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Intelligenza artificiale nelle risorse umane per valorizzare i talenti

L’intelligenza artificiale “conversazionale” può essere uno strumento valido per la gestione delle risorse umane. Ma questo settore è ancora molto orientato ad ascoltare i bisogni dei clienti e poco quelli dei dipendenti.

Invece, dopo due anni di pandemia e smart working che hanno portato a fenomeni come la “great resignation” e il burnout, le aziende possono gestire il nuovo contesto del lavoro solo se iniziano a dare ai dipendenti lo stesso valore che danno ai clienti.

È il punto di vista di Gianluca Maruzzella, Co-founder e CEO di Indigo.ai, e Federica Pasini, Co-founder e CEO di Hacking Talents.

Hacking Talents è una piattaforma nata per fornire a persone e aziende che vogliono posizionarsi o riposizionarsi nel mondo del lavoro, l’accesso agli strumenti migliori per farlo.

Indigo.ai, invece, è una piattaforma B2B SaaS che utilizza intelligenza artificiale e assistenti virtuali per aiutare le aziende a comunicare con gli utenti.

Il contesto è quello in cui – evidenziano Gianluca Maruzzella e Federica Pasini – cinquecentomila dimissioni volontarie sono state registrate solo tra aprile e giugno del 2021 dal Ministero del Lavoro.

Una situazione record creata dal Covid che ha travolto l’Italia, e il resto del mondo, a partire da marzo del 2020.

La great resignation

I CEO di Indigo.ai e Hacking Talents citano anche un’indagine di Aidp, l’Associazione per la direzione del personale, secondo cui la fascia d’età maggiormente coinvolta è quella dei 26-35enni, che rappresenta il 70% del campione, seguita dalla fascia 36-45 anni.

I motivi più ricorrenti che hanno spinto alle dimissioni sono la ripresa del mercato del lavoro (48%), la ricerca di condizioni economiche più favorevoli in altre aziende (47%) e l’aspirazione ad un maggior equilibrio tra vita privata e lavorativa (41%).

In particolare, il 25% dei giovani ha sottolineato la voglia di dare un nuovo senso alla propria vita, oltre al lavoro. E un altro 20% ha spiegato le dimissioni con un clima di lavoro negativo interno all’azienda.

Hacking Talents
Federica Pasini, Co-founder & CEO Hacking Talents

Secondo Gianluca Maruzzella e Federica Pasini, il boom delle dimissioni ha colto e sta continuando a cogliere di sorpresa le grandi aziende, che hanno assistito impotenti a un fenomeno – per loro – del tutto inatteso. Un fenomeno che, se non arginato, continuerà a mettere le imprese in difficoltà.

Il parere di Indigo.ai e Hacking Talents è che una soluzione le aziende potrebbero trovarla negli assistenti virtuali.

L’intelligenza artificiale che sta alla base di questi strumenti, che le imprese usano per analizzare i bisogni e i desideri dei consumatori dialogando direttamente con loro, può essere applicata anche per “guardarsi dentro” e capire cosa succede tra le file di quella che è, probabilmente, la risorsa più importante: il capitale umano.

Qual è, dunque, la proposta di Gianluca Maruzzella e Federica Pasini. A spiegarlo sono loro stessi.

Le proposte di Indigo.ai e Hacking Talents

Se i motivi di insoddisfazione dei dipendenti sono molteplici, i mezzi a disposizione delle aziende per fronteggiare questa crisi inattesa sono, invece, ancora pochi e spesso inefficaci.

Nella gestione delle risorse umane, le imprese sono quindi ancorate a vecchie logiche dalle quali faticano ad affrancarsi. Oggi come mai prima, le aziende dovrebbero investire lungo le tre direttrici ormai indispensabili: coltivare il talento, migliorare l’ascolto, aumentare la cultura aziendale.

La crisi improvvisa, in questo senso, potrebbe rappresentare un’occasione di rilancio, un momento in cui è possibile mettersi in gioco investendo e innovando per accogliere le nuove esigenze dei dipendenti. Esigenze che – prima di tutto – devono essere recepite.

Lo scoglio principale delle aziende nell’ambito della cosiddetta retention dei talenti è proprio questo: la comunicazione.

Sia dalla parte dei lavoratori, che hanno una difficoltà congenita a comunicare in modo semplice e diretto ciò che vorrebbero. Sia dal lato delle imprese, che invece manifestano una certa incapacità di ascoltare.

Aumenta così la distanza tra dipendenti e datori di lavoro, con i primi che si sentono sempre meno coinvolti, non vedono un percorso di crescita e sono quindi sempre più insoddisfatti, e i datori che si trovano a dover gestire personale sempre meno produttivo e sempre più pronto a lasciare l’impiego alla prima occasione.

Si tratta di un circolo vizioso che – secondo la vision di Gianluca Maruzzella e Federica Pasini – può essere spezzato applicando le nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale, al mondo delle risorse umane.

I due esperti si riferiscono, nello specifico, agli assistenti virtuali.

Intelligenza artificiale per la retention dei talenti

Se fino a oggi le aziende hanno utilizzato questi strumenti per migliorare la relazione con i clienti oppure per fornire loro dei servizi in più (un caso su tutti, Alexa), oggi è possibile applicare questa stessa tecnologia anche nel rapporto con i dipendenti.

A livello internazionale non sarebbe una novità: assistenti virtuali di questo tipo vengono già utilizzati con successo. Secondo una ricerca di Gartner, il 23% delle società che utilizzano sistemi di intelligenza artificiale, li applica proprio alle risorse umane.

Indigo.ai
Gianluca Maruzzella, CEO & Co-founder Indigo.ai

In Italia, proprio Indigo.ai e Hacking Talents ne stanno costruendo uno.

Nella vision delle due società italiane, creare un assistente virtuale capace di ascoltare, comprendere e analizzare le conversazioni tra un lavoratore e l’azienda potrebbe essere proprio il punto di svolta che molte imprese stanno cercando in questi mesi e sarebbe vantaggioso per entrambi i fronti.

Per i dipendenti, perché potrebbero interagire direttamente con l’assistente, prevalentemente in modalità anonima, sia per affrontare questioni personali come la valorizzazione del proprio talento e il percorso di carriera, sia per fare domande su situazioni collettive come il welfare, i benefit e i processi.

Si tratta di strumenti fondamentali anche per rafforzare il senso di appartenenza, l’esperienza interna e la cultura aziendale, ma spesso non facilmente fruibili alla maggioranza dei dipendenti.

Per l’azienda, perché potrebbe raccogliere dati preziosissimi sul tipo di necessità del proprio personale, quali sono le domande più frequenti, capire se i dipendenti si sentono stressati o frustrati, grazie all’analisi delle conversazioni operata dall’intelligenza artificiale.

In questo modo l’azienda potrà andare incontro alle esigenze reali dei propri dipendenti e indirizzare nel modo migliore i propri investimenti, diminuendo drasticamente l’insoddisfazione e i casi di abbandono del posto di lavoro.

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