aziende su dieci investono nella digitalizzazione

I dati indicano che il 68% delle imprese ha intrapreso o sta lanciando iniziative di digitalizzazione contro il 23% che non ne ha intenzione. Quattro aziende su dieci prevedono un incremento degli investimenti in digitalizzazione nei prossimi anni, mentre la responsabilità delle iniziative cade soprattutto sul responsabile dei sistemi informativi (48%), seguito dal dirigente indipendente dalla proprietà (40%), e dalla proprietà (40%). Ma non si tratta di lavori solitari. Il 47% infatti cita più di una figura e il 15% più di due. Solo una minima parte delle aziende si ritiene impegnato sulla “frontiera”, mentre la maggior parte pensa di essere in linea e il resto in arretrato.
Maggiore efficienza e produttività e migliore coordinamento interno sono i principali benefici che arrivano dalla digitalizzazione. Per quanto riguarda le tecnologie il cloud è  quella più presente nelle iniziative delle aziende, seguita dalla robotica avanzata e dall’Iot.
Ancora marginale la stampa 3D.

La carenza di risorse finanziarie limita l’evoluzione al digital manufacturing

Fra i freni che limitano l’azione delle aziende c’è soprattutto la carenza di risorse finanziarie, la difficoltà nello stabilire il ritorno dell’investimento, l’immaturità aziendale sulla digitalizzazione e la carenza di risorse interne. La ricerca indica un certo fermento e per i cio le indicazioni dei docenti dell’ateneo milanese parlano di  un ritorno ad alcuni buoni principi di management dei sistemi informativi. Per l’architettura il Cio ha il compito di interpretare gli stream tecnologici emergenti e di calarli in un disegno architetturale complessivo”, nella governance deve contribuire a ridisegnare i meccanismi di allineamento con il business in modo che l’architettura digitale tenda il più naturalmente possibile a soddisfare le esigenze aziendali, avendo ben chiari i confini di responsabilità fra chi si occupa di tecnologia informatica e chi si occupa di tecnologia produttiva, visto che il confine si sta sempre più assottigliando. Infine, sul fronte del risk management deve saper individuare e gestire i rischi aziendali che derivano dall’utilizzo di risorse digitali, in modo da creare un’architettura Risk aware.

Per quanto riguarda poi il piano del governo si sottolinea come le caratteristiche che devono possedere i macchinari che possono accedere all’iperammortamento (controllo per mezzo di Cnc, interconnessione ai sistemi informatici di fabbrica con caricamento da remoto di istruzioni e/o part program e altro) non siano così avanzate. Questo perché si è preso atto che il parco macchine italiane è arretrato e quindi forse era difficile pretendere un passaggio alle versioni di frontiera. Il rischio però è di fermarsi a un 2.5, massimo 3 e non arrivare all’obiettivo del 4.0.

 

 

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