Rifiuti elettronici, le cose da sapere

Dall’1 gennaio 2007 è un obbligo di legge il corretto smaltimento. Obblighi e doveri per i soggetti coinvolti dal RAEE.

febbraio 2007 La sigla RAEE (Rifiuti da apparecchiature elettriche
ed elettroniche) sta entrando prepotentemente nel gergo delle aziende interessate,
che sono soprattutto i produttori ma anche i distributori e gli enti locali,
e presto arriverà anche alle aziende. Esiste infatti fin dal 2005 un
decreto legislativo che recepisce direttive comunitarie e obbliga i soggetti
interessati a farsi carico del problema ma finora mancavano i decreti attuativi
e ci sono stati ritardi. Ora qualcosa si muove e l’ultima scadenza, quella
del 1 gennaio 2007, è stata confermata secondo l’impegno del Ministero
dell’Ambiente, per cui bisogna aspettarsi molte novità.

Le normative europee riguardanti i RAEE fanno riferimento essenzialmente alla
Direttiva n.2002/96/CE recepita in Italia con il Decreto legislativo n.151 del
25 luglio 2005. Per come è stata concepita in Europa, la gestione dei
RAEE prevede l’obbligo della raccolta, del trattamento, del riciclaggio
e del recupero dei rifiuti da apparecchiature elettroniche, con finanziamento
della maggior parte di queste attività a carico dei produttori delle
apparecchiature nuove. Si parla di oltre 6 milioni di tonnellate, che costituiscono
il 4% di tutti i rifiuti prodotti in Europa, con un tasso di crescita di almeno
il 5% l’anno.

Ma chi sono i produttori? La legge fa riferimento a chiunque, a prescindere
dalla tecnica di vendita utilizzata, fabbrica e vende con il proprio marchio
apparecchiature elettriche ed elettroniche; rivende sotto il suo marchio apparecchiature
prodotte da altri fornitori; importa o immette per primo sul mercato nazionale
le apparecchiature nell’ambito di un’attività professionale.
In pratica il rivenditore non viene considerato produttore se non c’è
il suo marchio sui prodotti che vende, ma lo diventa se acquista il prodotto
da qualcun altro e prima di rivenderlo vi appone il suo nome.

A questi soggetti, come dicevamo, spetta l’onere maggiore, mentre il
carico dei costi non dovrebbe toccare gli utenti finali, se non si considerano
eventuali ricadute sul prezzo d’acquisto dei prodotti. Inoltre i produttori
hanno l’obbligo di non utilizzare determinate sostanze pericolose, espressamente
previste dalla Direttiva 2002/95/Ce (mercurio, piombo, cromo esavalente, bifenile
polibromurato, etere di difenile polibromurato) per ottemperare alla quale è
peraltro prevista una semplice autodichiarazione del produttore stesso. I produttori
sono anche obbligati a registrarsi presso un apposito Registro, alla cui definizione
ha provveduto il Ministero dell’Ambiente. L’iscrizione si effettua
presso la Camera di Commercio della circoscrizione in cui si trova la sede legale
dell’azienda.Stando alla normativa di riferimento, hanno un ruolo attivo
anche i distributori che debbono invece garantire il ritiro gratuito dei RAEE
a fronte dell’acquisto da parte del cliente di un prodotto con analoghe
caratteristiche di quello da smaltire.

La partenza dei nuovi obblighi, originariamente collocata nel periodo 1°
luglio, 13 agosto 2006, è stata spostata alla data di emanazione dei
decreti attuativi del D. Lgs. 151/2005. Sul divieto di commercializzazione delle
apparecchiature contenenti sostanze pericolose, una circolare del Ministero
dell’Ambiente del 23 giugno 2006 ha chiarito che lo stesso non vale per
le apparecchiature immesse sul mercato, come prodotto finito, alla data del
25 giugno 2006, ancorché giacenti presso i magazzini del produttore.

Il 25 ottobre 2006 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare, ha presentato i primi decreti di attuazione RAEE. I decreti necessari
per dare il via al sistema disegnato dal D.Lgs.151 del 2005 hanno avuto quindi
la scadenza istituzionale del 1 gennaio 2007.

