Le aziende non stanno ancora beneficiando dei vantaggi che la virtualizzazione può portare alla protezione dei dati, patendo, anzi, problemi di capacità, complessità e costi che ne ostacolano le implementazioni. La tendenza emerge da un’indagine condotta su un campione di 500 CIO di Europa e USA.
Veeam Software ha presentato i risultati del “Virtualization Data Protection Report 2013”, terza edizione dello studio condotto sull’impatto della virtualizzazione nelle strategie di protezione, backup e ripristino dei dati.
La ricerca è stata realizzata da Vanson Bourne fra novembre e dicembre 2012 su 500 CIO di aziende con più di 1.000 dipendenti in Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti.
Ha evidenziato come le aziende non stiano ancora beneficiando dei vantaggi che la virtualizzazione può portare alla protezione dei dati, patendo, anzi, problemi di capacità, complessità e costi che ostacolano le implementazioni.
In molti settori, infatti, le capacità delle aziende in ambito data protection sono diminuite rispetto all’ultimo report di fine 2011.
Il 68% del campione ritiene che gli strumenti di backup e ripristino diventeranno meno efficaci con l’aumento dei dati e dei server all’interno dell’azienda.
Il ripristino dei server virtuali è solo di poco più veloce rispetto a quello dei server fisici: 5 e 6 ore, rispettivamente. Il dato è peggiorato rispetto al 2011, quando il ripristino richiedeva rispettivamente 4 e 5 ore.
Ogni ora di downtime costa all’azienda 324.793 dollari, che si traduce in un costo medio di 1,6 milioni di dollari per incidente.
Il ripristino di file individuali e applicazioni può richiedere ancora più tempo: il ripristino di singole email, ad esempio, richiede in media 14 ore.
Indipendentemente dai tempi di ripristino, le aziende hanno riscontrato problemi con più di 1 ripristino su 6.
L’88% dei CIO riscontra problemi di capacità connessi con il backup e il ripristino, l’84% con la complessità e l’87% con i costi.
I risultati dimostrano che la data protection è ancora un compito difficile da affrontare.
Il 58% dei CIO sta pensando di cambiare gli strumenti di backup per gli ambienti virtuali entro il 2014.
Un server su due è virtuale
Attualmente l’infrastruttura virtuale coinvolge il 51% dei server aziendali, e si prevede che la percentuale crescerà fino al 63% nel 2014.
I CIO sono consapevoli dei problemi che questo aumento dell’infrastruttura virtuale può causare in ambito data protection: l’88% ha identificato una serie di problemi di capacità che si possono ripercuotere sul backup e sul ripristino dei server virtuali, mentre l’84% ha riconosciuto problemi di complessità e l’87% difficoltà a livello di costi.
Allo stesso modo, il 77% delle aziende che utilizzano strumenti di backup agent-based hanno riscontrato problemi o difficoltà di gestione con questa tecnologia: tra questi, una gestione troppo complessa (43%), backup falliti troppo spesso (32%), ripristini falliti (28%), l’eccessivo costo della tecnologia (20%) e agenti che rallentano le performance dei server (18%).
Il segnale che indica come le imprese stiano iniziando a rendersi conto di questo fenomeno è dato dal fatto che il 58% degli intervistati ha in programma di cambiare gli strumenti di backup utilizzati per i server virtuali entro il 2014.
La spinta principale a questo nuovo atteggiamento è di tipo finanziario, con il 51% dei cambiamenti dovuti al TCO e il 42% agli attuali costi per hardware e software.
La complessità è motivo di cambiamento per il 47% degli intervistati, ma altri fattori sono anche costituiti dal mancato raggiungimento dei Recovery Time Objective (32%) e dei Recovery Point Objective (24%).
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