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Smart textiles: il futuro è degli abiti con emozioni

Chi si occupa di wearable e di smart textiles vi dirà che in fondo non è concettualmente complicato usare sensori per rilevare i parametri del corpo e quindi, indirettamente, anche alcune emozioni.

C’è tutto un mercato di wearable che rileva molti parametri vitali, anche se pensando principalmente al fitness. Ma la stessa tecnologia può essere applicata alla creazione di abiti interattivi, un approccio che viene seguito da qualche tempo, un po’ a metà tra il fashion e l’arte, e ha dato vita al comparto degli smart textiles.

Smart textiles è una definizione non proprio precisa ma dà l’idea. I tessuti in sé non sono smart ma lo diventano collegati a componenti elettroniche e a sensori, per il momento scelti e programmati ad hoc per il progetto che si vuole realizzare. In futuro, spiegano però i designer attivi in questo campo, si potranno avere abiti smart in cui l’elettronica sarà stata standardizzata, prodotta in massa e programmata in precedenza.

Spider Dress

Per ora ovviamente di produzione in massa non se ne parla. Oppure è l’eccezione e non la regola, una ragione per cui il settore degli smart textiles fa fatica a decollare. Gli investitori non amano molto i progetti di ricerca anche quando hanno prospettive interessanti, vorrebbero prodotti più facilmente commercializzabili.

In alcuni casi le premesse in questo senso ci sono, anche se i progetti sembrano davvero peculiari. Il Mood Sweater di Sensoree, ad esempio, è in fase di preordine. È descrivibile come un top con un collo particolarmente alto al cui interno alcuni LED si illuminano di colori diversi a rappresentare lo stato d’animo di chi lo indossa. Questo viene rilevato da alcuni sensori già diffusi nei wearable sportivi.

Mood Sweater

In altri casi le creazioni sono più dimostrative che altro ma i loro designer hanno già raggiunto una notevole notorietà, anche se forse più in campo tecnologico che nel fashion. L’esempio forse più evidente è Anouk Wipprecht, i cui vestiti stampati 3D hanno sfilato nelle fashion week più note e che è frequentemente in collaborazione con grandi aziende sia dell’elettronica sia della stampa 3D. Alcuni suoi progetti sono basati sul collegamento tra smart textiles (un po’ in senso lato, di solito in stampa 3D) e sensori.

Wipprecht spiega tra l’altro che gli abiti del futuro potrebbero non essere puramente estetica ma “espandere la nostra coscienza, agendo come una seconda pelle intelligente” e che potremo “comunicare i nostri stati interiori attraverso i vestii che indossiamo”. Lo Spider Dress, che “attacca” quando chi lo indossa si sente minacciato, è un esempio di questa visione.

ISSHO

Ci sono anche strade meno tecnologiche. Pauline van Dongen ha collaborato con la milanese ItalDenim per realizzare ISSHO, una giacca in denim che integra filamenti conduttivi e piccoli motori. Quando la giacca rileva un tocco su alcune sue parti, si “muove” sulla schiena di chi la indossa per rendere la sensazione del tocco più evidente e. si spiega, spingere ad avere una maggiore percezione del proprio corpo. Anche questa è una forma di smart textiles.

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