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WhatsApp e Facebook: quali dati condividono?

Giovedì scorso il miliardo e più di utenti WhatsApp nel mondo ha ricevuto un messaggio relativo a una modifica dei Termini e delle Condizioni d’uso. Il messaggio informa gli utenti che WhatsApp potrà condividere alcune informazioni con le altre aziende del gruppo Facebook di cui fa parte dal febbraio 2014.

Del gruppo Facebook, oltre al social network più diffuso al mondo, fanno parte anche altri brand non meno importanti, come Oculus e Instagram, per esempio.

All’annuncio, pubblicato anche sul blog ufficiale di WhatsApp, è seguita la corsa al cosiddetto opt out, ovvero a come evitare che WhatsApp condivida indistintamente i dati dei suoi utenti a fini pubblicitari.

Evitare la condivisione è molto semplice, basta andare su Impostazioni->Account->Condividi le mie info di WhatsApp e togliere la spunta dal check box relativo. È possibile invalidare la condivisione entro 30 giorni dal 25 agosto e, comunque, l’opt out non evita che Facebook raccolga qualche dato dall’attività su WhatsApp ma non è dato sapere di cosa si tratti esattamente.

Se, invece, non si esercita il diritto di opt out, WhatsApp condividerà con le aziende del gruppo Facebook i dati seguenti – a meno di ripensamenti futuri:
– il numero di telefono
– l’ultima volta che è stato usato WhatsApp
– con quanta frequenza si usa l’app
– il sistema operativo utilizzato
– la risoluzione dello schermo
– l’operatore telefonico usato
– il modello di smartphone usato
– il prefisso mobile del Paese.

l’iniziativa è importante, intanto perché i creatori di WhatsApp hanno sempre insistito molto sulla protezione della privacy dei propri utenti e sull’evitare il ricorso alla pubblicità per sostenere la piattaforma.

Gli sviluppatori continuano a giurare di non condividere con nessuno i messaggi e i contenuti scambiati tra gli utenti, anche perché si cancellerebbero automaticamente dai loro server non appena il destinatario li legge. Inoltre, quest’anno è stata attivata la one-to-one encryption dei messaggi che eviterebbe la comprensione degli stessi a terzi.

Ma hanno anche sempre dichiarato nelle loro condizioni d’uso che la responsabilità dell’accesso della app alla rubrica telefonica e della dichiarazione del proprio numero di telefono, indispensabile per l’utilizzo della app, è tutta dell’utente, per esempio.

WhatsApp non è un ulteriore pericolo

Ancora una volta ci troviamo di fronte a contratti di utilizzo che non sempre scendono nei dovuti particolari ma anche, e soprattutto, a utenti poco informati che non vanno a fondo alle cose.

In verità, Facebook già conosce una marea di dati che ci riguardano e quelli eventualmente condivisi con WhatsApp non aggiungono poi tanto.

Dati “statici” che gli abbiamo fornito noi in fase di registrazione (età, sesso, titolo di studio, stato coniugale ecc.) e dati “dinamici” che gli forniamo ogni volta che usiamo il servizio: quando mettiamo un like, facciamo una condivisione, postiamo qualcosa, scriviamo un commento o un aggiornamento di stato. A suo tempo il Washington Post sostenne in un post molto popolare che Facebook potesse risalire ad almeno 98 informazioni personali anche solo intrecciando i dati personali con l’utilizzo quotidiano del servizio.

L’intreccio di questi Big Data, si sa, attraverso complessi algoritmi contribuisce a definire e aggiornare il nostro profilo di consumatore – e la nostra capacità di spesa – per proporre nella nostra bacheca i Facebook Ads che più ci possono interessare, ovviamente ai fini di un acquisto.

Come dicevamo, Facebook conosce già molte informazioni che WhatsApp condividerebbe con il social se non si procedesse con l’opt out. Probabilmente abbiamo dichiarato noi stessi il nostro numero di cellulare quando ci è stato richiesto con la scusa di recuperare l’account in caso di compromissione e lo stesso vale per la posizione. E l’utilizzo della app da smartphone permetterebbe molto facilmente l’accesso a informazioni come:
– il sistema operativo utilizzato
– la risoluzione dello schermo
– l’operatore telefonico usato
– il modello di smartphone usato
– il prefisso mobile del Paese.

Dunque, abbastanza rumore per (quasi) nulla. Certo, rimane aperta la questione della condivisione del numero di cellulare e di quelli della propria rubrica non tanto per iniziare con uno spam massivo di sms da parte di aziende che, ma non è dimostrabile, potrebbero acquistare quelle informazioni da Facebook e che comunque sarebbe fuorilegge, ma, più che altro per un’ulteriore profilazione dell’utente e per una maggiore definizione della rete di conoscenze sempre ai fini di una maggiore targetizzazione con i Facebook Ads.

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