A colloquio con il management team italiano. C’è una urgenza di digital transformation cui il cloud può dare una risposta davvero conbcreta.

A pochi giorni dall’apertura dell’edizione 2014 di OpenWorld, Oracle ha presentato ufficialmente il suo nuovo management team italiano.
Fabio Spoletini, country leader e responsabile della divisione Technology, Gianni Ravasio, responsabile delle Applications ed Emanuele Ratti, alla guida della divisione Systems, sono oggi di fatto il team più giovane a livello Emea, un richiamo a un dinamismo necessario, sopratuttto in contesti economici non semplici.

Lo sottolinea subito Fabio Spoletini, che parla di un ”senso di urgenza necessario nelle imprese italiane. Le aziende devono affrettare il percorso di digtal transformation e Oracle è in grado di supportarle”.
In una situazione di grave crisi, prosegue, ”l’unica soluzione è un processo accelarato di trasformazione digitale. Una terza evoluzuiine industriale che parte dall’eclissi del capitalismo e dall’Internet delle Cose”.
L’assunto è semplice: oggi ci sono 14 miliardi di oggetti connessi, destinati a diventare 300 trilioni nel 2030. ”Tutto questo non potrà non avere un impatto sulle nostre vite e sulle nostre abitudini”.
È una rivoluzione industriale senza le barriere di ingresso del passato, nella quale il numero degli innovatori è potenzialmente decuplicato, a fronte di costi decimati: ”Siamo digitalizzati e sempre connessi, le aziende devono adattarsi ai nostri profili: la tecnologia sarà anche invasiva, ma noi la sfruttiamo e chiediamo servizi”.
Parla di digital business Spoletini, ovvero dell’utilizzo di qualsiasi tecnologia digitale per promuovere vendere e abilitare miglioramenti e innovazioni di prodotto, servizio e processo.
”Ma se penso all’Italia io vedo aziende che devono cambiare pelle: le aziende che rappresentano l’ossatura economica del paese devono capire come il business digitale impatta su di loro. In Italia è nercessario acquisire una forte consapevolezza del senso di urgenza, che ancora non c’è visto che solo il 27% degli executive oggi ritene che la digital disruption sia questione di sopravvivenza”.
La visione è chiara: nel momento in cui ci si sposta sul digitale si perde il rapporto con la persona. Questo significa giocarsi come azienda, rispondendo al meglio al cliente, offrendo il miglior servizio.
”E per essere vincente devo raccogliere dati e devo essere abile a trarne valore, per ottimizzare il business con il mio cliente. L’impatto è dirompente”.
Si riaprono le sfide sul mercato, si mettono a rischio modelli di business tradizionali, cambia il processo decisionale.
”Si crea una una collaborazione più stretta tra chief marketing officer e Cio, ci si apre a un confronto bottom-up, adottando ad esempio strumentri di ascolto dei dipendenti”.
Ma perché questa visione si realizzi ci vogliono skill digitali che ancora non tutte le imprese, e a maggior ragione quelle italiane, possiedono.

”Il digitale è un’onda che va gestita e non deve travolgere. Come Oracle noi guardiamo molto pragmaticamente ai processi aziendali, con un focus specifico su cloud e mobility, ai dati e alle informazioni, in questo caso focalizzandoci sul data center.
Il cloud abbatte la complessità, è vicino al business, veloce, flessibile modulabile, efficiente: ”sua caratteristica è la standardizzazione del processo, mentre dal punto di vista finanziario non pone barriere d’ostacolo”.
Il datacenter di Oracle per la trasformazine digitale è performante, è real time in termini di dati e di processi, è sempre disponibile, è sicuro, consente la gestione di grossi volumi di dati, si adatta a nuovi workload non sempre predicibili: ”Il datacenter è un elemento abilitante”.
”La nostra strategia – conclude Spoletini – è non lasciare niente al caso: per questo portiamo sul mercato uno stack completo, best of breed, open, con performance estreme, sia on premise, sia in cloud, pubblico, privato o ibrido”

Sul cloud interviene Gianni Ravasio, che parla di una rapida evoluzione del mercato in Italia, con un coinvolgimento di imprese di qualunque dimensione.
”Il cloud – spiega – non è un abilitatore tecnologico ma un abilitatore di business, dal momento che abilita e accelera l’innovazione liberando budget, riducendo il time to market e ridisegnando i processi aziendali in chiave moderna”
Soprattutto dà la possibilità alle aziende di sperimentare.

In questo scenario, Oracle si propone come interlocutore di riferimento, con una offerta che proprio da questo mese passa in full cloud.
Il public cloud di Oracle consente dunque a tutte le imprese, anche quelle di piccolissime dimensioni, di accedere alla sua piattaforma di soluzioni e servizi.
”Se pensiamo a un’azienda che in pochi mesi ha dovuto assumere qualche centinaio di persone – esemplifica Ravasio citando un caso-cliente – ci rendiamo conto che aver portato lo human capital management in cloud significa aver trovato nel cloud un fattore critico di successo”.

Emanuele Ratti interviene invece sul tema datacenter.
Siamo passati da pochi utenti a miliardi di utenti, dove con utenti si intendono anche gli smart device collegati. Tutto questo porta a una richiesta di velocità computazionale molto variabile”.
Si parla dunque di una nuova distribuzione dei workload che determina un diverso assetto dei datacenter e della capacità computazionale: il carico transaizonale si riduce, mentre si caricano altre risorse, ad esempio l’ archiving.
Un aumento di richieste, dunque, che si accompagnma tuttavia a una parallela domanda di riduzione dei costi: in media il 38% in meno nell’arco di tre anni.
”A questa situaizone Oracle risponde con le sue soluzioni e il suo approccio semplificativo”.
Oracle propone dunque un percorso evolutivo per la semplificazione del datacenter, nel quale non ci sono più silos e gli abilitatori sono rappresentatti dalla Oracle 3 tier architecture, da Oracle Virtual Network, Virtual C omputing Appliance, Enterprise cloud ed Engineered systems, questi ultimi ”la punta di diamante per la gestione dei large workload e per il real time information management”.

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