Mark Hurd: Oracle? Un One Stop Technology Provider

A colloquio con il presidente di Oracle a un anno dal suo ingresso in azienda. La sua visione, le prospettive. Per Oracle, 42 miliardi di cash, ma nessuna acquisizione strategica all’orizzonte.

San Francisco – Lo scorso anno la sua presenza sul palco di Oracle OpenWorld aveva semplicemente sancito il passaggio appena avvenuto.
Un anno fa, Mark Hurd era, per la platea di San Francisco, “l’uomo Hp approdato in Oracle”.
Passati dodici mesi, Hurd, che di Oracle è presidente, ha ben chiara la visione del percorso fatto dall’azienda e delle direzioni strategiche che la attendono nei prossimi quarter.

Lo abbiamo incontrato a margine della manifestazione in corso fino al prossimo 6 ottobre e così ha dichiarato“Oracle vuole diventare un one stop technology provider. Abbiamo le migliori tecnologie per ogni livello dell’infrastruttura e stiamo lavorando per armonizzare tutti questi componenti”.
Parla del cambiamento epocale in atto nel mondo It e mostrando il suo telefono ironizza: “Questo dispositivo ha la stessa potenza di calcolo di una macchina Vax. Ora, vi immaginate milioni di persone circolare con una macchina Vax in tasca?”.
Paradossale, certo, ma efficace per sottolineare come tutta l’infrastruttura It oggi debba servire al bisogno di informazioni espresso a qualsiasi livello.

L’attività di integrazione che Oracle sta portando su tutta la sua offerta (il claim Hardware and Software engineered to work together) è fondamentale perchè aiuta a creare l’infrastruttura che serve, contenendo nel contempo i costi.
Si elimina la necessità di interventi di integrazione, armonizzazione, configurazione, tuning, riducendo i tempi, comprimendo i costi e, nel contempo “innovando, qualunque sua l’ambito di applicazione”.

Certo, c’ė molto più hardware in questa nuova Oracle, “basti pensare agli annunci più recenti, dal supercluster a Exalytics fino alla proposta sui big data. Stiamo portando moltissima tecnologia nel mondo It. Ma non è un hardware fine a se stesso. È un hardware con capacità”, associato dunque a un’idea di soluzioni e servizi. Ed è anche una sfida: “Stiamo entrando diversamente all’interno delle aziende, cercando di far capire loro il valore dell’integrazione”.
E se è vero che Oracle si muove per integrare, testare, certificare soluzioni complesse composte di hardware, software, storage, sicurezza, applicazioni, è altrettanto vero che il suo approccio crea un forte bisogno di servizi, per i quali è fondamentale l’apporto dell’ecosistema dei partner che, “composto di 265.000 realtà a livello mondiale, rappresenta per noi un asset importantissimo”.

Non parla di Hp né si addentra in paragoni tra Oracle e Hp (“Sono due realtà troppo diverse nelle strategie, nei processi, nei modelli di business”), piuttosto, di fronte alla domanda su cosa gli abbia dato maggiore soddisfazione in questo primo anno in Oracle risponde con decisione: “La maturazione degli Industry Group all’interno dell’azienda”.

Inevitabile, in conclusione, una domanda su possibili prossime acquisizioni, magari studiate con l’obiettivo di aggiungere qualche “pezzo di tecnologia” al momento assente dal portafoglio dell’azienda.
“In questo momento trovo il nostro portafoglio abbastanza completo e la nostra crescita in questa fase è sostanzialmente organica. Abbiamo 42 miliardi di dollari cash, ma non è detto che li si debba spendere tutti, né spendere tutti in acquisizioni. Poi è vero che Oracle è costantemente in fase di acquisto, tuttavia mi sento in questo momento di dire che all’orizzonte non ce ne è nessuna particolarmente strategica”
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