Cosa cambia con i nuovi provvedimenti ministeriali? In realtà è
meglio chiedersi se effettivamente il sistema di gestione dei RAEE è
in grado di partire con tutti i necessari sistemi di controllo ovvero se i nuovi
decreti ministeriali, che forniscono i necessari chiarimenti sui procedimenti
d’obbligo, costituiranno veramente lo startup italiano agli obblighi comunitari.

Il 29 dicembre 2006 è stato incluso nel decreto “Milleproroghe”
(Dl 300/2006) un ulteriore rinvio della data di partenza del sistema RAEE, che
secondo la nuova legge dovrebbe partire entro il 30 giugno 2007. Si deve infatti
tenere conto dei tempi tecnici necessari per l’operatività di tutti
i provvedimenti organizzativi e della creazione del registro dei produttori,
prevista a 90 giorni dalla pubblicazione del DM.

Inoltre mancano ancora altri decreti che devono completare le disposizioni
del D.Lgs. 151/2005, fra le quali quelle sulle garanzie finanziarie che i produttori
devono prestare allo Stato, le regole sulla vendita a distanza, l’integrazione
dell’Albo Gestori con una sottocategoria per i recuperatori dei RAEE.

A questo punto è chiaro che al centro del meccanismo virtuoso che dovrebbe
essere attivato dalle nuove normative ci sono i produttori, i quali dovendosi
sobbarcare il maggiore onere del trattamento, del recupero e del riciclaggio
dei prodotti, possono anche intervenire direttamente in questi processi con
una corretta progettazione delle apparecchiature, un’accurata campagna
di informazione agli utenti finali anche attraverso la documentazione fornita
con i prodotti e un intenso rapporto con chi realizzerà in pratica il
trattamento e lo smaltimento.

Per questo si stanno già creando dei consorzi che riuniscono molte
grandi firme dell’elettronica di consumo e della tecnologia informatica,
come Re.Media (www.consorzioremedia.it) che dall’ottobre del 2006 fa parte
del WEEE Forum, l’associazione europea che raccoglie i più importanti
organismi no-profit dell’Unione Europea per l’attuazione delle direttive
sui rifiuti elettronici.
I controlli sono assicurati da tre organismi già previsti dal D.Lgs.
151, e mai, sino ad ora, diventati operativi: un Centro di coordinamento, un
Comitato di indirizzo e un Comitato di vigilanza e di controllo sulla gestione
dei RAEE.

Il Centro di coordinamento è costituito proprio dal consorzio, al quale
partecipano tutti i sistemi collettivi di gestione dei RAEE anche professionali;
i mezzi finanziari per il suo funzionamento sono assicurati dai contributi dei
soggetti partecipanti. Il Comitato di indirizzo è composto da associazioni
di categoria, associazioni ambientaliste e di consumatori. Entrambi questi comitati
si rapportano con il Comitato di vigilanza e controllo fornendo dati e formulando
proposte. Il Comitato di vigilanza e controllo è il punto di riferimento
di tutto il sistema RAEE e si avvale dell’Apat (l’Agenzia nazionale
per l’ambiente) e della Guardia di Finanza. Anche per questo organismo
gli oneri di funzionamento sono a carico dei produttori di apparecchiature elettriche
ed elettroniche.

Guardando le cose dal punto di vista dell’utente finale, presto i prodotti
di elettronica in regola avranno tutti il simbolo del cestino barrato, che rappresenta
il divieto per il consumatore di gettarli via tra i rifiuti generici. All’atto
dell’acquisto di un nuovo computer si potrà portare quello vecchio
presso lo stesso distributore da cui si acquista il prodotto nuovo, che sarà
obbligato a ritirarlo. Ricordiamo che l’obbligo vale solo per un singolo
prodotto nel cambio con l’acquisto di un prodotto nuovo dello stesso tipo,
non necessariamente della stessa marca. Nella documentazione del nuovo prodotto
dovrà essere comunque riportato un testo di sensibilizzazione e di informazione
sulle procedure di riciclaggio e le sanzioni previste in caso di mancato adempimento.

Il PC ecologico
Per portare avanti un processo virtuoso che riduca l’impatto ambientale
della tecnologia ci vogliono prima di tutto nuove tecniche produttive e un’attenta
scelta dei materiali all’origine.

