Quando la spazzatura diventa business per I’Ict

La gestione dei rifiuti è un tema d’attualità soprattutto per la vastità del target interessato

Che mercato è quello dell’informatica per l’ambiente
e quali sono i potenziali clienti di questo settore? Bella domanda. Qualsiasi
azienda, come ognuno di noi, prima o poi si deve rapportare all’ambiente
(che poi altro non è che l’insieme di ciò che ci circonda
e con cui interagiamo quotidianamente). Modifichiamo l’ambiente che ci
ospita sfruttandone le risorse primarie e mettendole a dura prova. Privati
cittadini o aziende, abbiamo bisogno di acqua, di gas, di petrolio, di
energia e produciamo rifiuti, di ogni tipo, che vanno a modificare in
modo irreversibile l’ambiente che ci circonda.
Circoscrivendo l’ambito alle aziende, allora, potremmo parlare di quelle
che si occupano di produrre, distribuire e gestire le risorse naturali,
indicando un preciso mercato, quello delle public utilities. Oppure potremmo
parlare di un mercato molto più vasto, quello delle aziende o degli
enti pubblici che hanno a che fare con la gestione e lo smaltimento di
rifiuti speciali. Un mercato interessante anche alla luce dell’adeguamento
delle normative italiane alle direttive europee.

Bisogni globali per realtà locali. Il settore delle public utilities
sta vivendo un momento d’oro conseguente al passaggio dalla gestione pubblica
a quella privata, dove, in regime di concorrenza, fare business è
l’obiettivo principale. Per fare business e vincere sulla concorrenza
sono fondamentali delle infrastrutture hardware e software valide ed efficienti.
È altresì vero che parliamo di aziende di certe dimensioni,
che richiedono infrastrutture complesse e integrate e che sono già
nelle mani dei nomi che contano. Ma non c’è da disperarsi, innanzitutto
perché il mercato delle utilities comprende le "local utilities",
un universo di circa 1.400 aziende che se non producono fonti di energia,
le gestiscono e le erogano. È in questo mondo che il dealer può
portare i suoi servigi. È un mondo che può avere bisogno
di strutture applicative ma, soprattutto, che è fortemente distribuito
sul territorio e che richiede un partner locale che lo possa assistere
continuamente nell’adeguamento alle richieste di un mercato in forte evoluzione.
Di tutta l’infrastruttura Ict necessaria ci sono alcune componenti di
importanza fondamentale. Parliamo di software per la gestione contabile
e amministrativa degli approvvigionamenti e delle commesse, di quelli
per la rilevazione dei consumi e il loro conseguente calcolo, la gestione
delle attività di manutenzione, il telecontrollo e, infine, della
parte di gestione del cliente tipicamente Web based. È facile che
molte di queste realtà siano in parte già strutturate, mentre
è possibile che debbano risolvere problemi di integrazione tra
i diversi applicativi oppure che debbano ancora sviluppare l’interfaccia
di comunicazione verso i clienti finali. C’è, poi, tutta l’attività
di aggiornamento dinamico alle normative, ancora in piena evoluzione e,
anche in questo caso, si tratta spesso di puro sviluppo.

I meandri della burocrazia. Per quanto riguarda l’altra tipologia
di clientela, quelle aziende che si trovano di fronte alla necessità
di gestire i rifiuti speciali e l’impatto ambientale o devono applicare
la complicata normativa in materia, le opportunità sono più
alla portata di un rivenditore di hardware e software, anche senza una
spiccata tendenza allo sviluppo e all’integrazione. I programmi
disponibili per il settore sono dei gestionali particolari in cui sono
sviluppate alcune componenti specifiche. In primo luogo un’azienda
deve essere in grado di capire qual è il proprio impatto ambientale,
per questo l’apposito modulo del software, in questa fase preliminare
gestito spesso da personale autorizzato formato direttamente dalla software
house, richiede varie informazioni relative all’attività
di produzione dell’azienda in modo da comprenderne l’impatto
ambientale secondo il regolamento Emas (Eco-management and audit scheme).
È uno strumento messo a punto dall’Unione europea già
dal 1993, ma rivisto nel 2001, per ora a carattere volontario, volto a
promuovere costanti miglioramenti all’efficienza ambientale delle
attività industriali. Si tratta, dunque, di raccogliere delle informazioni
in modo da definire lo scenario in cui l’azienda opera. Dal punto
di vista informatico è un’acquisizione di dati da effettuare
in modo intelligente per poter poi avere una visione ordinata dell’impatto
ambientale. I software preposti, in genere, sono in grado di preparare
una valutazione degli effetti sull’ambiente delle attività,
dei prodotti e dei servizi dell’azienda, e permettono di valutare
eventuali deficienze normative e i modi corretti di procedere per risolverle.
In Italia la normativa di riferimento è il decreto Ronchi approvato
nel 1997 e poi modificato nel 2002 per recepire la normativa europea.
Nel nostro Paese, inoltre, vige la norma Iso 14001, direttamente recepita
a seguito della corrispondente norma mondiale (Enviromental management
system), un punto di riferimento per la certificazione dei sistemi di
gestione ambientale. Le aziende che si certificano in qualche modo garantiscono
che la propria attività sia conforme a tutte le normative. La certificazione
può essere svolta da società autorizzate e i software a
disposizione permettono di automatizzare tutta la procedura necessaria.
Come abbiamo preannunciato, le disposizioni vigenti hanno, per ora, poco
di obbligatorio, ma c’è un adempimento che tutte le aziende
che producono rifiuti sono tenute a eseguire, si tratta del Mud (Modello
unico di dichiarazione ambientale), una sorta di "dichiarazione
dei redditi" ambientali che, se non presentata, comporta anche delle
penali.
Il Mud, dunque, dal punto di vista informatico diventa il risultato di
una procedura espletabile da un programmino apposito, né più
né meno come una classica dichiarazione dei redditi. Il carattere
di obbligatorietà del documento può essere una buona motivazione
a introdurre la problematica presso il cliente.

Le particolarità del mercato. Anche solo per costruire il Mud è
meglio affidarsi a un applicativo specifico piuttosto che mettersi a svilupparne
uno, visto che il costo non è dei più proibitivi e si può
proporre l’acquisto al cliente anche come un investimento in previsione
che la normativa diventi più restrittiva. Un buon applicativo di
gestione ambientale deve essere in grado di replicare i dati acquisiti
nel caso, per esempio, di più stabilimenti di produzione e per
seguire dinamicamente l’evoluzione dell’azienda. Fondamentale,
inoltre, descrivere correttamente le attività svolte dall’azienda
e, soprattutto, gli elementi che possono costituire un potenziale danno
ambientale, costruendone un registro. La domanda ora potrebbe essere:
perché non integrare questi moduli all’interno di un Erp
preesistente? Si può fare, certo, ma a che prezzo? I software che
abbiamo analizzato sono semplici da usare, basati su piattaforma Windows
e relativamente snelli.
L’integrazione all’interno di un’infrastruttura preesistente
può essere giustificata magari in strutture di una certa dimensione
e con esigenze complesse, per esempio in quelle aziende che di mestiere
eseguono lo stoccaggio e il riciclo dei materiali, quelle per cui la gestione
dei rifiuti è il core business. Ma la valutazione dell’impatto
ambientale coinvolge un target potenzialmente immenso, in pratica tutte
quelle aziende che producono o distribuiscono qualcosa e, se le normative
sono ancora poco restrittive, c’è comunque da aspettarsi
che in futuro le richieste del legislatore diventino sempre più
pressanti e richiedano un obbligo di adeguamento.

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