La ripresa dell’It stenta. Il 2004 si apre in negativo

Ancora sul rapporto Assinform: Tlc avviate a consolidare la crescita del 2003, cala l’informatica (-1,4%). Bene solo i pc e, in piccola parte, il software.

1 giugno 2004

Il primo periodo dell’anno porta con sé segnali di leggero ottimismo da interpretare con la giusta attenzione, perché non è detto che prosegua fino alla fine.


Con questa cauta osservazione il presidente di Assinform, Pierfilippo Roggero, ha inaugurato il convegno dell’Associazione nazionale dei maggiori player dell’Ict, che ha sancito il rilascio del corposo volume "Rapporto sull’informatica, le telecomunicazioni e i contenuti multimediali 2004".


Giunto alla 35esima edizione (elaborato negli ultimi vent’anni da NetConsulting), quest’anno il Rapporto presenta tre nuovi capitoli, relativi al settore dei contenuti e servizi multimediali, area diventata d’interresse in seguito alla fusione con Anee.


Che in Italia la situazione economica nel 2003 sia stata quasi stagnante lo si evince dall’andamento del Pil, cresciuto dello 0,4%, valore che se è in linea con la media europea (0,5%), non lo è con il resto del mondo (area Ocse 2,2%).


Nell’analizzare gli elementi che fanno da freno alla ripresa generale del tessuto produttivo (tra cui la difficoltà delle aziende di accedere a forme di credito agevolato, a finanziamenti pubblici, di dover sottostare a vincoli di tipo fiscale, come l’Irap), Roggero ha ricordato che l’Associazione è sempre in prima fila per stimolare da parte del Governo le mosse necessarie per aiutare il Sistema Paese a investire maggiormente nell’innovazione e nell’It, che va vista come un processo essenziale per rilanciare il business delle imprese.


Giancarlo Capitani, responsabile di NetConsulting, nel riprendere il filo conduttore di dati già presentati in anteprima nel marzo scorso, ha ricordato che il 2003 ha evidenziato per il mercato dell’Ict nazionale un debolissimo segnale di ripresa (+0,1%), dovuto soprattutto alle Tlc che sono cresciute dell’1,8%, contro un pesante negativo dell’It (-3,2%), al cui interno si evidenziava anche il negativo di software e servizi (-2,2%) per la prima volta nella storia del settore.


Questo risultato, come ha ancora una volta sottolineato Capitani, è dovuto all’impatto negativo dell’economia, ad atteggiamenti sempre più conservativi delle imprese, che sono ritornate a vedere l’It come un costo, e, infine al downpricing dei servizi professionali.


Il 2003 ha confermato una forte concentrazione della spesa It presso i grandi utenti: infatti le imprese con oltre 250 dipendenti hanno totalizzato il 53,9% delle spesa globale, contro un 23,3% delle aziende medie (da 50 a 249 dipendenti), il 18,7% delle piccole (da 1 e 49 dipendenti), mentre il consumer ha partecipato per il 4,1%.


Passando all’analisi del primo trimestre 2004, Capitani ha annunciato che le rilevazioni parlano di una crescita dell’Ict dell’1,5%, ancora una volta trainata dalle Tlc (+2,8%), mentre l’It, attenua il calo pur chiudendo sempre in negativo, -1,4%, (contro un -3,6% del pari periodo 2003).


In questo settore, a fronte di un -2,4% dell’hardware, dove tuttavia si conferma il forte trend di vendita in unità dei pc (+22,2%), negativo è risultato anche l’andamento dei mainframe, che però sono abituati ad andamenti ciclici.


L’unica voce appena positiva è quella del software (+0,9%) contro un -1,6% dei servizi, sempre penalizzati dall’effetto downpricing. Pur in presenza di una domanda ridotta di soluzioni per la media e grande impresa, permangono tuttavia aree trainanti come la software consolidation e l’outsourcing.


Da questa prima analisi, Capitani ha tratto una serie di segnali positivi, come la forte crescita della vendita di pc in unità, determinata soprattutto dai portatili (+46,3%), che sono il segno di un cambiamento significativo nell’approccio al lavoro delle aziende, ma anche nell’ambito delle abitudini degli utenti consumer.


Un fenomeno correlato è la crescita di accessi a larga banda, dove l’Italia guadagna il terzo posto in quanto a crescita percentuale, dopo Svizzera e Cina, il che fa pensare che si stia creando un ecosistema in rete.


Un altro segnale positivo è dato dagli effetti di e-government che sta dando risultati misurabili e che vede crescere le capacità della Pa di offrire servizi in Rete alle imprese e ai cittadini.


I dati di diffusione dell’Ict nel 2003 evidenziano che il parco di pc installati in Italia supera i 15 milioni, che sono 68 i pc per 100 addetti, le abitazioni con accesso a Internet sono oltre il 35% del totale e che gli accessi a banda larga hanno superato i 2,250 milioni.


Questa diffusione, tuttavia, secondo Capitani non ha ancora creato la "società dell’informazione".


Infatti, le aziende nazionali non hanno ancora approcciato l’It come un mezzo per innovare prodotti, marketing e vendite, ma piuttosto per razionalizzare i processi e questo è un approccio culturale che le differenzia dalle imprese degli altri paesi e che ne determina il ritardo sull’innovazione.


In Italia, come ricorda Capitani, abbiamo delle specificità che ci penalizzano in quanto ancora un milione e 625mila imprese non sono informatizzate su un totale di poco più di 4 milioni.


E, infatti, se si analizza la spesa It per occupato, vediamo che l’Italia nel 2003 si è posizionata all’ultimo posto tra le sei grandi nazioni più industrializzate, con un valore di poco più di mille dollari, contro i 2.704 degli Usa, i 1.610 del Giappone, i 1.582 della Germania, e poco meno del Regno Unito e i 1.791 della Francia.


La perdita di competitività del nostro Paese si evidenzia nella bassa crescita del Pil, per cui è necessario contrastare nei fatti una cultura del declino che non vede nella spesa It la leva per il rilancio.


Il fattore chiave, quindi, non è dato dalle risorse finanziarie quanto da un profondo salto culturale che faccia comprendere alla classe dirigente che non investire in innovazione è molto più costoso (leggi: perdita di competitività) che investire.

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