I PC attuali, per esempio, sono molto più “verdi” di quelli
anche solo di cinque anni fa, e i più grandi produttori si sfidano fortunatamente
anche sul piano della qualità dell’ambiente, realizzando macchine
più facili da riciclare e meno inquinanti anche se abbandonate nelle
discariche.

È cambiata anche la varietà dei materiali, che è un ostacolo
alla creazione di un riciclato omogeneo: le plastiche che una volta erano di
sei tipi diversi ora appartengono a una o al massimo due tipologie e non vengono
usati materiali pericolosi per l’incollaggio, ma solo tasselli ad incastro.
Perfino le viti del monitor sono state eliminate, così da rendere più
veloce il disassemblaggio.

Molto lavoro è stato fatto anche per rendere più ecologiche le
batterie che sono ormai prive di pericolosi inquinanti come il cadmio e il mercurio.
Nei circuiti stampati il piombo, necessario per alcune saldature, è quasi
sparito, passando da 12 g a un solo grammo per ogni motherboard e si prevede
che presto potrà essere eliminato del tutto.

Per ottenere questo risultato si sostituiscono le saldature tradizionali con
argento in atmosfera di azoto e si risparmiano ogni anno in fase produttiva
migliaia di litri d’acqua. Può darsi che in qualche caso le nuove
tecniche costruttive portino a risultati finali un po’ meno soddisfacenti
al tatto e alla vista per gli utenti e qualche volta capita di lamentarsi per
la maggiore solidità dei computer “di una volta”. In realtà
l’affidabilità di molti componenti è aumentata, il peso
di notebook e desktop si è ridotto di tantissimo e se qualche particolare
può non piacere, i vantaggi in termini di salute dell’ambiente
valgono bene il prezzo pagato.

Cosa si ricicla in un computer
Un normale PC, senza monitor, può essere riciclato in via teorica al
92%. I materiali di cui è composto, plastiche, gomme e metalli, possono
infatti essere sottoposti a un processo di rigenerazione che permette il recupero
del 53% delle materie prime e per il 39% è possibile ricavarne energia
per combustione. In realtà ci sarebbero singoli componenti elettronici
che possono essere riutilizzati così come sono, anche se il processo
di identificazione e reimmissione sul mercato può risultare a volte troppo
specializzato e costoso. Volendo analizzare nel dettaglio la composizione di
un computer, si arriva comunque a individuare oltre mille elementi diversi,
anche se in percentuali ridotte rispetto al peso complessivo, alcuni dei quali
rari, come l’oro, l’argento, il titanio o il berillio, altri pericolosissimi
per l’ambiente anche in piccole quantità, come il piombo (oltre
1 kg nelle saldature),
il cadmio o il cromo. Di seguito, la composizione di un PC secondo i dati forniti
dall’Apat.

Obblighi e diritti
I produttori. Devono consorziarsi per provvedere alla raccolta,
al trattamento e al riciclaggio delle apparecchiature. Devono produrre la documentazione
informativa per gli utenti. Devono abolire dai nuovi prodotti l’uso di
materiali pericolosi per l’ambiente.

Distributori e rivenditori
Al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura devono assicurare a
chi acquista il ritiro gratuito della apparecchiatura usata. Devono anche provvedere
a informare gli acquirenti circa le modalità di raccolta differenziata
e le sanzioni previste per chi trasgredisce. Devono segnalare l’eco contributo
ambientale sull’etichetta del prezzo qualora richiesto dai produttori.

Aziende, professionisti e privati
Hanno l’obbligo di non gettare via in modo indifferenziato i prodotti
contrassegnati col simbolo del cestino barrato. Hanno il diritto di chiedere
al rivenditore o distributore di ritirare gratis i prodotti vecchi se si acquista
un apparecchio nuovo dello stesso tipo.

Le sanzioni previste

  • da 150 a 400 euro per il rivenditore che non ritira l’usato senza
    sovrapprezzo;
  • da 30.000 a 100.000 euro per i produttori che non si occupano dei sistemi
    di raccolta RAEE;
  • da 2.000 a 5.000 euro per mancata informazione agli acquirenti
  • da 200 a 1.000 euro ad apparecchio per chi immette sul mercato apparecchiature
    elettriche o elettroniche senza il simbolo di raccolta separata.

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